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Editoriale

TRIS D’ASSI

MASSIMO LODI - 12/06/2020

zaiadelucabonacciniIl duello tra regioni e governo lancia possibili protagonisti d’una nuova stagione politica. Sondaggi recenti collocano al top del gradimento nazionale Luca Zaia, governatore del Veneto. Seguono Vincenzo De Luca, Campania, e Stefano Bonaccini, Emilia Romagna. Nomi da spendere quando si tornerà a votare. Non certo nel breve-medio periodo, durante il quale le ipotesi di conduzione del Paese sono tre: o continua a reggerne le sorti Conte o gli subentra un giallorosso (in pole il ministro della Difesa Guerini, con Di Maio vice) o tocca a un leader tecnico. Ma un giorno o l’altro si riapriranno le urne, e non per tutti i soliti noti.

Riavvolgiamo il nastro. Fratelli d’Italia una superleader ce l’ha, dato che la Meloni è riuscita a oltrepassare la soglia toccata a suo tempo da Fini; e in Forza Italia Berlusconi non mollerà il mazzo al Tajani o Toti di turno, essendo un monarca privo di successori. Restano Lega e Pd, di cui vale parlare senza’oltraggio a minoranze (Leu di Bersani, Italia Viva di Renzi e Azione di Calenda) cui non sembrano andare i favori d’un consistente elettorato.

Capitolo Lega. Salvini capo non si discuteva fino a qualche mese fa. Oggi sì, dopo che ha perso una decina di punti a causa d’un argomentare sovranista poco persuasivo. Gli orientati a destra gli preferiscono la Meloni, che su quel fronte vanta una storia doc. Non una storia rock, costruita tra selfie e citofonate. Perciò, intra moenia leghiste, su Salvini fa aggio Zaia, non a caso elogiato di recente da Roberto Maroni sulla prima pagina del Foglio. Zaia ha affrontato al meglio l’emergenza del corona virus, confermando doti di sperimentato amministratore. È uno, lui sì, del fare. Piace trasversalmente e saprebbe prender voti fuori dal recinto ideologico del Carroccio e aldilà del perimetro di centrodestra. Se Salvini fosse saggio, da segretario di partito lo incoronerebbe candidato premier.

De Luca e Bonaccini han percorso strade simili a quelle di Zaia. La loro gente gli vuol bene perché vanno diretti al cuore dei problemi. Entrambi dotati d’una personalità forte, s’avvalgono con perizia degli strumenti moderni di comunicazione, abbinando il tesoro dell’esperienza allo spirito dell’avanguardia. Il Pd ha due ottime carte e un imbarazzo: se calare l’asso nordista o l’asso sudista. Immaginabile il prevalere del primo sul secondo. De Luca, pur carico di medaglie, sarebbe per Zaia avversario meno ostico di Bonaccini, in grado di battere la Lega nei suoi territori, come ha dimostrato alle regionali di gennaio travolgendo Salvini mascherato da Bergonzoni. Il ticket Bonaccini-De Luca (candidato premier l’uno, candidato vice l’altro) è la fortuna di Zingaretti: per quale motivo sprezzarla?

D’un tale scenario si va raccontando nei corridoi dei palazzi romani, a corredo della variabile che potrebbe scompaginare ogni gioco. Ovvero l’attuale presidente del Consiglio. Che cosa deciderà di fare in caso di voto? Due ipotesi: rimanere in squadra coi grillini, cambiandone giocatori e schemi. Oppure marciare da solo, raccogliendo attorno a sé le anime dell’universo cattolico-centrista-riformatore di cui si narra da tempo. In ogni caso, Giuseppi sarà del match: arruolato per caso dalla politica, ne è divenuto un colonnello (anzi, un generale) niente affatto propenso a entrare nella riserva. Il ruolo gli piace e valuterà. Sa fare di Conte. Saprebbe farne una lista.

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