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In Confidenza

PAURA DELLA NOVITÀ

Don ERMINIO VILLA - 05/06/2020

profetaCerchiamo di capire lo “scandalo” dei compaesani di Gesù, che consiste nell’accettare il fatto che Dio viene a noi come uomo. E’ la questione centrale della fede: in Gesù di Nazaret si è rivelato il Figlio di Dio? Nel “figlio di Maria” è apparso il Verbo eterno del Padre? In Gesù l’eterno e il tempo si sono incontrati per restituire la vita alla storia mortale dell’uomo? Ci dev’essere un motivo serio perché “i suoi non l’hanno accolto”. Possiamo chiederci, più in generale, perché un profeta non è accolto nella sua patria? La risposta che dà Giovanni è: perché gli uomini amano le tenebre più della luce; hanno paura della luce, perché questa svela che le loro opere sono cattive.

Ma mettiamoci una volta tanto dalla parte dei nazaretani: essi non volevano rifiutare la luce e scegliere le tenebre, almeno non lo volevano coscientemente; non avevano paura della luce. Di che cosa mai allora hanno avuto paura e cosa rifiutavano? La novità! Gesù si era presentato come un profeta. Il profeta è un uomo scomodo, talvolta egli è una sfida che Dio lancia al popolo. Il profeta è Dio che impone il suo stile e il suo “passo” all’uomo, costringendolo a “rompere” il proprio passo. Il profeta è la novità di Dio, è l’imprevisto, il cambiamento. La parola che dovette disturbare più d’ogni altra i nazaretani fu: “Convertitevi!”, cioè cambiate mentalità e cambiate vita.

Ma gli uomini non amano la novità; o meglio, amano la novità, ma “intorno” a loro, non “in” loro. Allora, pur di non doversi rimettere in questione e cambiare, cosa fanno? Si appellano al passato, al senso di tranquillità e di sicurezza che danno le cose che si sono fatte sempre: “Chi è costui che vuole rivoluzionare le cose? Che bisogno c’è di cambiare? Si è fatto sempre così!”. Poco importa se, facendo sempre così, si era scontenti, infelici e schiavi; ci si abitua anche ad essere infelici e ci si affeziona anche alla schiavitù.

A Nazaret va in scena il conflitto perenne tra quotidiano e profezia. All’inizio parole e prodigi di Gesù stupiscono, immettono un “di più” dentro la normalità della vita. Poi l’ordinario instaura di nuovo la sua dittatura. Che un profeta sia un uomo straordinario, carismatico, ce lo aspettiamo. Ma che la profezia sia nel quotidiano, in uno che non ha cultura e titoli, le mani segnate dalla fatica, nel profeta della porta accanto, questo ci pare impossibile. A Nazaret pensano: “Il figlio di Dio non può venire in questo modo, con mani da carpentiere, non c’è nulla di divino. Se sceglie questi mezzi poveri non è Dio”. Scandalizza l’umanità, la prossimità. Eppure è proprio questa la buona notizia del Vangelo: che Dio si incarna dentro l’ordinarietà della vita.

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