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Opinioni

SOLIDARIETÀ

ROBI RONZA - 29/05/2020

downloadLa cronaca della lotta in Italia contro la pandemia del Covid 19  sarebbe incompleta se non si tenesse conto di qualcosa di cui giornali e telegiornali italiani parlano relativamente poco: ossia di tutte le iniziative spontanee con cui tanta gente ha cercato di rimediare alle carenze dello Stato e alla lentezza della sua burocrazia. Secondo il sito Italianonprofit.it si contano 943 diverse iniziative, finanziate da donazioni di aziende e di singoli cittadini per un valore complessivo di 745, 98 milioni di euro.

Per dare un’idea dell’ispirazione e dei modi di queste iniziative vale la pena di raccontare a titolo di esempio la storia di SOS Varese Aiuta, un’associazione fondata e animata da Claudio Colombo, un imprenditore di Gavirate. Non appena scoppiata la pandemia, Colombo aveva cercato di acquistare anche all’estero mascherine da donare, ma senza riuscire a trovarle. E d’altra parte la Protezione Civile (che in Italia fa capo a un dipartimento della Presidenza del Consiglio, ossia dell’ufficio del Premier), avendone avuto dal governo l’incarico in esclusiva, per tutto febbraio e fino al 16 marzo non è in realtà riuscita a rifornire le Regioni di mascherine, guanti, tute, occhiali, visiere, caschi, ventilatori e bombole di ossigeno. Colombo ha allora avuto l’idea di chiedere alle aziende tessili che nella sua zona producono camicie di dargli gratis gli scampoli delle loro lavorazioni. Ha cominciato poi a farli tagliare e a distribuirli per il confezionamento a sarte, e altre donne dotate di macchine per cucire, chiamate a raccolta con un appello via Internet. Con l’aiuto di  cospicue somme offerte da due donatori anonimi, Colombo ha così potuto mobilitare in 30 diversi comuni del Varesotto oltre 100 volontarie le quali al 2 aprile scorso avevano già prodotto oltre 3 mila mascherine del tipo DB long life, poi donate ai due ospedali di Varese a copertura del fabbisogno per tre mesi di tutto il loro personale medico e infermieristico. Le volontarie di SOS Varese Aiuta sono poi passate a confezionare camici e visiere per i medici e gli infermieri. Frattanto continuano a produrre mascherine di uso più comune, che vengono donate  alle case di riposo e alle persone più esposte a causa del loro lavoro. Hanno all’interno una tasca ove si può infilare un ritaglio di carta da forno, molto facile da reperire e indicata dagli esperti come un’ottima barriera contro i virus,

Di assai più vasta scala ma di analoga ispirazione è il caso dell’ospedale da campo che l’Associazione Nazionale Alpini, Ana, ha realizzato a Bergamo in pochi giorni, tra il 24 marzo al 1° aprile. L’Ana, che come noto è molto attiva nel campo della protezione civile, dispone di un suo ospedale da campo aviotrasportabile, che è in deposito proprio nell’aeroporto bergamasco di Orio al Serio. Riallestito all’interno dei padiglioni della fiera di Bergamo, l’ospedale degli Alpini, poi consegnato al Giovanni XXIII, il grande nosocomio della città, ha 144 letti; 72 in terapia intensiva e 72 in sub-intensiva. Tutto questo è stato reso possibile anche grazie a numerose donazioni di aziende e di privati nonché all’aiuto di quelle centinaia di operai specializzati e artigiani bergamaschi che, pur non essendo “Penne Nere” (Italia il servizio militare di leva è stato abolito nel 2004), si sono presentati al cantiere per dare anche loro una mano.

Analogo è il caso dell’ospedale di emergenza, 221 letti di terapia intensiva, realizzato nei padiglioni che la Fiera di Milano continua ad avere in città (oltre a quelli di cui dispone nel vicino comune di Rho). L’ospedale in Fiera è un’iniziativa oggi al centro di polemiche politiche, spesso pretestuose, ma resta ciononostante un grande esempio di solidarietà volontaria. É stato allestito tra il 10 marzo e il 6 aprile con una spesa di poco superiore ai 17 milioni di euro e grazie al lavoro giorno e notte di 829 tra tecnici e operai specializzati, nonché all’aiuto di centinaia di volontari. Affidato in gestione al Policlinico di Milano, l’ospedale in Fiera si sviluppa su una superficie di circa 24 mila metri quadri. Dispone di condizionamento estivo e invernale per tutti gli ambienti, e di  gruppi elettrogeni e di continuità che ne assicurano l’eventuale completa autonomia dalla rete elettrica urbana. I suoi “moduli di degenza” (letti e rispettive attrezzature) sono interamente recuperabili; possono cioè venire poi smontati e riallestiti altrove.  Ha una tripla riserva di ossigeno e di azoto con serbatoi rispettivamente da 82 mila e 20 mila litri.

La sua realizzazione è stata finanziata con una raccolta di fondi  cui hanno contribuito oltre 5 mila singoli cittadini, fra cui Silvio Berlusconi con 10 milioni di euro, ossia oltre metà della spesa (un gesto  ignorato o messo in ombra dai molti giornali per i quali Berlusconi è sempre e comunque brutto e cattivo). Inoltre aziende e fondazioni: dal Fondo McDonald’s Italia e Fondazione per l’Infanzia Ronald Mc Donald per l’emergenza Covid-19, con oltre 880 mila euro, al Fondo Nexi Insieme per la Costruzione dell’Ospedale in Fiera Milano con un milione di euro. Quando venne deciso di costruirlo, nel pieno della curva ascendente della pandemia, ci fu un consenso generale al riguardo. Quando però lo si aprì il numero dei casi gravi di Covid 19 aveva cominciato a diminuire, e di fatto ha finito per rimanere poco utilizzato. Si può anche discutere se tanta generosità non avrebbe potuto venire utilizzata più efficacemente; oppure se — come sostiene il presidente lombardo Attilio Fontana — non si tratti di una preziosa risorsa pronta all’impiego nel caso di una non certo augurabile ma possibile futura recrudescenza della pandemia. Resta però un grande esempio di iniziativa concorde di solidarietà volontaria.

www.robironza.wordpress.com

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