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Stili di Vita

ROULETTE RUSSA

VALERIO CRUGNOLA - 15/10/2020

Angelo Morbelli, Pio Albergo Trivulzio, 1882-83

Angelo Morbelli, Pio Albergo Trivulzio, 1882-83

La vecchiaia è una roulette russa. Buona parte del caricatore contiene pallottole. Posso restare lucido, consapevole, memore e autosufficiente, ma è probabile un esito negativo, a cui potrei consegnarmi in modo inconsapevole, immemore e dipendente da terzi. Ma se dipendo da altri vado incontro a una seconda e una terza roulette russa. Troverò aiuto in un’istituzione pubblica per far fronte ai miei bisogni? Chi gestirà la mia dipendenza? Chi mi difenderà? Spero non sia il mio caso, ma lo è di molti, forse dei più.

In Italia un servizio di assistenza specifica e individualizzata per i bisogni degli anziani non esiste o non ha radici. Quanto a chi assiste l’anziano, imbroccare la persona giusta è difficile, e con chiunque vi è sempre un ampio margine di azzardo. A ciò si aggiunge il discrimine di sempre: chi dispone di strumenti culturali, agiatezza economica e relazioni e affetti ancora solidi, ha qualche probabilità in più di cavarsela, ma nemmeno questi rari privilegiati possono dirsi al sicuro.

I soggetti più a rischio sono gli anziani soli perché vedovi o single senza figli o nipoti o senza parenti stretti che se ne occupino in modo stabile e non occasionale, o perché il loro partner non può supplire ai bisogni pratici e psichici ordinari, o perché patiscono ulteriori deficit di socializzazione oltre a quelli già imposti dalla vecchiaia.

La crescita dell’età media non si accompagna a cure risolutive per i vari danni cerebrali che incombono sulla persona anziana, che magari nemmeno se ne accorge. Questo insieme di rischi è un grave problema sociale, non risolvibile nelle forme dell’assistenza tradizionale del welfare o grazie alle eufemistiche “case di riposo”. Al ricovero o alla baggina la pena per la perdita della propria casa e la lenta evanescenza delle relazioni amicali e parentali è solo parzialmente lenita dalle cure assicurate (non tanto, nell’infelice Lombardia!).

In genere non siamo preparati per affrontare i problemi delle persone anziane con difficoltà psichiche. Non offriamo servizi adeguati a domicilio. Quasi tutto finisce a carico dei parenti. Per andare più a fondo, possiamo esaminare una situazione ormai molto diffusa. Nel lento declino psicofisico, in assenza di servizi alla persona, si insinuano badanti che inizialmente meritano la fiducia dei parenti, ma che poi su quella fiducia lucrano, vuoi non lavorando, vuoi facendo mancare le dovute cure alla persona e alla casa, vuoi frodando un pochino alla volta o, sempre più spesso, in grande stile, vuoi infine per la sommatoria di tutti questi elementi. Il “nero” aumenta i rischi e diminuisce costi altrimenti non sostenibili, ma anche la regolarizzazione presenta dei pericoli, perché consolida una dipendenza psichica ed esistenziale e indebolisce i controlli parentali. A sua volta il mercato del badantato è dequalificato, sotterraneo e oscuro, e spesso è retto da un vero e proprio caporalato “etnico”. In situazioni di ordinaria emergenza la persona badata non è in grado di scegliere oculatamente, ma prende quel che trova.

In altri termini, nemmeno il sistema giuridico e le norme contrattuali tutelano l’anziano. Nei rapporti di badantato il rapporto è asimmetrico a danno della persona badata, anche se per un sindacalismo anacronistico e ancorato a concetti di un remoto passato, l’anziano è un “datore di lavoro”, che come tale deve rispettare dei diritti fondamentali ma che è in verità la parte debole e non gode di pari diritti, se non la possibilità di un licenziamento semplificato senza motivazioni. Nessun dispositivo contrattuale protegge il “datore di lavoro” da inadempienze e raggiri da parte del “lavoratore”. Chi ha bisogno di servizi diventa un padrone! Nessuno cerca di immaginare una risposta adeguata all’esperienza comune e alla realtà effettiva delle cose.

Il recupero di autonomia che il ricorso ad un aiuto di terzi dovrebbe consentire, si tramuta molto spesso in una più accentuata dipendenza fisica, corporale e soprattutto affettiva e psichica. Una doppia catena di necessità nella sfera vitale e in quella esistenziale, pone la persona badata in un oggettivo stato di subordinazione che ribalta l’ammuffito presupposto veterosindacalistico del rapporto tra datore di lavoro e lavoratore dipendente. Servono norme, strutture e associazioni che difendano l’anziano, e che aiutino i parenti (non di per sé degni di assoluta fiducia) a tutelarne i diritti da servizi carenti, istituzioni latitanti, persone inaffidabili e costi insostenibili anche per anziani di presunta classe media. Gli istituti giuridici e burocratici relativi alla tutela parentale sono complicati, rigidi e spesso umilianti per la persona interessata. Una tutela informatica nei depositi bancari, nelle spese tracciabili, una revisione dei dispositivi testamentari, una più puntuale protezione dai rischi di manipolazione della volontà in tarda età a partire da documenti vincolanti sottoscritti in anticipo in condizioni di lucidità e consapevolezza del rischio, dei codici di condotta etica a tutela degli anziani non autosufficienti sul piano psicofisico possono fornire qualche utile supporto, ove vi siano soggetti ben definiti in grado di valutare situazioni specifiche (ho orrore del burocratismo giudiziario e delle sue smisurate lentezze e inefficienze, ma come vi sono tribunali dei minori dovrebbero esservi anche tribunali della terza età). Le normative giuridiche esigono dati probatori fattuali e puntuali. Le situazioni di incuria o di appropriazioni indebite o di cattive gestioni della persona non hanno prove anche quando manifeste, e rendono impunibili i comportamenti dolosi della parte “forte”, la persona che dovrebbe badare all’altro e che invece bada a se stessa.

Infine, vanno considerati i gravami che pesano sull’anziano che deve tutelare un consanguineo altrettanto anziano e più debole e farsene carico con il proprio tempo e le proprie risorse, anzitutto emotive e fisiche.

Sono temi da discutere con realismo. Queste situazioni si declinano con molte varianti ma, essendo sempre più frequenti nella solitudine politica, sociale, assistenziale e relazionale in cui versano oggi gli anziani non più autonomi, pretendono risposte non scolastiche e non retoriche.

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