Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Urbi et Orbi

SPIRITO MISSIONARIO

PAOLO CREMONESI - 08/10/2020

trappisteCi sono tanti protagonisti sul palco di questa vicenda. Monsignor Jose Cordiero, vescovo della diocesi di Bragança-Miranda che da anni soffre per la mancanza di un monastero trappista in Portogallo (nel passato erano ben ventiquattro). Gli abitanti di Palaçoulo, piccolo centro del nord del paese, sconosciuto ai più. Due amici romani che da un anno raggiungono Vitorchiano ogni settimana per impartire alle suore lezioni di portoghese.

Sta nascendo così il monastero Trappista di Santa Maria Mãe da Igreja nella sperduta regione agricola di Tras os montes, dove i giovani se ne vanno e i vecchi muoiono di abbandono.

Lo ha raccontato, nel corso di un incontro al centro giovanile di Roma ‘La Navicella’, suor Margherita che da Vitorchiano, grazie ad una speciale dispensa della badessa, ha reso partecipi i presenti di questa storia straordinaria.

“La decisione di partire -racconta- è nata da due fattori: una nostra esigenza perché oggi il monastero conta 78 sorelle e non ci sono quasi più celle disponibili per chi volesse entrare e, secondo, l’incontro con monsignor Cordeiro, che ha espresso il desiderio di “avere per la sua gente un luogo che testimoniasse la centralità della vita cristiana attraverso il lavoro e la liturgica”. La risposta degli agricoltori portoghesi, è stato un miracolo. “Ci hanno regalato – continua la suora – il terreno su cui stiamo costruendo la foresteria e dove sorgerà il monastero vero e proprio. Abbiamo una mappa commovente con i nomi dei donatori scritti su ciascun lotto: ventotto ettari senza i quali non avremmo potuto far nulla. Tutto questo ci ha fatto ‘arrendere’, come fosse una delicatezza della Madonna”.

In tutta Italia a dispetto della crisi della cristianità, il monachesimo femminile registra un imprevisto sviluppo. Basti pensare, per fare un esempio, alle romite ambrosiane del Sacro Monte di Varese. Ma per le suore di Vitorchiano, trappiste dell’Ordine Cistercense della stretta osservanza (uno dei più rigorosi nell’applicare la Regola di San Benedetto) dal 1957 non vi è stato un anno senza nuove vocazioni. Molto di ciò si deve all’amicizia che nacque tra don Giussani e madre Cristiana, la (allora) giovane superiora che nel 1964 accolse una ragazza del liceo Berchet di Milano inviatagli dal servo di Dio.

Oggi il monastero in provincia di Viterbo è una vera e propria cittadella della santità: in una vita plasmata dalla fede, dalla liturgia, dal lavoro manuale, le suore tendono insieme a lasciarci trasformare dall’Amore, dalla Persona di Cristo, poiché la loro vita non si fonda su un’idea o una decisione etica, ma sull’ incontro con Gesù che si rinnova ogni giorno nella Chiesa e nella comunità. Dai loro laboratori escono famose marmellate vendute in tutt’ Italia. La recita di compieta viene diffusa alle 22.15 (in differita) da Radio Vaticana.

“Partiamo certe – prosegue suor Margherita – che la comunità cristiana monastica nella sua concretezza non è qualcosa di superato nella nostra Europa. Piuttosto, è ancora l’unica risposta che possiamo dare agli uomini che abitano le nostre terre”.

Vocazione certo particolare, ma per il mondo. Quella in Portogallo, infatti, non è la prima fondazione a lasciare la “casa madre”. Ce ne sono altre in Italia, a Valserena, in Argentina, in Cile, in Indonesia, in Venezuela e nelle Filippine. C’è la presenza di cinque sorelle in una comunità della Repubblica Democratica del Congo, mentre altre realtà sono fiorite in Siria, Angola, Brasile, a Macao e in Repubblica Ceca.

All’inizio, per il Portogallo, partiranno in dieci. Un gruppo ben assortito, per facilitare il nascere in loco della vita monastica senza lasciare in difficoltà chi rimane. A capitanarle suor Angela, una ‘giovane’ recluta che ha appena compiuto 80 anni!

La partenza non è priva di difficoltà. Ci sarà da costruire tutto e la terra dove sorge il nuovo monastero è sperduta, lontana dalle grandi vie di comunicazione. “La fondazione è stata ed è un dono – sottolinea Margherita – ma penso che nessuna di noi sogni chissà quale avventura. C’è una dimensione di distacco e di sofferenza, perché viviamo da sempre radicate in un luogo e siamo costituite dai volti della nostra comunità ma anche la coscienza di essere strumenti del Signore”. Grazie alle lezioni intensive di portoghese degli amici romani, il manipolo è pronto per partire. Avrà il compito di gettare un seme di presenza in una terra, quella europea, diventata arida. Ma getteranno anche semi veri e propri visto che uno dei progetti per rendersi autonome è quello di impiantare alcuni vigneti, data la particolarità della terra dove sorgerà il monastero. Dalle birre della Cascinazza di Buccinasco ai vini bianchi e rossi di Vitorchiano la comunità enogastronomica monastica si allarga. D’altronde anche Dom Perignon, ideatore secondo alcuni dell’omonimo champagne, era un benedettino.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login