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Quella volta che

SEDUTI IN QUEL CAFFÈ

MAURO DELLA PORTA RAFFO E MASSIMO LODI - 22/05/2020

 

-Caro Mauro, quella volta che…

“Caro Massimo, quella volta ch’entrai, ed era la prima, al Caffè Cavour, poi divenuto Zamberletti”.

-In braghe da fanciullo…

“E al seguito di mio papà Manlio, all’epoca direttore dell’Ente provinciale per il turismo. Il Cavour, e in seguito lo Zamberletti, non era solo un caffè. Era un punto di ritrovo sociale e culturale. Lui lo frequentava ogni giorno”.

-Un ‘must’ della varesinità…

“Siamo debitori ad Antonio Zamberletti, per tutti Carlo, che dal ’55 in avanti gestì il locale. Inventore del ‘dolce Varese’, faceva il pasticciere, prima con laboratorio in via Como e quindi in via Manzoni. Ma ebbe l’intuizione, la voglia, la capacità d’ingegnarsi in qualcosa di più: mettere in comunicazione gli uni con gli altri”.

-Seduti in quel caffè…

“Seduti e in piedi. Ai tavolini e al bancone. Per il ristretto del mattino, l’aperitivo di mezzogiorno, il bis serale. In un ambiente che diffondeva lo spirito d’armonia del proprietario. La sua anima gentile”.

-Promosse il bello l’affresco-mega del pittore Cesare Andreoni…

“Zamberletti era dell’idea che la buona accoglienza richiedesse una sorta di salone d’arte. Si rivolse per la bisogna a un futurista di qualità. Varese gli avrebbe dedicato una mostra alla Sala Veratti, nel ’97. A testimonianza della lungimirante scelta di Carlo”.

-Colori tenui, tocchi vivaci, fantasismo realistico sui muri. E nel parterre arredi di buon gusto…

“Il pregevole buon gusto che ti fa sentire a tuo agio. Velluti rossi, ricami dorati, luci soffuse. Un insieme di eleganza classica. Sobria ricercatezza, andando al sodo. Facile da evocare, difficilissima da realizzare”.

-Ora Angela, erede di Carlo, dice ‘adieu’. Si chiude…

“Pare intenzionata a non ripensarci. S’era già fatta prendere dal proposito prima del Covid infuriante. Che l’ha persuasa del tutto, mi sembra di capire”.

-Un peccato…

“Di più: una grave perdita per la città”.

-Senza lo Zamberletti abbiamo un’istituzione in meno?

“Certo che sì. E bisogna trovarne almeno il succedaneo: si adoperi per primo il sindaco Galimberti. E’ uno di quei casi in cui il proprio cognome diventa nome comune. Nel senso che appartiene alla comunità, volentieri disposta a imparentarsene. Siamo tutti zamberlettiani”.

-Li è passata bella gente…

“Bellissima e tanta. Negli anni Cinquanta e poi Sessanta si davano convegno Piero Chiara, Angelo Frattini, Bruno Ravasi, Giuseppe Montanari, molti altri. Nomi che ne richiamavano d’ulteriori. Grandi varesini tornavano di tanto in tanto dalle parti di casa e s’infilavano dietro i cristalli con sopra la zeta maiuscola. Tipo Gianni Santuccio e Flaminio Bertoni. Il libro d’oro, se ci fosse, sarebbe un prezioso faldone”.

-Angela ha consolidato la tradizione…

“L’ha arricchita. Dando affermazione definitiva al ‘brand’, garantendo la qualità commerciale dei prodotti e sviluppando la vocazione culturale del luogo”.

-Vi sono nati i tuoi Salotti…

“Cominciai nel 2000. A sollecitarmi fu l’assessore alla Cultura del Comune, Armocida: voleva creare i Salotti di Piero Chiara, dato che Chiara era stato giocatore di carte al vecchio Cavour e frequentatore del successivo Zamberletti. Io ero d’accordo. Poi, per motivi vari, cambiò parere. E diventarono i Salotti di Mauro della Porta Raffo”.

-Un import-export di cultura. Nomi eccellenti venuti a Varese, ed eccellenza di Varese trasferita, loro tramite, fuori le mura…

“Avevo già iniziato a proporre quest’incontri prima dell’invito di Armocida. Li tenevo nel salone del liceo musicale, erano venuti per esempio Vittorio Feltri, Gianni Mura, Paolo Liguori. Poi subentrò il problema della fruizione del sito, essendo di proprietà civica. L’intuizione di Armocida e la disponibilità di Angela lo risolsero”.

-Lei fu generosa…

“Totalmente. Ci mise a disposizione il Caffè senza chiedere nulla in cambio. Dal primo anno all’ultimo”.

-Per amore di Varese…

“Non a caso è stata premiata come benemerita, assieme ad altri quindici, in occasione del bicentenario della città. Presiedevo il comitato: tutti d’accordo nell’indicarne il nome. Chi meglio di lei per rappresentare il virtuosismo locale? Genio laborioso, prudente riservatezza, essenziale pragmatismo, spirito solidale”.

-Nei Salotti hai ricevuto centinaia di ‘celebrities’…

“Bastava una telefonata, poi l’accordo sulla data e venivano”.

-Molti scoprivano qualcosa di sconosciuto, Varese appunto…

“E ne rimanevano felici. Contribuiva la cornice di classe che accompagnava la loro presenza. Il profumo di storia dello Zamberletti: l’avvertivi non appena ci entravi”.

-Troppi i nomi da citare. Qualcuno però ci vuole…

“I politici Tremonti, Sterpa, Gawronski. Le cantanti Milva, Zanicchi, Vanoni. I giornalisti Mentana, De Bortoli, Fontana. Rimando al mio sito maurodellaportaraffo.com o a dissensi & discordanze. Lì ci sono tutti e c’è di tutto”.

-Triste passare da corso Matteotti e leggere il virtuale cartello “Non venga più a prendere il caffè da noi”…

“Per dar seguito alla citazione di Chiara: è la spartizione della vita. Cose belle da una parte, cose brutte dall’altra. Talvolta il piatto piange”.

-E ci rimane una spina nel cuore…

“Ce la tolga, chi può. E’ pronto il titolo, casomai accadesse: ‘Di caffè in caffè, la vita’. Che continua. Deve continuare”.

 

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