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Libriamo

ARTISTA DEL PARQUET

DEDO ROSSI - 11/09/2020

divareseCerto, quello era stato un anno da ricordare, per la pallacanestro a Varese. Era stato soprattutto l’anno di Joe Isaac. E proprio con una bella immagine dell’allenatore della squadra varesina con la mano alzata per salutare il pubblico si era aperto il libro che ricordiamo oggi: “Divarese: campionato 1986/87 – 180 foto di Carlo Meazza”, stampato dalle Grafiche Nicolini per l’Editore Due punti – L’Inserto, su progetto grafico di Claudio Benzoni e con testi di Edy e Roberto Marabini, di Enrico Minazzi e del sottoscritto.

Il libro è ormai introvabile, anche se ogni tanto compare qualche copia usata in vendita su EBay o su Amazon o in qualche mercatino dell’usato. Ma ad averlo in mano a oltre trent’anni di distanza, risulta chiaro come rappresenti un documento ancora significativo per gli appassionati di pallacanestro.

Non è solo la storia di un’annata particolare, questo libro. Racconta un momento, un clima, un’atmosfera che per gli sportivi varesini era stata ricca. Era stato soprattutto l’anno di Joe Isaac, dicevamo, di questo americano arrivato ad allenare a Varese grazie all’amicizia con il presidente Antonio Bulgheroni, che aveva preso in mano da pochi anni le redini della storica società varesina. Isaac con quella sua aria ciondolante e triste, con quel suo italiano parlato come se avesse sempre qualcosa in bocca, come lo parlano molti americani, sapeva esplodere solo sul terreno di gioco. E molte immagini di questo libro raccontano questa emozione.

Quell’anno la squadra di Varese aveva uno sponsor nuovo. Sulle maglie il marchio Divarese, pretendeva di esporre un falso legame con il territorio. Della città di Varese restava solo il nome e di Varese ai Benetton non importava niente. I colorati industriali veneti avevano messo le mani sul Calzaturificio di Varese, illudendo la città che esistesse la possibilità di un rilancio produttivo locale quando, forse, l’interesse del gruppo veneto si limitava al poter acquisire al prezzo di “quattro zucche e un peperone” (come dicono i veneti) i cento negozi storici che il Calzaturificio di viale Belforte possedeva nel centro storico di molte città. Ma questa è un’altra storia. Lasciamo perdere che è meglio.

Torniamo alla pallacanestro. Dopo un tecnico freddo e calcolatore come Sales, che aveva allenato la squadra di Varese dell’epoca di Antonio Bulgheroni, era arrivato sulla panchina della Pallacanestro Varese, nel 1986, questo americano che, ovunque lo mettessi, sembrava capitato lì per caso. Mangiavamo spesso polenta e improponibili zuppe di verdura a casa di Carlo Meazza, in quegli anni fotografo della squadra. E lì avevamo la sensazione che fosse felice. O per lo meno, sereno. Si portava però sempre addosso una sua inquietudine di fondo, riservata e per noi inspiegabile.

In quegli anni avevamo realizzato “Due Punti”, la prima rivista in Italia di una squadra sportiva professionistica, mettendo in pratica un’idea geniale di una donna geniale come Caterina Carletti. Erano anni allegri, quelli. Per la squadra, per i dirigenti. Anche per noi, certo. E questo libro fa emergere proprio quella allegria. La squadra in quell’anno aveva giocato il più bel basket che si potesse vedere in Italia. Isaac aveva saputo creare un gruppo lasciandogli la giusta libertà, senza ingabbiarlo in tattiche troppo studiate a tavolino. Forse per questo, nessuna squadra giocava così bene, per questo senso di libertà creativa che veniva lasciato ad ogni giocatore. La prevalenza della fantasia sulla matematica, mi piace pensare. Comunque sia, la squadra non aveva vinto il campionato. Aveva terminato al terzo posto una stagione davvero intensa. Quell’anno era arrivato dalla Robur et Fides il play Massimo Ferraiolo, serio e per bene. Dagli Stati Uniti era arrivato Charles Pittman, un nero gentile con la faccia da bravo ragazzo, di quelli che nei film aiutano le vecchiette ad attraversare la strada. A fianco l’amatissimo Thompson, col sorriso dotato di più denti del normale. Se ne era andato Larry Micheaux, non so dove. Nel regolamento erano state introdotte delle novità: il fallo intenzionale. Era stato introdotto il play-out, per stabilire chi dovesse retrocedere nella serie inferiore.

La Divarese aveva concluso la stagione regolare al primo posto. A questo brillante risultato l’avevano portata Sacchetti, Ferraiolo, Boselli, Caneva, Castaldini, Cattini, Pittman, Thompson, Vescovi, Nicora, Rusconi e Brignoli, con Zanatta general manager. Dopo i play off era terminata al terzo posto, alle spalle della ricca Tracer Milano di Dan Peterson e alla Mobilgirgi Caserta.

Questo libro per certi versi è strano: non racconta una vittoria, non celebra un successo. Racconta momenti di gioco, ma soprattutto racconta un ambiente, dal campo allo spogliatoio. Racconta un gruppo di amici, anche fuori dal campo. Racconta persone, racconta tutti quegli attimi che spesso sfuggono, nascosti dall’attenzione al gioco, al momento strettamente agonistico. E questo sguardo sulle cose che succedono, questa attenzione ai dettagli delle persone sono tipici di Carlo Meazza, del suo modo di fare il fotografo.

Sfogliamolo. Nel libro troviamo Isaac circondato da bambini che aspettano un autografo, il fermento curioso della sala stampa dopo la partita, i figli degli atleti che giocano insieme durante un allenamento, il giornalista Pigionatti che abbraccia il general manager Zanatta allungando la mano per rendere meno evidente la differenza d’altezza. E ancora: il fisioterapista Galleani che sistema le maglie con la stessa cura con cui sistema un muscolo infortunato. O l’esplosione di Isaac che stringe i suoi giocatori e subito dopo che abbraccia con ampi gesti tutto il pubblico del palazzetto. E potremmo proseguire: Antonio Bulgheroni in disparte, solo, all’inizio del corridoio che conduceva agli spogliatoi ad osservare attento quell’ingranaggio di uomini e di cose, quel circo in festa che aveva saputo mettere in piedi unendo capacità imprenditoriale e passione. E ancora Bulgheroni accanto ad una giovanissima Antonella Clerici, dal fisico allora adolescenziale allora lontano dai fornelli, che lo intervistava per Telereporter. Tanti momenti.

Ma sono due in particolare le serie di immagini che caratterizzano questo libro: Pittman che gioca con suo figlio prima di un allenamento e la felicità di Isaac con le mani sollevate a V verso il pubblico, con un gesto di ringraziamento: è grazie a voi che abbiamo vinto, sembra dire.

Ecco, i libri che presentiamo in questa rubrica per RMF online sono libri locali minori, libri fuori mercato, storie minime che raccontano frammenti di eventi a loro volta poco importanti. Eppure la loro verità è proprio in questo aver saputo fermare cose piccole, piccole felicità, attimi. Ecco, gli attimi.

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