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Cultura

LUZI L’AMERICANO

RENATA BALLERIO - 10/07/2020

Una immagine della mostra virtuale dedicata a Luzi

Una immagine della mostra virtuale dedicata a Luzi

I giornali hanno dato notizia di una mostra virtuale, visitabile dal 2 luglio sulla pagina dell’International Research Center for local Histories and cultural Diversities, struttura che fa parte del Dipartimento di Scienze umane e dell’innovazione del territorio dell’Università dell’Insubria. Potrebbe sembrare una notiziola secondaria, destinata a interessare pochi. In realtà questa informazione, che galleggia in un mare abbastanza tempestoso tra le varie e spesso drammatiche notizie di cronaca, è la punta di un iceberg che invita a esplorare, come per i veri iceberg, quanto vi sia di sommerso.

Innanzitutto chi ha patrocinato e permesso la realizzazione di questa mostra, stimolante mix di audio e di video per una particolare animazione digitale: si tratta di uno dei centri speciali della Università dell’Insubria, istituito il 15 luglio 1999. Informazione da non trascurare per chi accusa Varese di essere sempre una bella addormentata dal punto di vista culturale. Inoltre il titolo stesso della mostra rappresenta una sorpresa che demolisce molti stereotipi: Mario Luzi e la letteratura latino americana. Luzi, il poeta ermetico fiorentino, francesista, traduttore, critico, senatore a vita, testimone di una poesia civile ed etica viene ricordato in un ambito meno noto, cioè quello di essere stato un attento indagatore, esploratore della letteratura sudamericana, che lui definì una super letteratura, anzi una letteratura autenticamente universale.

Hanno quindi ben fatto gli organizzatori a sottolineare come la mostra renda omaggio alla grandezza di una letteratura che ha svecchiato e rivitalizzato il romanzo e la narrativa in genere. Omaggio che – come si legge sul sito del centro – oggi, più che mai, vuole essere un gesto di solidarietà e d’incoraggiamento. Il direttore scientifico del Centro Speciale, professor Gianmarco Gaspari, ha acutamente affermato che la mostra valorizza un tema di grande attualità, ossia il dialogo interculturale tra popoli e tradizioni diverse, a partire dalla conoscenza di una cultura. E mai come oggi potremmo aggiungere che la vera solidarietà si base sulla conoscenza del diverso. Insomma osservare e leggere, anche solo virtualmente pannelli animati che scorrono velocemente in una simulazione digitale, le recensioni pubblicate tra gli anni Sessanta e Settanta sul Corriere Letterario del Corriere della Sera è una occasione di forte riflessione. Drammatica e attuale riflessione, se si pensa che un pannello della mostra riporta il titolo Sudamerica e disperazione con cui il poeta Luzi fa la cronaca in prosa di potenti romanzi. Last but not least è doveroso ricordare che la mostra si sarebbe dovuta tenere in agosto a Lima. E anche se troppo spesso tentiamo a non farci molto caso è fondamentale ricordare l’attuale disperazione del Perù, che è al sesto posto nella tragica classifica dei contagi. Pur con una politica prudente, con un lockdown iniziato a marzo, le drammatiche condizioni socio-economiche, il collasso del sistema sanitario in un paese di grave arretrattezza spesso dimenticato dal mondo occidentale ci obbligano a sentire vicino quel paese. E fondamentali sono le note parole di Mario Luzi «La cultura crea ponti, elimina distanze, avvicina l’ignoto, rende noto il lontano”.

La mostra del centro insubrico diventa stimolo a conoscere o a scoprire il cantore della luce, come fu definito tanti anni fa in un convegno de La Cittadella di Assisi. E soprattutto amare un uomo che scrisse: Credo che sia indispensabile, per chi voglia provarsi nella poesia, un intenso rapporto con il mondo e una strenua capacità di solitudine. Solitudine animata da tante domande: A che pagina della storia, a che limite della sofferenza / mi chiedo bruscamente, mi chiedo… come nei versi iniziali di una bellissima poesia del 1978. E noi dovremmo continuare a chiedercelo con lui che grande poeta non si illuse del dono misterioso della poesia, intesa forza salvifica o conoscitiva, ma non rinunciò mai anche novantenne ad avere fiducia nel valore della vita e della storia,

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