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Libriamo

MANCATO TRAFORO

DEDO ROSSI - 18/06/2020

 

Da qualche settimana si sta parlando molto di treni a Varese, sull’onda della proposta del Rotary di un tram-treno che attraversa la città come una metropolitana di superficie. Segno, anche questo, che la storia delle linee ferroviarie nella nostra provincia è stata spesso vivace e tormentata, ricca di idee e di ritorni. E soprattutto di mancate realizzazioni.

Ne prendiamo spunto per tirar fuori dagli archivi un vecchio libro del 1988, che racconta una storia ancora poco conosciuta: “Il mancato traforo del Campo dei Fiori”, autori Luigi Bulferetti e Piero Mondini, per la Rivista milanese di economia della Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde (e ripubblicato poi l’anno successivo da Laterza in veste grafica più accattivante).

Già, perché a fine ottocento era stato presentato un progetto per un traforo che unisse Varese alla Valcuvia e Luino, bucando la montagna sotto il Brinzio. Ma procediamo per gradi.

Nel 2014, Sergio Redaelli su RMFonline aveva presentato questo libro, arricchendolo con riferimenti storici che giungevano fino al più ampio sistema di tramvie successive. Non scriviamo nulla di nuovo, quindi. Ma oggi, alla luce della rinata attenzione al sistema ferroviario locale, può essere interessante un ritorno su questo argomento.

Bulferetti, storico di prestigio, analizza in questo libro “i tentativi di Varese per attenuare l’isolamento ferroviario tra il 1860 e il 1910”, attraverso un approfondito lavoro di archivio, con Piero Mondini, con una documentazione minuziosa. La prima parte del libro non è di lettura scorrevole (come purtroppo a volte accade a testi storici nati più come ricerca d’archivio che per uso divulgativo) ma rappresenta un libro fondamentale per capire il complesso (e affascinante) tema dei trasporti di Varese tra ottocento e novecento.

Il tema di fondo è quello della via per unire Genova e il suo porto commerciale con il Gottardo e il suo flusso di merci dal nord Europa, argomento base per lo sviluppo economico di un territorio. Si trattava, in pratica, di capire come Varese potesse giocare un ruolo in questo progetto, soprattutto rispetto alla forte concorrenza della vicina Como, che poi alla lunga vincerà la partita.

Troviamo in questo libro come il tema dei trasporti fosse all’epoca al centro di un dibattito ampio, perché ad esso si legavano la modernizzazione e lo sviluppo industriale del varesotto. E personalità di prestigio come Carlo Cattaneo avevano analizzato in dettaglio questo tema, come aveva ben spiegato Sergio Redaelli nel suo articolo del 2014.

Nel libro troviamo la storia di tanti progetti e dispute sui percorsi, le pressioni dell’industria per favorire la propria area geografica. Intuiamo gli interessi economici enormi. Già la scelta del percorso da seguire per unire Varese a Milano era stata al centro di un’aspra disputa, che aveva visto forti contrasti con Gallarate e Busto agguerrite nel difendere i propri interessi economici e da sempre antagoniste di Varese. Troviamo il progetto poi accantonato per unire Varese a Porto Ceresio e a Ponte Tresa (e da qui una tratta avrebbe raggiunto Lugano e un’altra tratta Luino e la piana di Bellinzona, con un sistema di trasporti che assegnava un ruolo anche alla navigazione sul lago) . Insomma, un progetto capillare e ambizioso, per uomini e merci. La ferrovia, d’altronde, rappresentava il futuro, la modernità, lo sviluppo.

Ma interessante in questo libro è in particolare la presentazione del progetto a cui accennavamo all’inizio: una galleria (il cosiddetto “traforo del Brinzio” come veniva allora chiamato) che, attraverso le viscere del Campo dei Fiori, permetteva di collegare Varese alla Valcuvia e da qui a Luino e alla Svizzera.

Il progetto, datato 1878, era firmato dall’ingegner Leopoldo Zanzi, appartenente alla famiglia dei notai  Zanzi. Partendo dalla stazione di Varese, il percorso previsto attraversava il quartiere di Biumo Inferiore tra la casa Merini e il giardino di casa Carcano, superava la strada per Como (attuale viale Belforte) per raggiungere la zona detta del Ponte Rotto. Qui iniziava una discesa ripida. Giungeva sulla mezza costa della falda destra della valle dell’Olona, fino alla frazione Olona (dove esisteva una filatura di cotone). Qui con ampia curva attraversava il fiume ed entrava nella montagna attraverso una galleria sotto Bregazzana. Questa galleria avrebbe avuto una lunghezza di 8 chilometri e 515 metri in rettilineo, per sbucare poi tra Rancio Valcuvia e Masciago. Da qui, il percorso all’aperto, oltrepassata Ferrera e aggirata Grantola, avrebbe fiancheggiato il Margorabbia per raggiungere, attraverso Rivera e Cucco, la città di Luino e poi la Svizzera.

Il “Progetto sommario” di Zanzi conteneva studi di fattibilità e analisi di costi. Il percorso totale era di 22 chilometri e 161 metri. Il dislivello tra Varese e Luino era di 170 metri e, oltre alla galleria, era prevista la costruzione di due cavalcavia (per un totale di 34 metri), di tre ponti (di 29 metri sul fiume Tresa, di 12 sull’Olona e di 10 sul torrente Fermona), oltre ad una stazione ferroviaria a Grantola. Costo previsto per ogni metro, galleria compresa: 513 mila lire. Una curiosità: utilizzando il convertitore storico lira-euro del sito internet “Inflationhistory.com” scopriamo che oggi questo costo corrisponderebbe a 2 milioni e 96 mila euro al chilometro. Quindi tutta l’opera, al valore di oggi, avrebbe un costo di circa 46 milioni di euro.

La realizzazione di questo progetto aveva suscitato interesse e speranze, per i previsti ritorni favorevoli all’economia dell’alto varesotto. Scrive Bulferetti: “I varesini e le popolazioni della Valcuvia sperarono che il progetto, sostenuto da passi ufficiali delle personalità circondariali e dalla stampa locale, interprete di un’opinione pubblica tutta progressista ancorchè divisa tra moderati-cattolici e radical-democratici in buon numero iscritti alla Massoneria, potesse andare in porto: ciò avrebbe comportato che una linea principale di accesso al Gottardo passasse per Varese, considerandosi tanto Milano quanto Novara i più importanti transiti da e per Genova”.

Prendono corpo, in quei decenni, altri progetti alternativi. Le pressioni politiche sono enormi. Gli interessi in gioco provocano un dibattito acceso . I toni sono spesso vivaci, a volte aspri.

Ma solo pochi mesi dopo, nella primavera del 1879, le sorti di Varese cambiano per sempre. Nonostante appassionati interventi dell’onorevole Bizzozzero alla Camera, Varese viene esclusa da questo progetto, finendo per avere per sempre un ruolo secondario nella storia italo-svizzera della viabilità e della movimentazione delle merci. Conclude Bulferetti: “Ciò conferma la debolezza di Varese nel difendere le proprie posizioni o meglio le proprie esigenze ferroviarie non essendo stata collocata su una linea internazionale”.

E con questo, la storia di Varese ha preso un binario diverso.

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