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Zic & Zac

AMICALE DISSENSO

MARCO ZACCHERA - 15/10/2020

papaÈ lecito per un cattolico dissentire dal papa? Non sto parlando dal punto di vista dottrinale o teologico, ma rispetto alle posizioni che un pontificato difficile come quello di papa Francesco ha deciso di assumere su alcuni problemi del mondo e sul taglio “politico” scelto nel denunciare i gravissimi problemi dell’umanità.

Con amicizia e assoluto rispetto penso di sì, e lo scrivo con tristezza.

Credo che per esempio l’ultima enciclica di Francesco sia giusta, oso dire ovvia, ma con una lettura tutta “politica” di alcuni fatti e forse intempestiva. È giusto il richiamo del papa al Vangelo e alla conseguente necessità morale per ogni cristiano di collaborare attivamente per accogliere ed aiutare tutti, ma – soprattutto in questo momento – il taglio dato dalle esortazioni papali rappresenta a mio avviso una lettura discutibile alla situazione del mondo oltreché – sul piano interno italiano o delle elezioni USA – una evidente scelta di campo.

Credo che ci siano anche numerose tematiche sulle quali il papa dovrebbe finalmente esprimersi con altrettanta determinazione.

Temo che milioni di cattolici sentano sempre più fredda una Chiesa che sembri tutta protesa solo sulle tematiche sociali, ecologiste e legate all’immigrazione, se contemporaneamente rischia di dimenticare le realtà critiche delle proprie comunità dove già sono innumerevoli i problemi e le difficoltà, compresa la stessa sopravvivenza di una Chiesa sempre più lontana dalla società.

Anche la recente epidemia ha messo il sigillo ad un crollo della partecipazione alle funzioni religiose, ma non una sola voce critica si è alzata dalla Chiesa italiana a sottolineare le assurdità delle normative di governo che impongono le distanze nelle chiese – rimaste chiuse per mesi – ma di fatto non per la “movida”.

Affermare poi che “l’emigrazione è un diritto” e non prendersela apertamente con i governanti scellerati di mezzo mondo che la creano o verso chi ne fa oggetto di speculazione e di traffico è un controsenso. C’è un “diritto” a rimanere con dignità nel proprio paese e a non emigrare, ma troppe volte c’è silenzio in Vaticano verso quei governanti che non rispettano i diritti umani e che di fatto la moltiplicano.

Così come rischia di essere sterile la denuncia verso chi ha le massime responsabilità per l’inquinamento e lo sfruttamento esasperato delle risorse della terra (ed alludo alle grandi nazioni e alle multinazionali finanziarie nel mondo) se non si ha il coraggio di identificare e denunciare in primis le responsabilità di quella Cina comunista massima espressione oggi di sfruttamento umano, ambientale e planetario. Un paese verso il quale papa Francesco sembra invece nutrire una silenziosa e ambigua tolleranza, così come sono incomprensibili molte altre scelte vaticane in politica estera.

La Chiesa cattolica sembra voler abdicare al proprio ruolo spirituale per buttarsi nel campo delle tematiche sociali “pratiche” dell’uomo il che forse è giusto, ma il fedele percepisce il contemporaneo affievolirsi di ogni spirito missionario, vede il vuoto e il disinteresse delle nuove generazioni verso il sacro, non capisce perché – in nome di una doverosa fratellanza umana – si rinuncia ai propri connotati cristiani in un relativismo che mai era esploso come in questi anni.

Tornando al tema dell’immigrazione perché Francesco non richiama – ad esempio – anche le responsabilità delle Conferenze Episcopali cattoliche nazionali? In molte nazioni del mondo potrebbero localmente creare una rete di strutture per preorganizzare una emigrazione controllata e consapevole, oppure impegnarsi a gestire meglio le risorse per aiutare le persone a non emigrare.

Giusta comunque l’accoglienza di fratellanza umana al migrante, ma perché deve anteporsi alle altre già insufficienti forme di carità, per esempio verso milioni di cattolici poveri e abbandonati (anche in Italia) dalle chiese locali sia per mancanza di mezzi che di vocazioni, religiose o laiche che siano? Quanti cattolici anziani – per esempio – non hanno più un riferimento quando finiscono in una struttura sanitaria o assistenziale, ormai quasi tutte “laiche” e dove anche i segni esteriori – dalle cappelle a un crocefisso – sono stati laicamente aboliti?

Anche di questo dovrebbe parlare papa Francesco e forse la Chiesa non dovrebbe diventare prioritariamente una specie di assessorato ai servizi sociali, ma essere prima di tutto testimonianza verso il sacro e la crescita spirituale per offrire un “pane” diverso all’umanità.

Quante domande vorrei rivolgere a chi deve godere sempre del rispetto di tutti i fedeli, ma che nell’indicazione delle “priorità” lascia a volte per lo meno perplessi.

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