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Attualità

AGNUS CEI

SERGIO REDAELLI - 30/04/2020

chiesaIl governo, i vescovi, la libertà di culto e una polemica che rischiava di ingigantirsi a dismisura. Soprattutto sui social dove ha preso una indebita coloritura politica in riferimento ai cortei del 25 aprile. Tutto nasce dal decreto del presidente del consiglio dei ministri sulla cosiddetta Fase 2: “Criticità ineliminabili rendono impossibile secondo i tecnici del Comitato Tecnico Scientifico la riapertura, già dal 4 maggio, delle funzioni religiose”, annuncia il premier Giuseppe Conte. E precisa che “la partecipazione dei fedeli alle funzioni religiose comporta allo stato attuale alcune criticità ineliminabili che includono lo spostamento di un numero rilevante di persone e i contatti ravvicinati durante l’Eucarestia”.

A partire dal 4 maggio quindi e “per le successive tre settimane”, sostengono gli esperti, “non essendo ancora prevedibile l’impatto che avranno le riaperture parziali e il graduale allentamento delle misure attualmente in vigore sulle dinamiche epidemiche, il Cts reputa prematuro prevedere la partecipazione dei fedeli alle funzioni religiose”. Un parere, precisano, che potrà essere rivisto “a partire dal 25 maggio nella direzione di una partecipazione dei fedeli alle funzioni religiose, rispettando rigorosamente le misure di distanziamento sociale sulla base degli andamenti epidemiologici”.

Immediata è la protesta della Cei: “I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale”. È un duro richiamo alla libertà di culto, cioè al diritto sancito dall’articolo 19 della Costituzione Italiana secondo cui “tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto…”.

Sui social la presa di posizione della Cei ha l’effetto di un getto di benzina sul fuoco, molti gridano alla libertà religiosa negata. Un’ipotesi che obiettivamente non esiste. Un conto è la libertà di culto, un altro sono i provvedimenti temporanei legati alla pandemia. Il premier Conte è comunque costretto a rispondere a stretto giro di posta. “Questo governo rispetta tutti i principi costituzionali, dispiace di creare un comprensibile rammarico della Cei. Ci siamo sentiti con il cardinale presidente Gualtiero Bassetti, non c’è un atteggiamento materialista da parte del governo o mancanza di sensibilità. C’è una rigidità del Comitato tecnico scientifico sulla base della letteratura sui contagi”.

“Lavoreremo per definire un protocollo di massima sicurezza – precisa il capo del governo – per garantire a tutti i fedeli di partecipare alle celebrazioni liturgiche. Contiamo di farlo in pieno spirito di collaborazione con la Cei”. Vicenda chiusa, dunque? Non prima di una coda di polemiche. Il direttore del quotidiano dei vescovi Avvenire, Marco Tarquinio, parla di “scelta miope e ingiusta” e osserva che è molto difficile “far capire perché si potrà tornare in fabbriche e uffici, entrare in negozi piccoli e grandi di ogni tipo, andare in parchi e giardini e non si potrà partecipare alla messa domenicale. I sacrifici si capiscono e si accettano, le ingiustizie no”.

Critiche si levano anche all’interno della compagina governativa. “Non posso tacere di fronte alla decisione incomprensibile di non concedere la possibilità di celebrare funzioni religiose”, dichiara all’agenzia di stampa Ansa la ministra per le pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti, cattolica di area renziana: “Non condivido questa decisione e non credo ci assolva riferirci alla rigidità del parere del comitato tecnico scientifico. Sta alla politica tutelare il benessere integrale del Paese e la libertà religiosa è tra le nostre libertà fondamentali”.

Fra tanto clamore e più o meno giustificate accuse di incostituzionalità, risuonano le sagge parole del pontefice che le frange più oscurantiste del cattolicesimo “made in Usa” accusano di essere la causa del contagio con atteggiamenti “eretici e miscredenti”. Presiedendo la messa a Santa Marta nel martedì della terza settimana di Pasqua, il papa prega perché il popolo di Dio sia obbediente alle disposizioni per la fine della quarantena: “In questo tempo, nel quale si incomincia ad avere disposizioni per uscire dalla quarantena, preghiamo il Signore perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e della obbedienza alle disposizioni, perché la pandemia non torni”.

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