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Editoriale

ASTUZIE

MASSIMO LODI - 26/06/2020

salvini-meloni-berlusconiSenz’esagerare con la fantasia, ma cogliendo scampoli di realtà, sembra d’intravedere un cambio di leadership a destra. Non subito, naturalmente. Ma più avanti, e forse neppure troppo in là nel tempo. Vanno crescendo le quotazioni della Meloni, diminuendo quelle di Salvini. Stabile Berlusconi, che resta l’ago della bilancia, impossibilitato ormai a esserne l’ego. Freschi sondaggi confermano il trend d’avanzata di Madame Sorella d’Italia, voti sottratti all’autolesionistico selfismo del Capitano, sempre intento a radicalizzare, forse nella speranza che la catastrofe sociale abbatta Conte.

Anche la Meloni dà di schiaffo al premier, però tiene scoperto/coperto il nervo anti-Europa. Difatti Mario Monti le ha telefonato congratulandosi per alcune sue parole, e s’allunga la fila di rappresentanti vari del bouquet produttivo interessati a un interlocutore quantomeno da ascoltare. Solo Calenda la irride: ‘Ripete bene quello che sente al bar’. Il problema per lui, e non solo, è di segno opposto: al bar ripetono talvolta (spesso) quello che dice lei. L’unico erroraccio de noantri è stata la recente caciarata antigovernativa, un assembramento in spregio alle misure di prudenza verso il Covid. Cioè il contrario di quel che dovrebbe fare una destra liberale, moderata, patriottica. Chissà se la topica romana gioverà.

Nel frattempo la Meloni insiste sulla questione lavoro, che sarà il tema bollente dell’autunno. Non si dice d’accordo su esecutivi di salvezza nazionale, cioè tecnici, e sollecita il ritorno alle urne. Ma se la situazione precipitasse, l’ok a far fronte comune all’immane disastro probabilmente verrebbe dato. Altrimenti la Signora dei sorpassi demoscopici incorrerebbe nell’accusa di non volere il bene degl’italiani, ma solo della parte d’essi che si riconosce in lei.

Va aggiunto che Berlusconi, monarca senz’eredi, potrebbe concedere una non sfiducia, se non proprio la fiducia, alla Meloni che fa aggio e mannaggio su Salvini. Attorno al Cavaliere c’è stato uno sciupìo di delfini, e nuovi non se ne appalesano. È inoltre sempre più chiaro il divario che lo separa dal capo leghista, tanto che dal suo entourage si fa filtrare una preferenza verso Zaia, di fatto goloso d’insediarsi dove sta assiso il suo segretario. Ma trattasi d’avvicendamento futuro. È dunque ipotizzabile che Berlusconi mediti se giocare la carta d’una donna al vertice della coalizione alternativa a Cinquestelle e Pd: la calerebbe nell’interesse elettorale dello schieramento cui da sempre appartiene, e anche nell’interesse suo in chiave quirinalizia.

Nel 2022 si designa il successore di Mattarella e l’ex presidente del Consiglio coltiva due speranze: riuscire a proporsi per la massima carica dello Stato oppure risultare determinante in un’altrui nomina. L’azione oggi lungimirante al servizio d’un centrodestra meno propenso a derive di tipo ungherese, mirerebbe a trasformarsi domani nella golden share personale da utilizzare sul mercato del Colle. Il vecchio che s’intesta il nuovo, nell’attesa che il nuovo sia riconoscente verso il vecchio: ecco un classico dell’astuzia politica, come insegna la storia prima e dopo Machiavelli. Sia alla Meloni sia a Berlusconi piace la storia.

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