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Editoriale

BOH MARONI

MASSIMO LODI - 11/09/2020

maroniMaroni rivela che Salvini gli chiede di candidarsi sindaco a Varese. Ci penserà. Ma avverte: scendo in campo solo se non si trova un giovane preparato e capace. E lo si può trovare.

Tra il sì e il no, al momento prevale il ni. Cioè: Boh Maroni. Che cosa lo gratificherebbe nell’interpretare il ruolo? Il ‘ritorno al futuro’. Pioniere della Lega con Bossi e Leoni, lanciò Fassa ‘borgomastro’ bosino, stringendo un patto col capo del Pds Marantelli. Fece anche l’assessore al Bilancio, Maroni. Poi migrò verso l’altomare romano: parlamentare, ministro degl’Interni e del Welfare. Il successivo rientro nei confini lombardi fu per guidare la regione nel post-Formigoni, tra l’altro varando una contestata riforma sanitaria. A Varese venne richiamato nel 2016, a sostegno di Paolo Orrigoni, sfidante di Davide Galimberti. Persa la partita, non il posto di consigliere comunale. Uno scranno dove s’è seduto con parca frequenza e in romìto silenzio.

Rivincere qui ventott’anni dopo, significherebbe chiudere al modo di Mastella e Scajola (sindaci all’umile servizio di Benevento e Imperia, dopo le glorie romane) una carriera politica dalle tante, prestigiose medaglie. Perdere, vorrebbe dire sdrucire la stoffa cui sono appigliate. C’è da meditarci. Anche perché l’impresa costerebbe un sacrificio: l’obbligo a rispondere d’ogni errore del passato leghista. Varese non è cresciuta in qualità sotto le gestioni Fassa, Fumagalli e Fontana. Imboccato il percorso contrario, ha disceso la china: non salvando dal degrado il suo patrimonio naturale/urbano, eludendo iniziative di sviluppo, indugiando in un traccheggio senza sospiri fantasiosi e infilando topiche singolari. Per esempio l’acquisto milionario d’un rudere, la caserma Garibaldi. Se gli amministratori del centrodestra avessero operato al meglio, nel 2016 non gli sarebbe successo il peggio, ovvero di consegnare la città al centrosinistra. Galimberti si diede un profilo pragmatico e, aiutato dalle liste civiche, portò via migliaia di voti agli ex sognatori della Padania. Deluso da tempo, l’elettore medio incline a estrema cura verso la città scelse l’alternativa al post-bossismo.

Scaricare una simile zavorra sarebbe complicato anche per una personalità autorevole come Maroni, e tanto più in presenza dell’impegno di rilancio amministrativo assuntosi da Galimberti. Opera non conclusa, ma se ne vedono i lavori in corso. Che il sindaco d’oggi intende proseguire domani coinvolgendo nel progetto, oltre ai partner attuali, proprio l’area di consenso elettorale alla quale Maroni si rivolge a livello nazionale. Ha detto l’ex ministro al Corriere della Sera: “Se qualcuno volesse costruire un’offerta politica moderata, sarebbe il momento per farlo”. Una corrente di pensiero che nella Lega interpreta più Zaia di Salvini, tanto da far pensare alla proposta varesina del Capitano a Maroni come al modo per tenerselo vicino nel timore che s’affianchi al temuto avversario interno. Il governatore del Veneto è il possibile, futuro candidato premier d’un centrodestra non sovranista da sempre caro al Maroni ‘berlusconiano’. Non solo per affinità rossonera.

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