Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Cultura

HILARY PUTNAM

LIVIO GHIRINGHELLI - 05/06/2020

hilaryHilary Putnam (1926-2016), docente di Harvard, assume un ruolo più specificamente filosofico in merito al rapporto tra mente e calcolatori all’interno del dibattito sull’intelligenza artificiale. Compie studi di matematica e filosofia nell’ambito della diffusione statunitense dell’empirismo logico, in relazione soprattutto con Hans Reichenbach e Rudof Carnap, facendo tesoro anche della tradizione pragmatistica statunitense del secondo dopoguerra e della critica mossa al neopositivismo da Williard O. Quine. Le sue ricerche vengono apprezzate nella logica matematica e nella filosofia della scienza.

La teoria del linguaggio di Putnam sostiene che i nomi che indicano sostanza o specie comportano un riferimento diretto, che non si risolve in un ente mentale e rinvia a una realtà esterna. Dal cosiddetto realismo “metafisico” del primo momento, che sottoscrive l’idea che il mondo è una totalità di oggetti indipendenti dalla mente, che impone una e una sola descrizione vera della realtà, Putnam passa a un “realismo interno”, per cui la realtà oggettuale è riconosciuta come vera, se è verificabile pragmaticamente tramite l’analisi scientifica delle credenze percettive (una dichiarazione è riconosciuta vera e consistente alla luce del complesso delle esperienze percettive individuali). Putnam è comunque noto come sostenitore del funzionalismo : ritiene che lo studio delle funzioni cognitive, indipendentemente dal supposto materiale, conferisca loro un pieno valore. Una mente è definibile in base a ciò che fa o che può fare, irrilevante è la materia di cui è composta.

In Menti e macchine (1960) per Putnam le argomentazioni e soluzioni del problema del rapporto tra mente e corpo possono essere riformulate in riferimento alle macchine di Turing (messe a punto nel 1937) e ai calcolatori elettronici. Si rifà alla natura computazionale della mente per stabilire l’analogia tra intelligenza umana e intelligenza artificiale, tra software (pensiero, mente) e hardware (cervello, la materia in cui esso si realizza). Il software può essere in parte svincolato dall’hardware per sviluppare uno studio delle funzioni cognitive indipendentemente dal supporto materiale. Si conferisce così pieno valore cognitivo all’intelligenza artificiale. La macchina di Turing possiede livelli di enunciazione diversi, che corrispondono a significati diversi. Il problema mente-corpo (sua base materiale) si risolve in una questione meramente verbale e vuota, è da ritenere insensato. Le differenze tra uomini e macchine vengono soltanto riconosciute sul piano dell’esperienza umana soggettiva e non delle funzioni mentali.

In Robot, macchine e vita creata artificialmente (1964) Putnam afferma che la chiarezza che si può raggiungere intorno al caso limite dei robot permette di essere più chiari su ciò che si intende per sensazione, pensiero, coscienza. Il problema della vita artificiale non è quindi meno campato in aria di tanti problemi filosofici sull’autonomia della coscienza umana. Non si rinvia a una risposta, ma a una decisione. In Mente, linguaggio e realtà (1975) le funzioni e i processi cognitivi della mente si ribadisce che sono in linea di principio indipendenti dalla loro base materiale ; il rapporto può essere compreso analogicamente. E’ possibile ipotizzare che i processi cognitivi siano funzioni di un apparato fisico, che possono essere studiate e riprodotte indipendentemente tramite calcolatori.

Ma nell’opera successiva La sfida del realismo (1987) l’ipotesi è ridimensionata : le credenze e altri prodotti mentali non sono stati funzionali: la complessità delle descrizioni funzionali non permette di definire univocamente la nostra coscienza. In Una filosofia che si rinnova(1993) Putnam critica nettamente la propria precedente concezione della mente come organismo funzionale, riaprendo il problema dell’essenza della coscienza individuale. In Mente, corpo, mondo(1999) Putnam abbandona il funzionalismo, ritenendolo affetto da una forma di riduzionismo, che non riesce a spiegare fenomeni come l’intenzionalità, la coscienza, la “plasticità funzionale” della mente. I fatti mentali sono definiti ancora come stati funzionali, tali però da coinvolgere l’intero organismo e non solo il cervello : nel nuovo quadro possono essere descritti solo in termini psicologici.

Si contrappone a Putnam Hubert L. Dreyfus (1929-2017) con l’opera Quel che i calcolatori non sanno fare. Una critica della ragione artificiale (1972). le capacità mentali degli uomini sono il frutto di una interazione stretta tra mente e corpo: il limite più marcato delle macchine calcolatrici risiede nel loro non possedere un corpo, che permetta l’operatività e il pensiero secondo procedure di riconoscimento di forme (non c’è comportamento intelligente senza corpo).

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login