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Libri

MARRONE, PARTIGIANO DELLA LIBERTÀ

CESARE CHIERICATI - 23/10/2020

La lapide a Marrone presso il municipio di Varese

La lapide a Marrone presso il municipio di Varese

Il calvario di Calogero Marrone, capo dell’ufficio anagrafe del Comune di Varese dove si era trasferito da Favara, in provincia di Agrigento, nel 1931, è scandito a pagina 294 della nuova edizione (terza a partire dal 2002, le prime due con Ibio Paolucci) del nuovo libro a firma Franco Giannantoni a lui dedicato. Marrone fu assassinato a Dachau il 15 febbraio 1945 dove era stato deportato.

Come molti ormai dovrebbero sapere il funzionario siciliano, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e all’apparire dei tedeschi in una Varese sostanzialmente indifferente, aveva rilasciato centinaia di documenti falsi e in bianco a ebrei e ad antifascisti affinché potessero sfuggire alle retate. Una vicenda puntigliosamente ricostruita grazie a una ricerca storica che ha consentito di fare uscire dall’ombra la sua memoria. Questo complesso lavoro, condotto setacciando archivi e raccogliendo preziosissime testimonianze, è stato l’asse portante di una proposta che ha convinto un’apposita Commissione israeliana, presieduta da un giudice della Corte Suprema, a inserire a pieno titolo Calogero Marrone nell’albo dei “Giusti fra le Nazioni”. Era l’8 gennaio 2013. Quella data concludeva positivamente un lungo e faticoso processo di ricostruzione dei fatti al quale ha fornito un contributo importante di sensibilità e rigore istituzionale l’allora Ministro della Giustizia del Governo italiano, avvocato professoressa Paola Severino.

Si diceva all’inizio del percorso carcerario di Marrone dove la sua storia di coraggioso oppositore al totalitarismo si intreccia fatalmente con la “grande” storia dell’Europa messa in ginocchio da Hitler. Venne arrestato il 7 gennaio 1944 nella sua abitazione di via Mario Chiesa, oggi via Sempione. Alcuni giorni prima gli era stata recapitata una lettera di sospensione dal servizio inviatagli da Domenico Castelletti, eletto sindaco di Varese nel ’24, in seguito podestà fino al ’43 e per un mese nel ’44. Fu l’esito finale di una delazione maturata forse negli stessi uffici che lui dirigeva. Padre di quattro figli, non cercò di sfuggire alla cattura temendo ritorsioni per la sua famiglia, malgrado fosse stato informato qualche ora prima da Don Luigi Locatelli, canonico di San Vittore, di un possibile arresto. Venne rinchiuso nel carcere dei Miogni, sotto giurisdizione tedesca, fino al 25 dello stesso mese e quindi trasferito nel penitenziario San Donnino di Como. Sei mesi dopo (20 luglio 1944) su un registro accanto al suo nome appare l’ordine di liberazione con firma di presa visione dello stesso Marrone. Una drammatica coincidenza della storia fece sì che proprio quel giorno, più o meno intorno alle 12.30, si consumasse a Rastenburg, nella cosiddetta “tana del lupo”, oggi Ketrzyn piccola cittadina della Masuria polacca, un attentato a Hitler da cui il dittatore usci quasi indenne. Lo aveva organizzato e guidato (operazione Valchiria) il colonnello Claus Schenk von Stauffenberg, alto esponente militare della vecchia aristocrazia prussiana che intendeva negoziare una pace separata con gli Alleati per evitare alla Germania ulteriori disastri e sofferenze. Nel pomeriggio dello stesso giorno si concretizzò anche l’attesa visita al Fùhrer di Benito Mussolini.

All’attentato seguì una repressione feroce e un ulteriore irrigidimento amministrativo di tutte le strutture militari e civili in mano ai nazisti. Fu forse per questa ragione che la scarcerazione di Marrone non avvenne e che il suo calvario continuò implacabile prima a San Vittore a Milano, poi nel “campo di transito” di Bolzano-Gries e infine nel campo di sterminio di Dachau dove mori di tifo. Calogero Marrone, “Un eroe dimenticato”, come titolavano le prime due edizioni del libro a lui dedicato, non era un testimone di giustizia, di libertà e di solidarietà venuto dal nulla, come un fiore in un campo di stoppie. Al contrario aveva legami discreti ma solidi con le reti di opposizione al fascismo di ispirazione socialista e comunista di cui fece parte anche lo scrittore siciliano Elio Vittorini. Ne danno ampia conferma del resto le testimonianze raccolte sul suo generoso spendersi in favore degli oppositori al nazifascismo e dei sofferenti a qualsiasi titolo.

Arricchito di notazioni e fatti che documentano le difficoltà incontrate per togliere Marrone dall’oblio e farne un “Giusto fra le nazioni”, il libro di Giannantoni pone il sigillo finale su una vicenda che la città di Varese non ha sempre gestito come sarebbe stato opportuno. Resta soprattutto il rammarico di avere dato il suo nome a una via nuova e periferica della città, alle spalle della stazione ferroviaria di Casbeno, anziché intitolare a Marrone l’attuale strada ancora oggi dedicata a Padre Reginaldo Giuliani (collega via XXV Aprile con viale Monte Rosa), cappellano militare volontario delle Camicie nere al seguito delle truppe inviate a conquistare e sottomettere brutalmente l’Etiopia nel 1935/’36.

Il volume “Calogero Marrone. Da eroe dimenticato a Giusto fra le nazioni”, edito nei Quaderni degli amici della Resistenza è disponibile alla libreria Ubik di Varese e presso l’editore.

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