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Noterelle

SIAMO IN ASSEMBLEA

EMILIO CORBETTA - 18/06/2020

consiglioQuando da piccoli ci raccontavano una favola chi parlava incominciava così: “C’era una volta…”. In altri momenti invece si inventava un gioco; il più autorevole tra di noi incominciava dicendo: “Facciamo finta che tu sia……”, frasi fatte, ma molto magiche che ti portavano in una realtà immaginaria, bellissima, piena di cose misteriose e affascinanti.

Era bello vivere quei momenti perché eri libero di interpretare una realtà tutta tua. La principessa che “c’era una volta” nella mia testa era diversa da quella del mio fratellino Giuseppe, come il personaggio che doveva scaturire dal “facciamo finta che” poteva essere il cavaliere forte, leale, coraggioso ma anche il grande scienziato, ma anche il generale di una invincibile armata, dove tutti avevano una carica importante e un unico soldato semplice: il più piccolo.

Ora invece siamo nella cruda realtà di questa “benedetta vita”, modo di dire che sottolinea che questa vita è tutt’altro che benedetta ma cruda, piena di accidenti ed ostacoli anche se noi cerchiamo di riempirla di speranzosi “auguri”.

Attualmente non c’è più “il facciamo finta che” perché c’è solo il “c’è” che nella vita quotidiana ti impone spesso la necessità di dover vivere situazioni definite “assemblea di…”, “essere in seduta “, “cena di lavoro ” (situazione trista dove un favoloso risotto ti può andar tutto di traverso), “essere in riunione” e via di questo passo.

Capita così che un personaggio, potrei essere io o un mio amico o qualcun altro, sintetizziamolo con un nome “il Brambilla”, sia diverso se è in assemblea, se è in seduta o in riunione. Ecco, sempre per fare un esempio, capita che il Brambilla in assemblea di condominio assuma l’aspetto di un diavolo, mentre in seduta di lavoro diventi un verme strisciante nei confronti di chi ha più potere, o sembri un angelo del paradiso in consiglio parrocchiale. Torna ad essere un diavoletto in una riunione sindacale. Nel consiglio scolastico sembra un Arlecchino, ma molto serio e untuosetto, di tutti i colori.

Mi si potrebbe far notare che sto descrivendo un abilissimo politico: ecco il mio Brambilla è un abile filone che sa adattarsi alle varie situazioni della vita; ma è un adattarsi razionale o istintivo, suggerito dal subconscio? Si potrebbe obiettare che comunque non è una bella figura! Il problema è un altro: ci sono dei “Brambilla” che sbagliano ad interpretare la realtà, la vita di questi incontri, per cui non li vivono come un favoloso momento di dialogo, momenti di contatti capaci di far germogliare idee, suggerimenti, progetti comunque positivi. Troppo spesso li vivono solo come momenti di sfida, di competizione con conseguenze prevalentemente negative, praticamente per tutti. È l’atteggiamento dei contrari a prescindere.

Più grave quando questi atteggiamenti vengono assunti da componenti di una riunione importante, come un consiglio comunale, ad esempio, per cui l’interesse per la città e per i suoi abitanti passano in secondo piano se non vengono addirittura calpestati. Amministrare un paese, una città, comunque una comunità è molto diverso dal dirigere una industria, un gruppo commerciale, uno studio professionale: questi non possono permettersi bilanci senza profitto, ma sbagliano sia che diano troppo valore a questo coefficiente sia che speculino sulle una volta dette “risorse umane”.

Un sindaco con la sua giunta, un consiglio comunale nel suo complesso ha un quadro di interessi molto, molto più ampio: amministra il servizio per la vita, per il benessere di una comunità, non solo per una parte, non solo per un gruppo, ma per tutti. Quanta bella retorica! Gli interessi di parte prevalgono sempre, non possono non esserci, mi si potrebbe far notare, ma forse smettono di prevalere se il lato economico dell’ente resta “senza debiti ” ma anche “senza profitto”. Il fine equilibrio economico di un ente pubblico non può soddisfare solo una parte degli amministrati, non solo quelli dei suoi elettori anche se il loro “tesoro di voti è grande”. La vita ha troppe incognite e se vai solo in una certa direzione la paghi e puoi arrivare a permettere che ci siano morti, se non addirittura a provocarle, come la dura esperienza della pandemia ci ha fatto vivere. Non è stata questione solo di “lockdown” ma di scelte economico- politico che hanno fatto o lasciato morire, nonostante i grandi sacrifici delle “risorse umane”, molte delle quali ci “hanno lasciato la pelle”.

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