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Cultura

CASTELLO D’ARTE

LUISA NEGRI - 08/10/2020

 

Varese è sempre stata terra di buona arte. Le nostre chiese custodiscono opere preziose di maestri come Morazzone e Cairo, Crespi (Il Cerano), Nuvolone e Magatti. Ma tutto il territorio attorno al capoluogo vanta lavori di grande pregio, a firma di antichi maestri dai nomi di primissimo piano come Bernardino Luini, nativo di Dumenza, appartenente alla scuola dei leonardeschi, e Masolino da Panicale- allievo e collega di Masaccio- che lavorò lungamente in quel di Castiglione Olona per conto del cardinal Branda Castiglioni.

Altri artisti, come Giovanni Carnovali detto il Piccio, nativo di Montegrino Valtravaglia e molto caro allo scrittore Piero Chiara, hanno accresciuto il patrimonio artistico e la fama di Varese e dintorni.

L’arte tramandata nel tempo, da un maestro all’altro, annovera così anche nel nostro territorio ampia testimonianza e la conferma di una propensione tutta italiana al bello. Sarà il bello del paesaggio, tra laghi e monti, che ispira chi vi nasce, o vi arriva e ci si ferma. Sarà una linfa che scorre di generazione in generazione, sarà la contaminazione felice di chi sceglie di rimanere per sempre, facendo proprie le buone radici di altri.

Forse non ne eravamo del tutto convinti, ma il tempo presente ci fa via via capire come l’Arte sia indispensabile e presente tra noi.

La conferma arriva anche dalla bella mostra, a cura di Sergio Rebora, “Nel salotto del collezionista. Arte e mecenatismo tra Otto e Novecento”, promossa da Fondazione Cariplo, Fondazione Comunitaria del Varesotto e Comune di Varese, inaugurata la scorsa settimana presso il Castello di Masnago.

Per l’occasione il sindaco Galimberti ha ricordato il successo della recente rassegna di Guttuso a Villa Mirabello, che ha riportato Varese ai fasti di alcune celebri mostre tenutesi nella stessa sede, ideate da Chiara, Isella, e Tavernari negli anni Cinquanta e Sessanta. E di quelle curate da Silvano Colombo negli anni Ottanta, dedicate a Cairo e a Guttuso.

Sergio Rebora e gli organizzatori hanno soprattutto ricordato i grandi mecenati del territorio, i Ponti, i Borghi, i Cantoni e i Turati, i Rossi, i Maino, i Tallachini, gli Armellini, i Litta Visconti Arese, che hanno ornato e fatto nascere in terra varesina dimore e opere di grande interesse artistico.

Il nostro castello appare sfolgorante nelle sale del piano nobile, dove si incontrano- tra le settanta opere in mostra, alcune firmate da Pellizza da Volpedo, Gaetano Previati, Daniele Ranzoni, Carlo Fornara, e Carlo Gerosa, ritrattista ufficiale di Carlo Manzoni- anche i nomi e i quadri dei “nostri” Montanari e De Bernardi, accanto ai gioielli di artisti come Hayez e Balla- di proprietà del Castello- e ai capolavori di Adolfo Wildt (Museo della Società gallaratese per gli Studi Patri) e Lodovico Pogliaghi. Artista poliedrico ma anche grandissimo esempio di collezionista e mecenate, gli è stata significativamente dedicata una specifica sala.

Varese vanta altri ottimi musei come il Baroffio, un gioiello che contiene opere di alto livello, parecchie collezionate da Monsignor Macchi, e la stessa casa-museo del Pogliaghi.

E che dire di Villa Panza, dono di Giuseppe Panza al Fai, per Varese un faro di cultura dell’arte contemporanea che ha visibilità in tutto il mondo, con mostre (ricordiamo solo quelle di Viola, Wender e Wilson) visitate da migliaia e migliaia di visitatori?

Ultima arrivata in ordine di tempo, ma già di fondamentale importanza, è la bella villa di inizio Novecento della Fondazione Morandini in via Cairo. Restaurata al meglio, accoglie la produzione eccellente e nitida di un maestro del design ben noto e caro alla città, nella quale vive e risiede da anni. Anche l’opera di Marcello Morandini è un faro che illumina Varese. Il maestro di radici mantovane, che ha compiuto gli ottanta anni proprio nel 2020, ha lavorato tanto nella sua Varese, lasciandole il portato di un’affezione consacrata in progetti e opere frutto della sua buona mano.

È tempo di essere consapevoli e fieri di tutto questo patrimonio, di frequentarlo il più possibile e farlo conoscere. L’arte è amore e sacrificio per chi la dona, godimento e infinita consolazione per chi la avvicina da osservatore.

In tempi difficoltosi per ciascuno di noi è bene che il nostro sguardo si appunti più che mai su opere e luoghi di storie e persone indimenticabili.

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