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Opinioni

NO PUFFI

ROBERTO CECCHI - 11/09/2020

puffoDopo l’ansia da pandemia-Covid, adesso arriva l’ansia da prestazione-fondi UE. In ballo non c’è solo la discussione se prendere o meno i fondi del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) che tanto turba i sonni (inutilmente agitati) di una parte politica di governo, adesso c’è anche la questione del come spendere i fondi che l’Europa ci ha assegnato. Van fatti dei progetti. Devono essere redatti bene e in fretta. Bisogna che siano credibili. Non devono essere puro assistenzialismo. Devono fare da volano per l’economia. Un bell’impegno.

Par di esser di fronte ad un orizzonte nuovo. Impegnativo, difficile e complesso. Ma nuovo. Come se fosse la prima volta che si parla di fondi UE. La dimensione straordinaria delle risorse stanziate è sicuramente una novità che merita solo il plauso incondizionato per chi è riuscito a mettere in piedi un’operazione del genere (la presidenza del consiglio UE), perché così ha dimostrato che l’Europa esiste. Ma soprattutto che esiste una dimensione solidale, che va ben oltre degli egoismi soliti delle nazioni. E questa è una novità straordinariamente rilevante.

Ma i fondi UE di per sé non sono una novità. Sono la regola. Senza troppo clamore, ne abbiamo ricevuti parecchi in passato. Circa 160 MLD ultimamente. Non è il caso di fare un resoconto esatto, l’importante è sapere che quei fondi non li abbiamo ancora spesi, se non in parte. Una piccola parte. Il resto è lì, fermo, senza prospettive e col rischio più che concreto che debbano essere restituiti, visto che non siamo capaci di usarli. Sono danari, per infrastrutture, ambiente, sviluppo locale, ecc. Perché non vengono inutilizzati? Da che dipende?

La risposta più semplice che si sente dare è che tutto dipende dalla burocrazia. Da un qualcosa o da un qualcuno capace di bloccare tutto. Una sorta di manina dispettosa, invadente e pervasiva, in grado di fermare ogni, per un motivo o per un altro. Ma senza saper bene che cosa sia, se una persona, un’associazione, una squadra di calcio o che altro. Per qualcuno è il vicino di casa, per altri l’impiegato comunale che ti rimanda indietro perché manca sempre un foglio. Comunque, sia, un puffo dispettoso che si muove con raffinata agilità al solo scopo di far del male. Un nemico facile da additare alla rabbia della gente. Onnipotente e inafferrabile. Ma finto. Maledettamente finto. Semplicemente, fumo negli occhi per chi non deve vedere come stanno le cose.

Perché, in realtà, la burocrazia non è altro che l’insieme delle regole che ci siamo dati. E le regole non le scrive il primo che passa per la strada. Le scrive la politica quando legifera e pubblica i deliberata in gazzetta ufficiale, affinché abbiano efficacia, come si dice, erga omnes, per tutti. Qualche anno fa un ministro della repubblica si fece fotografare davanti ad una gran pira di gazzette ufficiali (abrogate). Come a dire che bisognava semplificare (il ministero era quello di Calderoli). L’intenzione era giusta. Ma lo strumento era sbagliato, perché è passato il messaggio che si potesse fare a meno delle regole. Che le regole siano un sovrappiù e possano essere date alle fiamme. Mentre esistono da che mondo è mondo e, anzi, sono il sale della convivenza civile e dello sviluppo economico. Bisogna saperle scrivere e applicare con giudizio e buon senso, perché siano d’aiuto per il funzionamento della società e non d’impedimento. Serve impegno e perseveranza. Dev’essere il lavoro serio e competente di tutti i giorni e non lo sfogo di un momento di rabbia. Bruciare non serve a nulla. A meno che non si creda davvero che sia stato un puffo a scriverle.

Adesso, siamo di fronte ad una massa di risorse di straordinarie dimensioni, capaci di rappresentare una prospettiva vera di rilancio per il Paese, che va colta senza esitazioni. Ora o mai più. Non ci possiamo accontentare di ascoltare quei tormentoni che producono solo stress. Per cui, è bene vigilare su tempi e modi e non dar credito a chi parla ancora di puffi. I puffi non esistono, tantomeno quelli azzurrini. Dobbiamo vigilare perché i progetti si facciano e siano credibili. Pochi, semplici, ma chiari. In grado di indicare una strada. E che si scrivano (ri-scrivano) le regole, per portarli a compimento senza indugio.

Nei momenti difficili bisogna trovare delle parole d’ordine per riconoscersi. Quella più adatta in questo momento potrebbe essere ‘semplificazione’. Ma è meglio ‘no puffi’.

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