Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Parole

BUCCALI/1 LA BEFFA

MARGHERITA GIROMINI - 01/07/2020

rimeQuando ho sentito parlare di “rime buccali” mi sono sorpresa per la mia ignoranza.

Quante parole della mia lingua madre, usata, studiata, letta avidamente per decenni, mi sono ancora sconosciute?

Rime buccali, parole pronunciate in un contesto pubblico e riportate sui quotidiani.

Le rime, di solito, c’entrano con la poesia. Ma queste no. Le hanno scritte gli esperti della task force sulla scuola nella loro relazione conclusiva. Linguaggio tecnico in un contesto scientifico, ovviamente.

Ma pronunciate in un discorso pubblico dalla Ministra dell’Istruzione che si rivolgeva alla vasta platea di insegnanti, genitori e cittadini, mi hanno lasciata perplessa.

Rima buccale: l’apertura delimitata dalle labbra a forma di fessura trasversale tra le due guance.

Le rime buccali, spiegano gli esperti, sono lo spazio minimo consentito tra due alunni in un’aula. Tradotto: un metro di distanza tra la bocca di A e la bocca di B anziché un metro da banco a banco.

In questo modo diminuisce la distanza interpersonale tra i bambini ma al solo fine di recuperare spazio nelle aule e di riuscire nell’impresa di far rientrare tutti in un’aula non particolarmente ampia.

E il criterio della sicurezza? Forse siamo arrivati, finalmente, alla fase finale del distanziamento sociale? Se questa fosse la notizia, ne saremmo tutti felici e sollevati.

Invece no. La riduzione della distanza non nasce dall’esaurimento della pandemia bensì dalle problematiche logistiche delle scuole del nostro paese.

La frase “rime buccali” mi provoca fastidio perché mi fa sorgere il dubbio (forte) di essere presa in giro dalla burocrazia.

Traduco in italiano corrente il concetto espresso aulicamente: cari signori, non abbiamo aule a sufficienza per un corretto distanziamento allora ci accontentiamo di mantenere una distanza inferiore al metro e … che la sorte ci assista!

Questo burocratese irrita; come l’espressione “geometrie d’aula” e l’altra, “cruscotto informativo”. Lascio ai lettori la ricerca dei significati reali.

In tema di scuola, settore dalle mille problematiche, non ce lo nascondiamo, si parla anche di microlezioni, altro escamotage linguistico per anticipare l’informazione che l’ora di lezione, quella di 60 minuti, sarà un lontano ricordo. Una microlezione dura intorno ai 40 minuti.

A seguire avremo forse una microcultura, una microistruzione, una microeducazione …

Ma torniamo alle “rime buccali” e ai ragionamenti a cui siamo stati abituati nei mesi di lockdown. Avevamo interiorizzato il concetto che la via principale di trasmissione del virus è la bocca tramite le goccioline del respiro che possono passare da una persona infetta a un’altra con un semplice colpo di tosse o uno starnuto.

Ora scopriamo che i bambini potranno stare più vicini tra loro, a meno di un metro. Dunque, un bambino, girandosi verso il compagno che siede alla sua sinistra o alla sua destra, per parlargli o anche solo per sorridergli, con questo semplice gesto, ridurrà ulteriormente la già risicata distanza tra rime buccali.

Le prime simulazioni sull’occupazione dello spazio classe con la disposizione dei banchi avevano evidenziato la difficoltà di ospitare la maggior parte delle classi costituite nelle nostre scuole.

La soluzione: ridurre il distanziamento.

Chiudo con l’autorevole commento di Carlo Cottarelli, uomo sobrio, dal linguaggio preciso e dalle idee chiare in materia di economia.

“Le linee guida ministeriali per il ritorno in classe indicano la necessità di un distanziamento fisico inteso come 1 metro fra le “rime buccali” degli alunni. Vuol dire le bocche”. scrive su Twitter il direttore dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani. “Se parliamo così, siamo certo un paese con un grande passato. È il futuro che mi preoccupa…”.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login