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Apologie Paradossali

RIEVANGELIZZARE

COSTANTE PORTATADINO - 01/07/2020

Il Catechismo tridentino

Il Catechismo tridentino

Cari amici Onirio Desti e Sebastiano Conformi, scusatemi se questa settimana non mi rivolgo prioritariamente a voi, ma direttamente ai lettori di RMFonline.

Si tratta di un argomento che potenzialmente ci riguarda tutti, benché apparentemente sia uno strumento ‘tecnico’, destinato ai vescovi, agli uffici catechistici diocesani ai parroci e, con notevole sforzo,  ai più acculturati e volenterosi tra i catechisti.

Si tratta del nuovo  “Direttorio per la catechesi”,  che è stato presentato il 25 giugno in Vaticano. Il Papa lo aveva firmato già alla fine di marzo, ora è pronto nella versione a stampa. Vuole essere un nuovo strumento per la catechesi nell’era della cultura digitale e, possiamo aggiungere, di una potenziale crisi di fede. Non è un documento semplice e nemmeno sintetico, nell’edizione italiana annovera 326 pagine, e giunge a ventitré anni dal precedente, che ha sua volta seguiva da lontano il primo, voluto da san Paolo VI nel 1971 come bussola per l’applicazione delle risoluzioni conciliari nell’ambito della catechesi. Nemmeno questi due documenti ebbero una particolare risonanza, probabilmente oscurati  da più attraenti discussioni teologiche e dalla pubblicazione di successive versioni del ‘Catechismo’ in quanto documento rivolto direttamente al popolo cristiano; penso invece che questo ‘Direttorio’ possa godere di maggiore attenzione, per almeno tre motivi.

 Il primo e più evidente è che affronta tematiche divenute particolarmente scottanti negli ultimi vent’anni: quelle bioetiche e in particolare quelle di genere.  Il secondo è la circostanza particolare, la diffusione universale del virus Covid19 che mette in discussione la dimensione globale di ogni rapporto, culturale e fiduciario, prima ancora che economico. La Chiesa cattolica, universalistica per definizione, tenta una risposta  sia ai mali del globalismo, sia a quelli del particolarismo, impropriamente autodefinitosi sovranismo. Ma il terzo e forse più pesante argomento, ulteriormente accentuato proprio dalle modalità digitali di gestione della crisi-Covid, è sicuramente la trasformazione della comunicazione che sembra modificare anche gli aspetti più tipicamente personali delle relazioni.

Pensare ad un confronto con quanto avvenne con la ‘rivoluzione della stampa’ e la successiva riforma protestante è fin troppo facile. Ma oggi i tempi sono molto più veloci e la concorrenza culturale enormemente più numerosa ed agguerrita. Anche allora la Chiesa cattolica fu battuta in velocità dai riformatori che usarono più efficacemente la libellistica a stampa per diffondere le loro idee e demolire i punti controversi della dottrina cattolica, mentre  essa elaborava lentamente e faticosamente le proprie certezze nell’arco dei decenni di durata del concilio di Trento e arrivava a produrre un punto fermo in campo catechistico solo nel 1566 con il Catechismus ex decreto Concilii Tridentini ad parochos, più noto come Catechismo Romano.   La più evidente somiglianza tra i due momenti storici e i rispettivi strumenti di ripresa della evangelizzazione consiste nell’essere rivolti l’antico ai ‘parroci’ e il contemporaneo, se non soltanto al clero e in particolare ai vescovi,esplicitamente chiamati ad un nuovo compito, alla parte particolarmente attenta e culturalmente attrezzata del popolo cristiano. Ancora una volta la trasmissione a tutto il popolo rischierà di dover essere affidata alla mediazione della predicazione del clero e della sempre più difficile ed effimera preparazione dei fanciulli ai sacramenti dell’iniziazione cristiana. Ma proprio su questi aspetti insiste metodologicamente il Direttorio.

Cercando tuttavia di non dare troppa importanza al fatto che il nuovo Direttorio arrivi a maturazione a sette anni di distanza dalla lettera apostolica di Benedetto XVI FIDES PER DOCTRINAM, con la quale veniva compiuto il trasferimento di competenza dalla ‘Congregazione  per il clero’ al nuovo ‘Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione’ e alla banale costatazione che per avviare l’evangelizzazione dell’era digitale si ricorra ad un libro stampato, vediamo le principali proposte innovative.

Già Benedetto XVI aveva affermato che l’intelligenza della fede “richiede sempre che i suoi contenuti siano espressi con un linguaggio nuovo, capace di presentare la speranza presente nei credenti a tutti coloro che chiedono la loro ragione”, ribadendo l’antecedenza  non solo temporale dell’evangelizzazione rispetto alla catechesi: su questo fondamento il nuovo   Direttoriosi qualifica per sostenere una ‘catechesi kerygmatica’. Cuore della catechesi è l’annuncio della persona di Gesù Cristo, che sorpassa i limiti di spazio e tempo per presentarsi ad ogni generazione come la novità offerta per raggiungere il senso della vita”. Si tratta di un’indicazione particolarmente significativa, che si spera  valga non solo per la preparazione dei giovani ai sacramenti, ma soprattutto per la predicazione  domenicale, per sfuggire al piatto moralismo e ai ‘ luoghi comuni religiosi’ che tanto ci affliggono settimanalmente. Già la messa quotidiana di Francesco, trasmessa in televisione al tempo della ‘clausura’  ci aveva dato qualche buon esempio.

 Nel documento si invita poi a liberare la catechesi “da alcuni lacci che ne impediscono l’efficacia”, dallo “schema scolastico”, secondo il quale la catechesi dell’Iniziazione cristiana è vissuta sul paradigma della scuola, dalla mentalità per la quale “si fa la catechesi per ricevere un sacramento”.  In particolare si accenna alla efficacia del ricorso alla ‘via della bellezza’ per mostrare la capacità dell’annuncio di corrispondere ai desideri più profondi dell’anima.

Conclude l’arcivescovo Fisichella, presidente  del ‘Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione’:  il Direttorio, “presenta la catechesi kerygmatica non come una teoria astratta, piuttosto come uno strumento con una forte valenza esistenziale”. La catechesi, infatti, “trova il suo punto di forza nell’incontro che permette di sperimentare la presenza di Dio nella vita di ognuno. Un Dio vicino che ama e che segue le vicende della nostra storia, perché l’incarnazione del Figlio lo impegna in modo diretto”. Una catechesi di questo genere, per Fisichella, “permette di scoprire che la fede è realmente l’incontro con una persona prima di essere una proposta morale e che il cristianesimo non è una religione del passato, ma un evento del presente”. Anche per questo il documento sottolinea l’importanza dell’atto di fede compiuto in assoluta libertà. “Per troppo tempo – ricorda l’arcivescovo - la catechesi ha focalizzato il suo impegno nel far conoscere i contenuti della fede e con quale pedagogia trasmetterli, tralasciando purtroppo il momento più determinante come l’atto di scegliere la fede e di dare il proprio assenso”.

Andando infine a toccare temi più particolari, tra  quelli più evidenziati vi sono  quelli della contemporaneità. La centralità dell’annuncio della persona di Gesù Cristo, oggi deve confrontarsi dunque con internet e i catechisti debbono educare al buon uso del digitale, in particolare i giovani per i quali la cultura digitale è percepita come “naturale”. Il mondo digitale ha anche il “lato oscuro” di  solitudine, manipolazioni, cyberbullismo, pregiudizi. Esso, inoltre, essendo emotivo e intuitivo, è privo di analisi critica, rendendo solo passivi i destinatari.

Per il catechista si tratta di contrastare la “cultura dell’istantaneo”, priva di gerarchie valoriali e di prospettive e incapace di distinguere verità e qualità. I giovani, soprattutto, andranno accompagnati nella ricerca di una libertà interiore che li aiuti a differenziarsi dal “gregge social”. Il documento affronta poi temi come il rapporto con la scienza, per chiarire gli apparenti conflitti tra scienza e fede, anche valorizzando la testimonianza di scienziati cristiani, esempio di armonia e sintesi tra le due. In tale questo contesto rientra una parte importante dedicata  alla  bioetica, dove  “non tutto ciò che è tecnicamente possibile è moralmente ammissibile”. Bisogna distinguere tra cura e manipolazioni, e fare attenzione all’eugenetica e alle discriminazioni che essa comporta e, ribadendo il principio della sacralità e dell’inviolabilità della vita umana,  escludere sia l’aborto sia la pena di morte, “misura disumana che umilia la dignità della persona”.

Uno spazio specifico è dedicato alla questione che il luogo comune ci impone di chiamare ‘gender’:  “L’identità di genere, secondo tale posizione, non è più un dato originario che l’uomo deve accogliere e riempire di senso, bensì una costruzione sociale che si decide autonomamente, svincolata totalmente dal sesso biologico. L’uomo nega la propria natura e decide che è lui stesso a crearsela. Invece, secondo il racconto biblico della creazione, l’uomo è stato creato da Dio come maschio e come femmina. La Chiesa è ben consapevole della complessità delle situazioni personali vissute, a volte, in modo conflittuale. Essa non giudica le persone, ma invita ad accompagnarle sempre e in qualsiasi situazione. È però consapevole che, in una prospettiva di fede, la sessualità non è solo un dato fisico, ma è una realtà personale, un valore affidato alla responsabilità della persona. In questo modo l’identità sessuale e il vissuto esistenziale dovranno essere una risposta alla chiamata originaria di Dio”.

Come risulta dalle citazioni, alle indicazioni metodologiche si accompagnano quelle dottrinali, si può quindi arguire che le chiese locali siano chiamate ad un lavoro di ricezione piuttosto intenso e che coinvolga fin dall’inizio la parte più sensibile del laicato; ne è particolarmente consapevole mons. Fisichella, che ha ricordato che il Papa “ha chiesto di fare in modo tale che il  Documento risuoni in tutta la Chiesa, con le campane a festa”,  aggiungendo che è “intenzione del Dicastero, per il prossimo anno, emergenza sanitaria permettendo, recarsi presso le diverse Conferenze Episcopali nel mondo per sollecitare e presentare in maniera più diretta il Direttorio”.

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