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Apologie Paradossali

CHIUSI A CASA, MA IN USCITA

COSTANTE PORTATADINO - 17/04/2020

tuta(O) Grazie che ci fai ritornare in scena, ci hai dato una settimana le vacanze di Pasqua, senza rinviarci direttamente a settembre. Parliamo solo del dopovirus o anche di adesso?

(S) A me pare che non si può pensare al dopo, se si comincia a sbagliare adesso. So che alcuni non hanno condiviso la tua premura nel richiedere l’accesso ai sacramenti, a danno della lotta al contagio.

(C) Era un esempio di come affrontare questa circostanza, non rinunciando alla sostanza. Ripeto ancora una volta: con tutte le precauzioni. Non vedete quanta gente in giro con il pretesto di far la spesa o che altro? Perché restare privi del cibo spirituale? Lasciamo perdere gli esempi letterari e storici, il Cardinal Federigo manzoniano, che da un lato autorizzava la gran processione con il corpo di s. Carlo, rendendosi colpevole dell’aumento del contagio, ma andava di persona a confortare i malati anche al lazzaretto e spronava i suoi preti a fare altrettanto, a rischio della vita. Venendo ad oggi, devo constatare che, pur conoscendo molto meglio le epidemie, le loro cause e disponendo di mezzi di prevenzione straordinariamente efficaci, sono morti più di cento medici e più di cento preti, certo a causa della forza della malattia e per la mancanza di strumenti per difendersi dal contagio, ma perché in qualcuno almeno era più forte la risposta ad una vocazione.

Come esempio devo raccontarvi la storia di quel medico di base di Orzinuovi, uno dei luoghi più contagiati di Lombardia, che non ha smesso di visitare i suoi pazienti, pure bardato da astronauta. L’intera storia e rintracciabile sul ‘Corriere di Brescia’, in versione digitale, accessibile a tutti. Ma ve la racconto in sintesi.

«Con i social i miei colleghi tengono il chilometro di sicurezza dai pazienti», cit. — non sopporta le smancerie: «Eroe? Una c… Faccio il mio lavoro, e ci tengo a farlo bene». Il dottor P. S. M. è l’unico che ancora fa servizio delivery (con un’armatura igienizzata anti-coronavirus). Inclusa la domenica mattina. E non solo dai suoi 1550 assistiti: «Vado anche all’estero: sono appena tornato da Castrezzato», ride, «ricevo almeno cento telefonate al giorno. Salgo in auto, entro in casa del paziente, lo visito, torno in auto, cambio guanti e calzari, vado a casa di un altro paziente e via. »

Il giuramento di Ippocrate non va trasgredito di una virgola: «Non siamo stati costretti a laurearci in Medicina. Sappiamo che il nostro lavoro comporta dei rischi. È normale. Sarebbe come se un carabiniere si rifiutasse di andare in strada. … Andare casa per casa, farsi vedere, ha dato un vantaggio ai miei pazienti. Finora, ho seguito più di 100 casi. Ne ho mandati al pronto soccorso 26, poi risultati tutti positivi: di questi, ne sono morti cinque. » Andare a casa degli assistiti resta «fondamentale, perché consente di misurare la concentrazione dell’ossigeno». Orzinuovi doveva essere blindata? «Avremmo dovuto chiudere tutto, non solo Orzinuovi. Ma ormai le polemiche non contano. Bisogna solo pensare a salvare i pazienti».

Un’immagine spiega più di tante parole.

(O) Quanto a storie esemplari di preti, un paio ve le racconto io. La prima, che peraltro ha provocato le rampogne dei conservatori della Nuova Bussola, viene dalla Germania e va nel senso da te auspicato la scorsa settimana: Padre Holger Adler, cappellano dell’università Ludwig-Maximilian di Monaco, ha pensato di preparare un set di partecipazione alla Messa in tempo di Covid-19: gli studenti vanno a prendere il sacchettino di carta con dentro l’Eucarestia e se lo portano a casa, per usarlo mentre seguono la Messa in streaming. «A causa della Pandemia vige una situazione generale di malattia, quindi la Comunione per gli infermi è una possibilità per far partecipare i fedeli alla celebrazione eucaristica»

(C) Se qualcuno di quel quotidiano online, che tuttavia apprezzo per molte notizie e per altri giudizi, si scandalizza e parla di sacrilegio, questa volta non condivido. Anzi, dico che bisogna continuare a ‘uscire’, sia per dare la comunione agli ammalati e oggi, a tutti gli ‘impediti’, sia per fare gesti concreti di vicinanza.

(O) Un altro esempio, anche se non ha la stessa problematica sacramentale, lo ha fatto un parroco della periferia nord di Torino, quartiere di case popolari. Non potendo incontrare i parrocchiani in chiesa durante la Settimana Santa, con i suoi collaboratori ha deciso di distribuire in tutti i palazzi un vasetto fiorito con gli auguri di Pasqua. Tremila piantine di violette, primule e ciclamini, offerte per pochi euro da un vivaio di amici, che una squadra di 30 parrocchiani con mascherine e guanti da giovedì fino a stamane stanno lasciando sulla soglia di ogni alloggio insieme agli auguri della comunità. È solo un gesto di amicizia, non un sacramento, quindi non fa scandalo.

(S) Ma mostra concretamente una ‘Chiesa in uscita’. Tutti, però, anche rinchiusi in casa, non possiamo dimenticare di dover essere ‘in uscita’, senza confonderci: non in libera uscita, dove ciascuno è autorizzato a fare quello che vuole o a dimenticare l’essenziale. Anche la scuola Materna del mio paese, nel suo piccolo, è andata incontro alle famiglie dei bambini confinati in casa portando con gli auguri una piccola colomba pasquale.

(C) A questo proposito, dovrei introdurre un altro tema, che è quello dell’educazione, che non può essere né sospesa, né ridotta a didattica a distanza. Ci sarebbe da trattare il tema delle scuole paritarie, massimamente di quelle dell’infanzia, messe in difficoltà dalla chiusura, dai problemi economici delle famiglie e dalla totale trascuratezza del governo, pur così generoso verso altri portatori di bisogni materiali. Lo spazio necessario sarebbe troppo importante e lo rimandiamo ad una prossima occasione, ma non posso tacere un concreto pericolo, che di fronte alla denuncia del rischio di mancate riaperture il prossimo autunno, molte famiglie pensino fin d’ora a soluzioni alternative, magari sollecitate dalla gratuità dell’offerta statale. Dobbiamo dire forte che, a costo di sacrifici, le scuole per l’infanzia di matrice cattolica saranno aperte, più preparate e appassionate che mai.

(O) Prendo spunto dal tema citato, l’educazione, per segnalarvi un messaggio apparentemente strano, ma significativo, anche perché viene dalle colonne della rassegna stampa del Corriere, che questa volta scopre sulla rivista tedesca ‘Zeit’ l’intervista a una scrittrice tedesca: “Juli Zeh, 45 anni, è una delle più interessanti scrittrici tedesche contemporanee. Con i suoi romanzi esamina le contraddizioni della nostra società e quelle delle persone che la formano: ha la grande capacità di mostrare le ragioni di chi ha torto e i disastri causati dalla migliori intenzioni, spesso per l’incapacità di comunicare”.

(C) Sembrerebbe l’intento stesso di Apologie Paradossali!

(O) Eccoti il passaggio più significativo: “La stessa incapacità di riconoscere il male per mancanza di un linguaggio comune avviene quando scompare un sistema di riferimento condiviso. Per questo a Zeh interessa «cosa succede a una società che ha completamente perso la sua base morale collettiva, la religione, perché essa non ha più una funzione di sostegno statale o sociale. La società finisce inevitabilmente con solo il sistema giuridico, perché la sovrastruttura religiosamente autorizzata non esiste più. Che cos’è il bene e che cos’è il male? Quando questa fondazione scomparirà, cosa rimarrà? Solo l’individuo, che da solo è a mio avviso assolutamente incapace di prendere decisioni morali». E questo nonostante sia convinta che «noi esseri umani siamo esseri moralmente predisposti, che nasciamo con un senso della moralità, la capacità di distinguere tra giusto e sbagliato». Il punto è: «Da dove prendiamo i nostri criteri per il bene e il male?

(C) Dall’educazione, la risposta è semplice, basta non confonderla con l’istruzione o l’addestramento o la formazione professionale o gli skills o le competenze o quant’altro sembra essere diventato il fine della scuola. Tutto questo occorre, ma non è il fondamento. Educare significa introdurre nella realtà, facendo uscire la coscienza della persona dalla scontatezza delle sue aspettative, appiattite sulle imposizioni della cultura dominante. Per questo motivo sarà forse più educativo vivere questa circostanza nel disagio dell’isolamento, affrontandone i rischi e le limitazioni, piuttosto che nella comfort zone della migliore delle scuole alla moda.

(O) Onirio Desti (S) Sebastiano Conformi (C) Costante

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