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Cultura

PER NON SMARRIRSI

RENATA BALLERIO - 18/09/2020

liliana-segreEugenio Montale, morto a Milano il 12 settembre 1981, in un suo Mottetto ordinava al tempo, impietosa forbice, di non recidere il volto della donna amata, di non far, dunque, precipitare nell’oblio quanto la vita ha dato o, peggio ancora, di tagliare in modo netto i ricordi.  Questa poesia, come ben sanno gli studenti, è un tassello importante per una tematica che ha attraversato nei secoli la letteratura: il valore della memoria. E se nella letteratura novecentesca si è spesso avvertito l’affrontare il tema come un ripiegamento tutto individuale, la storia ha obbligato anche la letteratura alla responsabilità di fissare avvenimenti violenti e drammatici, spietatamente disumani, e di raccontare, talvolta, l’indicibile. Basti pensare alle crude descrizioni dell’ungherese Imre Kertesz, premio Nobel nel 2002. Proprio per questo, senza condividere il pensiero di chi considera la letteratura – di per sé – una finzione, anche quando è intrisa di vita autentica, è innegabile che la memoria storica, a maggior ragione, non può essere recisa da nessuna forbice. Proprio per questo dobbiamo interrogarci sull’affermazione, solo in apparenza provocatoria, che La memoria rende liberi. È il titolo di un noto libro, curato da Enrico Mentana e centrato sull’impegno da parte di Liliana Segre a tenere responsabilmente viva la memoria degli orrori nazisti e di tutto il carico d’odio che li provocò.  Il recente novantesimo compleanno della senatrice Segre, preziosa testimone, come l’ha definita il Presidente Sergio Mattarella, offre l’occasione per ragionare su questo tema, vitale per la cultura che sempre più sembra essere soffocata dallo smarrimento di un presente, spesso involgarito anche nel linguaggio per povertà di idee.  Essere grati a Liliana Segre, cittadina onoraria di Varese dal 2019, non è mai un atto formale, scontato o dettato dall’occasione. Potremmo, a buon diritto, applicare quanto si dice per le note musicali che, anche se sono sempre sette, si possono sempre trovare nuovi approcci e strade. Ed è questo che la voce di Liliana Segre fa, da quando negli anni Novanta, ha sentito l’urgenza di smuovere le coscienze, evitando, però, con coraggio il dovere retorico della memoria. Restano ancora valide le parole che nel 2005 scrisse per lei il Cardinale Carlo Maria Martini. “Ho ascoltato Liliana Segre una sera di qualche anno fa. Mi colpì il suo modo pacato e oggettivo di parlare di argomenti tremendi, con una fortissima partecipazione emotiva che traspariva dietro le parole ma non cadeva mai nella retorica. Mi colpì anche la sua assenza di odio, la sua capacità di cogliere segni di vita anche in luoghi di morti

Non sono solo parole elogiative ma un modello educativo per giovani, come per esempio per gli studenti di Cunardo che, proprio in questi giorni, fanno un loro viaggio della memoria, rendendo omaggio anche ai caduti delle Fosse Ardeatine, e – perché no – per adulti responsabili. Proprio per questo è giusto dare spazio a quanto si può leggere nell’efficace libretto di Emanuela Zuccalà, Sopravvissuta ad Auschwtz. Liliana Segre, fra le ultime testimoni della Shoah.

Oltre a sottolineare i limiti di un coinvolgimento emotivo in tema di orrori, quali quelli della Shoah, l’educazione – si legge nel piccolo ma ricco saggio – può e deve promuovere un’integrazione reale tra storia e memoria, collegando testimonianze e fonti documentarie, informazioni e interiorizzazioni del ricordo, piccola e grande storia, evitando sia il rischio della sacralizzazione sia quello della banalizzazione. Potremmo, infatti, aggiungere con qualche forzatura nei confronti del testo di Montale che dobbiamo impegnarci tutti noi a non far calare mai la nebbia di sempre sulla storia.  Ma potremmo anche fare nostro l’impegno di Amos Luzzato, morto, per una coincidenza che Jung avrebbe giustamente chiamato sincronicità, lo stesso giorno del compleanno di Liliana Segre: anche lui ebreo laico, impegnato a combattere ogni forma di razzismo e populismo. Varrebbe la pena rileggere di questo scrittore-medico almeno un suo testo. Il romanzo Hermann in cui un ebreo tedesco, nella Roma del dopoguerra, consapevole che il passato è passato ma smarrito di fronte al futuro, decide di insegnare a piccoli ebrei poveri. Il che vuol dire: la memoria si insegna pensando al futuro per cercare di non perdersi.  E battersi sempre contro ogni forma di razzismo e di odio, come fece Eduard Kornefeld, altro grande testimone, morto a 91 anni a Zurigo l’8 settembre. E non dimenticare chi, come Roberto Finzi, insegnante alle scuole medie, alle superiori e all’Università, storico dell’antisemitismo, morto l’11 settembre, è stato uno studioso attento anche dei pregiudizi e delle discriminazioni.

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