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Urbi et Orbi

ATTACCO A COSTANZO

PAOLO CREMONESI - 15/05/2020

costanzoEro appena tornato da un lungo pomeriggio di lavoro alla Testata Regionale della Rai. La sera del 14 Maggio del ’93 si preannunciava come una delle tante romane: tiepida ed estiva. Mancavano pochi minuti alle ventidue quando un amico che abita ai Parioli mi telefona. “Paolo, un disastro, qui è scoppiato tutto! Ci sono macchine distrutte. Rovine. Sto filmando dal terrazzo”. Dal microfono del telefono si sentiva il suono di decine di allarmi.

Il mio amico era stato testimone del fallito attentato mafioso di via Fauro. Passato alla storia come ‘fallito’ perché l’obiettivo, Maurizio Costanzo, venne mancato, ma che provocò comunque 24 feriti, ingenti danni ai fabbricati (il civico 62 fu evacuato), un cratere largo due metri e profondo uno e mezzo sulla strada.

Parioli, tra Porta Pinciana, i pini di Villa Borghese, la discesa verso l’Olimpico, è sinonimo a Roma di borghesia e tranquillità. I negozi sono rari, le vetrine piccole mentre i portoni lasciano il posto a cancelli di ferro, i condomini a villette con piccole torri. Molte sedi diplomatiche si trovano in questo quartiere. Quando si prende una via secondaria la salita è lenta senza incroci ne angoli. È tutto un andirivieni di stradine, di curve dolci e seducenti. E così era anche via Fauro.

La telefonata dell’amico permise alla Tgr di mettersi in moto rapidamente. Un cameraman giunge sul posto tra i primi. I cento chili di tritolo, pentrite e T4, avevano fatto volare fino al secondo piano pezzi di una Fiat 126, sradicato cofani e sportelli di decine di auto, sventrato i marciapiedi, abbattuto portoni, tirato giù parapetti e ringhiere, sbriciolato cornicioni. Le immagini riprese dall’amico con un amatoriale Vhs, acquistate dalla Rai, fecero il giro del mondo.

Nei giorni successivi tornai più volte sul posto per lavoro. Gli alunni delle scuole ‘Ippolito Nievo’ e ‘Carlo Cattaneo’ trovarono ospitalità in altri istituti non danneggiati. Molti negozi rimasero chiusi. Gli abitanti del quartiere non superavano lo choc. Anche il mito della tranquillità dei Parioli era stato infranto.

Chi c’era dietro l’autobomba? Dopo gli attentati a Falcone e Borsellino nel 1992 Cosa Nostra proseguì una offensiva contro lo Stato cercando di indebolirlo per creare le condizioni adatte ad un negoziato. Quello che nei processi successivi sarà denominata ‘Trattativa Stato-Mafia’. Otto giorni dopo l’autobomba di Via Fauro, a Firenze vicino agli Uffizi, in via dei Georgofili, il tritolo uccise cinque persone. Sino ad arrivare alla terribile notte tra il 27 e 28 Luglio con le bombe in via Palestro a Milano e a San Giovanni e San Giorgio al Velabro dopo che il Dap, il Dipartimento amministrazione penitenziaria, aveva prorogato molti provvedimenti di 41 bis a danno di detenuti mafiosi.

In quel periodo Maurizio Costanzo era impegnato nelle sue trasmissioni nel contrastare la criminalità. Dopo l’omicidio di Libero Grassi insieme a Michele Santoro aveva realizzato una maratona televisiva a reti unite Rai-Fininvest dedicata alla lotta alla mafia. I toni furono aspri: fu bruciata in diretta una maglietta con scritto Mafia made in Italy. Lo stesso Giovanni Falcone era stato più volte presente alle sue trasmissioni per interviste e dibattiti.

Secondo un pentito il tentato omicidio del conduttore televisivo fu deciso dallo stesso Toto Riina dopo che la Cassazione aveva confermato la sentenza del maxi-processo, condannando il boss mafioso all’ergastolo.

Questo Costanzo” disse Riina in quell’occasione “mi ha rotto i coglioni”. Da qui la decisione. Dopo un primo fallito tentativo, nel Maggio ’93 un gruppo di fuoco composto da mafiosi di Brancaccio e Corso dei Mille (Cristofaro Cannella, Cosimo Lo Nigro, Salvatore Benigno, Giuseppe Barranca, Francesco Giuliano) si portò nuovamente a Roma per compiere l’attentato. Venne ospitato da Antonio Scarano nell’appartamento di suo figlio. Il gruppo effettuò vari sopralluoghi nella zona dei Parioli e infine rubò una Fiat Uno imbottendola di esplosivo.

L’autobomba venne parcheggiata in via Fauro ma fatta esplodere con una decina di secondi in ritardo perché Costanzo all’ultimo momento salì su una Mercedes al posto della solita Alfa Romeo 164. Alla guida c’era Stefano Degni. All’ interno sedevano il presentatore e Maria De Filippi seguiti da una Lancia Thema con a bordo le due guardie del corpo, una delle quali rimase ferita.

Le indagini ricostruirono l’esecuzione dell’attentato in base alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Vincenzo Sinacori, Francesco Geraci, Salvatore Grigoli, Pietro Romeo e, in particolare, a quelle di Antonio Scarano che aveva partecipato in prima persona all’attentato.

Tra il sedile di Costanzo e quello della De Filippi passò come un proiettile un infisso scaraventato dall’esplosione. I due rimasero illesi e in diverse occasioni parlarono di ‘miracolo’. Ma da allora la conduttrice di ‘Amici’ promise di non salire più in macchina con il compagno. Rivedendo le immagini non le si può dare torto.

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