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Economia

RIPARTIRE

GIANFRANCO FABI - 10/04/2020

ripartireSe ne parla, anche per sperare che possa avvenire presto. Non certo un “liberi tutti”. Ma almeno un graduale e controllato ritorno alla attività normali, al lavoro in fabbrica e negli uffici, agli acquisti nei negozi, a quattro passi nei parchi. E magari anche, con le dovute cautele e le necessarie attenzioni, a partecipare alle cerimonie religiose.

Una decisione difficile, ma necessaria. L’avanzare del virus va combattuto, ma impedendo con ogni mezzo che si diffonda un altro virus, quello della povertà.

Si dice che la vita delle persone è più importante dei soldi. Come non essere d’accordo. La buona salute è un bene fondamentale per il quale, se necessario, gli altri beni devono passare in secondo piano.

Ma non ci si può fermare qui. Soprattutto in un momento di emergenza sanitaria come l’attuale non ci si può fermare a giudicare ogni scelta e ogni decisione, con i parametri manichei di tutto il bene da una parte e tutto il male dall’altra. Soprattutto perché salute ed economia fanno capo alla stessa persona. Pensiamo anche solo al fatto che i grandi progressi compiuti negli ultimi decenni dalla medicina, progressi che hanno allungato la vita in buona salute delle persone, non possono che essere collegati alla ricerca medica, una ricerca finanziata dalla crescita delle disponibilità finanziarie e della ricchezza sociale.

Le spese indispensabili per gli ospedali e le cure sanitarie, per il personale medico, per le medicine e gli apparecchi per le terapie intensive non possono che in gran parte essere finanziate dallo Stato attraverso le imposte pagate dai cittadini e dalle imprese. Ma se i cittadini non guadagnano e le imprese sono ferme le possibilità di spesa dello Stato non possono che ridursi. E non può certo essere una ricetta quella avanzata da qualche politico sovranista: tornare ad avere la possibilità di stampare moneta. Una strada fortunatamente non praticabile perché vorrebbe dire tagliare progressivamente, ma sensibilmente il valore di risparmi, pensioni, stipendi ora in qualche modo garantiti dalla stabilità della moneta.

Perché la salute sia la vera priorità è necessario quindi difendere anche il sistema economico e la ricchezza che produce.

Con molta responsabilità sindacati e imprenditori hanno già mosso i primi passi per concordare un protocollo che garantisca la sicurezza dei lavoratori impegnati nelle attività produttive. Mascherine, occhiali, guanti, distanze: sui luoghi di lavoro, ma anche negli spostamenti sui mezzi pubblici, nei negozi così come nella vita sociale. Mettendo in atto tutti i controlli sanitari anche per mantenere in isolamento tutte le persone particolarmente a rischio.

Non si può pensare troppo a lungo che esistano due tempi: non si salva nessuno se si ritrova a vivere in un deserto. Anche in situazioni drammatiche come queste l’economia non deve andare a lungo in quarantena. E le politiche pubbliche insieme all’impegno delle parti sociali devono favorire questo risultato. Perché un Paese non può vivere chiuso in casa a consumare risorse che nessuno produce.

Con un importante elemento da non sottovalutare. Il sistema economico va salvaguardato non tanto e non solo perché crea ricchezza, ma soprattutto perché costituisce il principale elemento su cui costruire quella coesione sociale che è indispensabile per far crescere rapporti basati più sulla solidarietà che sugli interessi.

 

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