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Editoriale

GRANELLI

MASSIMO LODI - 22/05/2020

contedraghipianoRifiutare gli aiuti europei per la sanità, 37 miliardi a un tasso d’interesse che carezza lo zero, è una ciclopica fesseria. Ma Lega e Fratelli d’Italia insistono: guai a prenderli, mal ce ne incoglierà. Perché, non si capisce. Della stessa idea una quota dei Cinquestelle che, tramite contorte argomentazioni, cercano di spiegare a sé stessi -prima che agli altri- la misteriosa ratio del distanziamento pecuniario.

Così, sommando confusione a caos, si reincolla l’alleanza gialloverde, estendendosi alla Meloni. Scelta da strozzo emozionale: non per il mancato patriottismo, ma per la vaporosità del senso realistico. È l’ultimo cenno d’inadeguatezza al momento epocale. Abbiamo un governo con ministri all’altezza e ministri no. Una maggioranza con esponenti deideologizzati ed esponenti no. Un’opposizione con voci di spirito pratico e voci no. Berlusconi non è del medesimo parere di Salvini e della Meloni: quei soldi, fa sapere da settimane, bisogna incassarli al volo. Per evitare che s’involino.

Ciò non significa che d’un colpo siano alle viste cambi di maggioranza e di governo. Ma l’orizzonte non li esclude affatto se la situazione economico-sociale si farà rovinosa, complice l’attuale impasse dovuta alla spaccatura tra M5S e Pd (e tra Pd nordista-produttivo e Pd sudista-assistenziale). Conte potrebbe essere più risoluto? Certo che sì. Dichiara surreale sul Mes: se lo chiede Macron, mi accodo. Altrimenti no, salvo che decida l’opposto il Parlamento. Dovrebbe dichiarare: l’occasione è imperdibile, valuti il Parlamento se scartarla, recando un grave/aggiuntivo danno al Paese in crisi. Ma Conte ha pezze giustificativo-circensi: vive da trapezista sul filo d’un equilibrio politico simile alla piuma. Ondeggia per non cadere. Fino a quando?

Non gli danno una mano i Dem. Zingaretti chiude a cambi in corsa: la squadra di Palazzo Chigi resta così. Un errore. Perché non emendarsi dai difetti, sostituire gl’incapaci, allargare il sostegno all’esecutivo, mettere in mani sicure un progetto di sviluppo economico? La pandemia è stata sfidata dalla squadra che già c’era, costretta al catenaccio per evitare la disfatta. Nel dopopandemia ce ne vuole un’altra. Bisogna attaccare, non solo difendersi: servono nuovi giocatori, schemi, allenatore, dirigenti. Chi si deve offendere di che cosa, se il tutto viene progettato su corretta ispirazione, ovvero rendere il rinascimento fattuale oltre che virtuale? Soli i migliori, gli aristoi di marchio greco, sono in grado di ricostruire il Paese, formando al contempo la nuova classe dirigente che ne erediterà l’impegno.

I tempi sono essenziali in un’impresa titanica. Cogliere l’attimo (reset del governo senza tornare al voto, se necessario anche cambiandone la guida) significa avere il massimo delle possibilità di riuscirvi. Perderlo vuol dire ridurle al minimo. E dunque: urge una visione da statisti, altro che vedute da politicanti di bottega. È assurdo disporre di personalità autorevoli (Draghi, Piano, Giovannini, lo stesso Colao taskforcista eccetera) rifiutandone l’arruolamento perché sulle valutazioni di competenza fa premio il personalismo miope. Un virus che ci precipiterà, più di quanto non sia già avvenuto, nella decrescita infelice: tutti come incolori granelli di sabbia sulla riva del mare, pronti a essere trascinati nel nulla dal primo soffio di vento.

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