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Apologie Paradossali

TERRORE

COSTANTE PORTATADINO - 06/11/2020

Vienna, in fuga dopo l’attentato

Vienna, in fuga dopo l’attentato

(S) Non è strano che la notizia sull’attentato di Vienna abbia scalzato dai telegiornali sia il covid19, sia le elezioni USA? Solo perché il fatto era nuovo, rispetto a due temi ampiamente discussi e destinati ad occupare l’attenzione del pubblico per settimane e settimane?

(C) Vero, in gran parte, ma non dimenticare la logica del terrorismo: non importa tanto la quantità del danno, fisico o morale, quanto la capacità dell’atto di seminare il terrore, di allarmare la popolazione ‘nemica’ e di piegarne la volontà. Pochi morti e feriti innocenti in una via di una città qualunque possono far pensare che domani la stessa sorte toccherà a te, tanto quanto la strage numerosa del Bataclan o il mega attacco alle Torri Gemelle. Poco importa che l’autore sia un ‘lupo solitario’ come il tunisino di Nizza o un gruppetto organizzato e bene armato come a Vienna. Esagerando un po’, dico anche che un’azione in grande stile può suscitare reazioni uguali e contrarie di grande forza, da parte degli Stati e dei Popoli, come contro AL-Qaeda.

Difenderci dal terrorismo è possibile. Ovviamente occorrono i mezzi propri della intelligence e del controllo preventivo delle persone sospette e del territorio, ma io vorrei suggerire una strategia diversa, alla portata dello Stato, ma anche della società, a patto che vi collaborino tutti, a partire dai leader politici.

(O) Mi sembra un’idea ambiziosa, lo dico per anticipare le scontate obiezioni di Conformi.

(C) La prima strategia del terrorismo, di qualunque marca o ideologia sia, è quella di farsi credere molto più forte e importante di quanto non sia, soprattutto agli occhi dell’opinione pubblica, mentre al contrario gli apparati dello Stato tendono a valutarlo solo in termini di consistenza reale, di mezzi materiali, quindi a sottovalutarne la minaccia, quasi non capendo che il secondo fine è quello di legarsi ad un proprio universo sociale, che alla fine preferirà accettare il messaggio socio-politico del piccolo gruppo terroristico ed elevarlo a ideale sociale, politico e religioso di massa. Il terrorismo è il classico strumento dei ‘rivoluzionari di professione’, cui si uniscono spesso per ragioni psicologiche più che reali, singole persone, piccoli gruppi o grandi masse.

(S) Questo significa che l’attentato di Nizza, un uomo solo con un coltello, il gruppo armato del Bataclan o quello di Vienna hanno la stessa funzione, si muovono nello stesso solco e agiscono per lo stesso fine.

(C) Esatto. Questo non vuol dire che non ci siano occhiuti registi dietro le spalle, grandi organizzazione segrete e per così dire, private, o Stati, per così dire ‘canaglia’ o quanto meno spregiudicati persecutori di progetti di potere che si valgono, direttamente od obliquamente dei movimenti terroristici.

(O) Diventa importante distinguere e se possibile separare il fenomeno terroristico da ogni possibile retroterra, politico culturale e religioso. Inoltre, non alimentare il rancore tra i gruppi etnici della società multiculturale che caratterizza Europa e America del nord.

(S) Nel triste periodo dell’azione delle Brigate Rosse in Italia dicevamo “bisogna togliere l’acqua ai pesci”.

(C) E’ proprio questo il problema che hanno quasi tutti, anzi dico tutti gli Stati europei. E’ grossissimo per la Francia, per ragioni di storia coloniale, di numero di presenti sul territorio, e del fallimento della politica d’integrazione. ‘Tutti francesi’ non funziona, nonostante gli Zidane e i Mbappè vestano la maglia della nazionale francese. Il disagio della banlieu e l’invidia sociale non si smontano vedendo il successo di un privilegiato. Occorre qualcosa di più profondo e di più convincente. L’ultimo tentativo di Macron è noto e, come ho già segnalato su queste pagine, sono certo che sia un rimedio peggiore del male. Scusate se mi cito, (apologia paradossale del 10 ottobre scorso): “Trovo invece certamente preoccupante il laicismo sottostante all’intervento di Macron, non solo per un rispetto della continuità dell’educazione familiare che comprende anche quella religiosa, (quindi per la sottrazione di un diritto fondamentale a chi, non islamico e fondamentalista, per esempio i cattolici, non ha nemmeno l’idea di educare al ‘separatismo islamista’) ma proprio perché questo presunto rimedio è certamente peggiore del male, in quanto i genitori islamici, si sentiranno offesi dall’idea laicista di Macron e saranno più facilmente indotti a comportamenti reattivi e ancor più separatisti. È sicuramente più logico e persino meno dispendioso puntare su un’accoglienza comunitaria, rispettosa delle diversità e convergente su valori condivisi, piuttosto che imposti.”

Infatti la reazione del mondo musulmano è stata immediata e forte, anche se varia, a partire dal ‘nuovo sultano’ Erdogan, che non perde occasione di sfruttare il risentimento dei musulmani in Europa, alternando insulti sanguinosi che incitano all’odio, a garbate ma insulse partecipazione al dolore delle vittime. Ma le reazioni, più o meno spontanee, spesso con caratteristiche di massa, sono preoccupanti. Un solo esempio: nel lontanissimo Bangladesh, mai coinvolto nel colonialismo francese, 50.000 manifestanti sfilano a Dhaka contro Macron. Questa notizia, ignorata dai mezzi d’informazione italiani, mi viene fornita da AsiaNews, che pubblica anche una interessante lettera di Hocine Drouiche, Imam di Nîmes, Vice-presidente della conference degli imam di Francia, scritta dopo l’attentato di Nizza, di cui di riporto i passaggi più significativi.

“Un gran numero di francesi non musulmani pensa che la reazione della maggioranza dei musulmani francesi sugli attentati terroristi dal 2015 non è all’altezza degli eventi. Essi la trovano poco chiara, poco coraggiosa e poco rassicurante. Fra i responsabili musulmani è evidente quanto domini l’immobilismo e la paura anche dopo l’ultima tragedia.

A parte l’imam Chalghoumi della Moschea di Drancy, che notte e giorno è protetto da una pattuglia di polizia, nessun responsabile musulmano ufficiale osa prendere la parola dopo l’attentato di Nizza.

I musulmani francesi hanno il diritto di difendere in modo pacifico l’immagine del Profeta; essi possono non essere d’accordo con alcune proposte del presidente della Repubblica, senza essere associati – in modo necessario e obbligatorio – alle posizioni di alcuni Paesi e leader del mondo arabo o musulmano, che vogliono sfruttare l’occasione per regolare i loro conti politici e storici con la Francia. È una loro abitudine ed essi si servono di questi soggetti delicati per creare una coesione del mondo musulmano davanti a questa avversione di facciata.

Personalmente sono scioccato da quelle caricature, ma resto convinto che la libertà di espressione sia un elemento essenziale e indispensabile di pace e coesione nella nostra società multiculturale e multiconfessionale. I francesi musulmani, grazie a Dio, hanno il diritto di non essere d’accordo perché essi vivono proprio in una società democratica che rispetta la libertà di espressione, ma anche il libero arbitrio. Da ciò ne consegue che non vi è alcun motivo per associarsi agli assassini e all’odio contro la Francia e i francesi.

L’ignobile atto contro Samuel Paty ha dimostrato l’evidente relazione che esisteva fra un islamo-fascismo interno e un terrorismo internazionale sanguinario. L’attentato di Nizza ha portato anch’esso la prova flagrante dell’influenza islamista internazionale su una larga parte della gioventù musulmana di Francia. Imam e responsabili musulmani sono coscienti di questa cosa? Cosa possono fare e come reagire e agire contro questa calamità? Come possono combattere questo pericolo interno ed esterno? Fino ad oggi l’immobilismo e la paura di parlare dominano in seno alla maggioranza degli attori musulmani sul terreno.

Eppure, alla fine di questo incendio doloso tenuto acceso da Erdogan, il Pakistan, la Malaysia e il Bangladesh, e una parte del mondo musulmano, sul nostro territorio nazionale, nessuno di essi subirà conseguenze per tutto ciò che avviene di tragico in nome dell’islam e del profeta.”

 (O) L’Imam propone un’alleanza culturale basata sul rispetto e la libertà, la propone prima di tutto ai suoi correligionari francesi. E’ una proposta realistica? Giustifica una nostra apologia della religione musulmana, sganciata da una ideologia integralista, imperiale e terroristica?

(C) L’Imam conclude così: “I francesi musulmani quale islam vogliono praticare e vivere in Francia? L’islam salafita, della Fratellanza, sufi, repubblicano, rivoluzionario, wahhabita? Queste domande sono assolutamente fondamentali e legittime. La chiara scelta di un islam umano e repubblicano che combatte tutti gli “islam” estremisti risolverà in modo definitivo la pericolosa problematica sulla questione dell’islam in Francia. Se noi non siamo capaci di portare una risposta chiara a questo grande dibattito, allora la soluzione ci verrà imposta con violenza dall’esterno, con conseguenze gravi, drammatiche, irreversibili. È ormai tempo che i poteri pubblici e i nostri rappresentanti ufficiali assimilino questo tema esplosivo.”

(S) Buoni propositi, ma saranno capaci i responsabili politici francesi, legati alla loro laicité, e i musulmani, spesso tentati d’integralismo politico-religioso, di portare a termine un simile dialogo?

(C) Auguriamocelo, ma intanto cominciamo a pensarlo come farlo nostro, smontando la storiella che i terroristi arrivano con i barconi e che buona parte di chi arriva con i barconi sia terrorista. E’ una semplificazione indegna. Fortunatamente in Italia abbiamo una presenza d’immigrati meno complessa e radicalizzata e, da parte nostra, un concetto di laicità e di libertà religiosa più sereno e comprensivo.

(S) Speriamo, purché Italia e magari Germania non diventino il ‘ventre molle’ dell’Europa, disposti ad ogni cedimento sulla nostra storia civile e religiosa, pur di salvare la pelle. La Francia tiene più alla sua eredità illuminista che a quella cristiana.

Intanto che conversiamo arriva la solita rivendicazione da parte dell’ISIS dell’attentato di Vienna, che conferma la multiformità del terrorismo di matrice islamica. Ma lasciami avanzare ancora un paio di dubbi: il prolungarsi del Covid distrarrà i governi da questi problemi. Vincere o perdere le elezioni, per tutti, dipenderà molto da come avranno fronteggiato la pandemia e il suo ben più reale terrore.  Infine l’esito delle elezioni americane, che ovviamente non conosciamo mentre discutiamo, martedì pomeriggio (e chissà se lo si saprà con certezza sabato, quando ci leggeranno); io sono convinto, per il mio solito pessimismo, che vincerà Biden e che anche gli USA diventeranno un ventre molle, verso l’Islam e la Cina. Sono convinto che comunque continuerà l’abbandono dell’Europa a se stessa, già iniziato da Trump e che quindi dovremo deciderci se resistere oppure se rinunciare ad ogni compito di equilibrio internazionale e di difesa della civiltà fondata sulla libertà, anche sulla porta di casa, nell’Africa mediterranea e nel Medio Oriente. Senza nemmeno un briciolo di forza, non c’è dialogo che possa andare a buon fine. Non ci crede neppure Onirio il sognatore.

(C) Onestamente non ci credo nemmeno io, benché non preveda né mi auguri la riconferma di Trump. Ma penso soprattutto ad una forza morale, che sappia fare buon uso di ogni altra forza, in qualche caso necessario, come di fronte alla minaccia dell’ISIS, che è intrinsecamente una minaccia militare. Desidero e spero sinceramente che la nostra civiltà, caricata del ‘fardello dell’uomo bianco”, non cada sotto il suo peso e non lo rifiuti, abbandonando il proprio compito storico che rimane unico al mondo, malgrado tutti gli errori.

(S) Sebastiano Conformi (C) Costante (O) Onirio Desti

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