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Apologie Paradossali

SILVIA/1 CORANOVIRTUS

COSTANTE PORTATADINO - 15/05/2020

silvia2(O) Finalmente qualche buona notizia

(S) Ma quale? Se pensi al comunicato del Milan che nessun giocatore è positivo, noi tifosi lo sapevamo da parecchi anni (Ibra escluso). Evidentemente non lo sono nemmeno i dirigenti, se come al solito sacrificheranno l’allenatore come ennesimo capro espiatorio. E il Times, nientemeno, ci prega di lasciare il ‘Sei Nazioni’ di rugby per manifesta inferiorità. Non parliamo del MES! O non penserai per caso al ritorno di Silvia Aisha Romano? Per mio conto, in questo momento nessun avvenimento divisivo può considerarsi positivo.

(O) Nego che questo sia divisivo. Almeno nella sostanza, lo fa apparire divisivo solo chi vuole pescare nel torbido.

(S) E non ti pare torbida tutta la faccenda? Riscatto o non riscatto? Servizi italiani o turchi? Mediazione qatariota? Legittima anzi doverosa presenza delle autorità all’arrivo di Silvia/Aisha o improvvido show a beneficio dell’islam-terrorismo? Non mi pare sorprendente né immorale che ci si divida sul giudizio politico, fermo restando il rispetto della persona e condannando più che assolutamente le minacce o anche solo il disprezzo per la ragazza. Non sarebbe ora di adottare la linea anglosassone: con i terroristi nessuna trattativa? Non è stato fatto così anche nel più grave caso ‘Moro’, come ricordato in occasione dell’anniversario dell’assassinio, pochi giorni fa?

(C) Devo cominciare a correggerti su quest’ultimo punto: nel ‘caso Moro’ l’indisponibilità alla trattativa era a mettere le Brigate Rosse sullo stesso piano dello Stato, riconoscendo ad una dozzina di terroristi rei di sangue lo status di ‘ detenuti politici’ o persino di combattenti prigionieri, quasi protetti dalla Convenzione di Ginevra. Altre richieste, come per il successivo ‘caso Cirillo’ sarebbero state prese in considerazione. Nel caso attuale non c’è stato, almeno apparentemente, nessun tentativo di ricatto nei confronti dello Stato italiano, che interviene invece per un dovere umanitario, come la Turchia o come la pur evanescente realtà dello Stato somalo. Quanto alla spettacolarizzazione dell’evento, do invece ragione a Conformi: maggiore discrezione sarebbe stata doverosa per la giovane e per la sua famiglia e conveniente anche per il governo, che non ha dato, e forse non poteva dare immediatamente, tutte le informazioni che i media e l’opinione pubblica inevitabilmente pretendono in un caso come questo.

(S) Rivediamo al VAR un fallo in area per stabilire se è rigore o no (naturalmente le opposte tifoserie non troveranno comunque l’accordo) e ci meravigliamo della divisività di un fatto del genere? Milioni di euro ai terroristi? Qualcuno ha anche detto che non si tratta di una cifra alta; ma sanno costoro quanto è il valore di una vita laggiù? Quanto può costare assoldare mercenari? Una scodella di minestra e quattro pallottole! Quante risorse avrà il terrorismo grazie ai due o tre o quattro milioni che gli abbiamo versato? O pensate che ci compreranno pane per i poveri?

(O) Non nego che ci sia anche un problema morale, oltre che politico, nel pagare un riscatto a chicchesia, terroristi o banditi, ma per conto mio lo risolvo positivamente: salvare una vita umana non ha prezzo e non possiamo dare per presupposto che la si possa sacrificare per lo scrupolo che quei mezzi potrebbero essere usati, da altri, nella loro esclusiva responsabilità, per mettere in pericolo altre vite.

(C) Scusate la franchezza, ma io penso che non ci sarebbe stato tutto questo clamore e questa divisione se non ci fosse stato l’annuncio della conversione di Silvia all’Islam. Sarebbero passati sotto silenzio il colore e la foggia dell’abito, lo stemma con la mezzaluna turca sul corpetto antiproiettile. A me importa poco anche sapere se questo fa parte delle condizioni del rilascio o se dipende da non so quale fenomeno psicologico. Molto di più mi preoccupa che questa ‘conversione’ rappresenta il segnale dell’indebolirsi di un comune orizzonte culturale del cosiddetto ‘occidente’. Se un secolo, al seguito di Croce “non potevamo non dirci cristiani”, oggi forse si sta avverando il contrario, se anche i valori umani resi universali dal cristianesimo, non sono più riconosciuti come tali. Ho molto più che un dubbio, ho una quasi certezza che la base culturale comune ai nostri giovani sia il più volte evocato ‘nichilismo gaio’ o semplicemente passivo, da cui è difficile sfuggire solo con lo sforzo del sentimento e della buona volontà.

In questo senso l’asserita conversione di Silvia all’islamismo, non sarebbe un’apostasia dal cristianesimo, mai praticato come tale, almeno nell’età adulta, ma la scoperta di una consolazione spirituale nel Corano per una giovane sorretta fino allora da un generico umanitarismo, Può sembrare il mio ‘solito’ paradosso, ma forse proprio la spiritualità coranica può aver fortificato l’animo di Silvia rendendola capace di sopportare, isolamento, paura e privazioni. Quindi nessuna ragione di scandalo, semmai di attesa di una evoluzione della coscienza religiosa.

(S) Esageri in ‘religiosità’. E in ‘buonismo’, che semmai è l’esito di quel depotenziamento dei valori cristiani cui accennavi prima. Mi sembrano più persuasive le ragioni portate dal giornalista della ‘Stampa’ Domenico Quirico, a sua volta vittima di un sequestro ‘islamico’: i sequestratori sanno come far presa sul prigioniero, a partire proprio dalla proposta di conversione, che fa intravvedere un radicale cambiamento. Se un sequestro di cinque mesi ha pesato su un maturo e colto giornalista, specializzato in questioni islamiche, o sul comboniano padre Giulio Albanese, a sua volta trattenuto pochi giorni, puoi immaginare come influisce una prigionia di un anno e mezzo su una giovane, che come testimonia il suo parroco, non aveva una base religiosa formata: “Nessuno della famiglia è credente e praticante, nemmeno lei, che è stata in oratorio fino a 12 anni, poi ha seguito la sua strada. Le voglio bene lo stesso”.

(C) Infatti, l’intendo non come un’apostasia dal cristianesimo, piuttosto come il riemergere di un bisogno religioso innato. Non mi sembrano fuori luogo le parole dell’ imam della comunità islamica di Napoli, Amar Abdallah, che si dice “innanzitutto felice che Silvia abbia trovato la libertà, quanto alla sua conversione, è una sua libera scelta. La nostra è una religione monoteista – spiega l’imam -, quindi una religione del cielo, come quella cristiana, perciò anche se si è convertita, non è cambiato molto, ha sempre abbracciato una religione del cielo. Diverso sarebbe stato se avesse abbracciato una religione non del cielo”.

Anche l’imam della Coreis di Milano, Yaya Pallavicini, dice di questa conversione cose ragionevoli: “in tutta onestà ne sappiamo ancora poco, quello che posso dire è che in una situazione di travaglio come quella che lei ha dovuto vivere, la riscoperta di una fede può essere un sostegno”. Certo, “poteva anche essere quella d’origine, non doveva necessariamente cambiarla, ma i movimenti dell’animo umano sono un mistero”, ammette l’imam. Ad ogni modo, sottolinea, “se ha avuto una sensibilità, profonda, consapevole e onesta che l’ha avvicinata alla religione islamica, allora soltanto grande rispetto“. Se invece la conversione “non è consapevole né onesta, allora ci dispiacerebbe”.
(O) Quello che riporti dai servizi di ‘Repubblica’ ha sicuramente valore, ma ricordati che è lo stesso giornale che ha intervistato il portavoce di Al Shabaab, che candidamente ammette che i soldi del riscatto serviranno ‘ anche per finanziare il Jihad’.

(S) A conferma che i l’Islam ha molti volti, politici, ma anche religiosi, spesso in contrasto tra loro.

(O) Ma la stessa cosa si può dire, non del cristianesimo come religione, ma di quel complesso culturale, civile e politico che una volta chiamavamo cristianità e che oggi dobbiamo dare per tramontata, senza riserve e senza rimpianti. Come noi rischiamo di attribuire a tutto l’Islam il pensiero e l’azione dei gruppi estremisti, così molta parte dell’Islam politico vede il cristianesimo attraverso la lente del capitalismo o del consumismo o della rilassatezza di costumi o del colonialismo.

(C) La distinzione introdotta da Onirio tra cristianesimo e cristianità è fondamentale ed è straordinariamente necessaria per il futuro non solo delle Chiese cristiane (di tutte le confessioni!) ma di quella forma di civiltà che più o meno costituisce il veicolo culturale che consente la comprensione reciproca di mondi così diversi come l’Europa, la Cina, l’India, il mondo arabo-islamico, l’Africa. La cristianità come ideale civile è scomparsa, forse definitivamente, certo per lunghissimo tempo, dopo la tragedia delle due guerre mondiali, pur avendo lasciato per qualche decennio la ricca eredità di un ideale democratico sovranazionale, oggi in crisi. Ma guai se questa senescenza coinvolgesse il cristianesimo come tale. O, peggio, se venisse corrotto fino a diventare giustificazione e strumento di ciascuna delle opposte ideologie che oggi dilaniano la società civile anche più profondamente e originariamente di quella politica: globalizzazione e sovranismo. Accorgersi di essere minoranza, numerica ma ancor più culturale, deve essere per i cristiani uno stimolo energico a lasciare da parte i facili moralismi e le nostalgie di sistemi sociali e politici obsoleti per riscoprire la persuasività di un annuncio di salvezza purificato da ambizioni mondane, per impegnarsi in quella scelta di vita che almeno dal Concilio Vaticano II si chiama nuova evangelizzazione.

(O) Onirio Desti (S) Sebastiano Conformi (C) Costante

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