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Urbi et Orbi

FORTEZZA INCROLLABILE

PAOLO CREMONESI - 06/11/2020

oropaE all’improvviso te lo trovi di fronte dopo chilometri e chilometri di strade tra montagna, boschi e vallate: imponente, quasi militaresco.

In un altopiano dove dovrebbero esserci solo boschi, mucche e pascoli ti imbatti nel Santuario di Oropa, in provincia di Biella. Quota 1.159 metri di altezza.

Quando ci arriviamo, in autunno inoltrato, il grigio della struttura contrasta con i gialli e i marroni dei castagni, dei tigli e dei faggi.

Mura, piazze lastricate, pareti. Intorno la natura. L’edificio contiene la bellezza di 500 stanze dove poter dormire. Due le chiese, tre i cortili, fontane. All’ingresso negozietti con antiche insegne “salumeria”, “latteria” si alternano alle solite botteghe di articoli religiosi.

È una specie di avamposto militare. D’altronde era una guerra di fede in piena regola quella che opponeva nel quarto secolo il vescovo Eusebio agli eretici ariani che negavano la divinità di Cristo. Attivi soprattutto in Svizzera e Austria furono, nei secoli a venire, la causa del contrattacco cristiano sferrato a colpi di Sacri Monti (come quello di Varese) e santuari con al centro la figura di Maria, madre di Gesù, vero uomo e vero Dio.

Lasciata la macchina nell’ampio parcheggio ci si inoltra nella prima corte. Al centro la fontanamadonna-di-oropa3-150px dei mestoli. Oggi ovviamente inutilizzabile per la prevenzione anticovid, per secoli è stata usata per rinfrancarsi dai viandanti che arrivavano da Biella, Santhià o città piemontesi ancora più lontane in direzione Val d’Aosta.

A destra la Basilica Antica in cui nel 1620 si tenne la prima incoronazione della Madonna nera, cerimonia che si ripete ogni cento anni. Al fondo della navata la statua lignea accoglie con immutata semplicità le suppliche dei pellegrini che si snodano nei secoli. Gruppi di fedeli si alternano nel rosario. Il manto azzurro è fatto anche da minuscoli ritagli di tessuto offerti dalla popolazione locale: artigiani, padri e madri di famiglia, anziani, bambini. A sinistra della struttura un pezzo di roccia dove la leggenda vuole che Sant’Eusebio abbia posto la prima immagine venerata della Madonna.

Uscendo dalla Chiesa altra rampa di scala ed altra piazza. Si arriva alla Basilica Superiore, una costruzione monumentale che dialoga con le montagne circostanti. La cupola si eleva per oltre 80 metri. Il moderno ciborio che sovrasta l’altare maggiore è opera di Giò Ponti.

il ciborio di Giò Ponti

il ciborio di Giò Ponti

Già nella seconda metà del XVII secolo si avvertì la necessità di una chiesa più grande: il numero di pellegrini che giungevano al santuario aumentava di anno in anno e la prima basilica non era più in grado di accoglierli. Tanti furono gli architetti coinvolti: Guarino Guarini, Bernardo Vittone, Filippo Prunotto, Ignazio Amedeo Galletti, Luigi Canina, Alessandro Antonelli. Per disporre dello spazio necessario alla costruzione i progettisti deviarono persino il corso del torrente Oropa. La prima pietra fu posata nel 1885. In occasione della quarta Incoronazione del 1920, a cui presero parte 150 mila persone, venne terminato il pronao con l’iscrizione dedicatoria: “Reginae Montis Oropae”. La consacrazione definitiva e’ del 1960. L’interno, imponente, ospita anche un museo dei presepi.

Oropa, sia pur realizzata per gradi, si propone come una “global experience“: a sinistra un Sacro Monte, costituito da 19 cappelle. Poi un osservatorio meteosismico, una stazione radio, un museo che conserva i documenti che hanno scandito la storia del Santuario.

Ancora: un giardino botanico di 20.000 metri quadri in cui sono coltivate 500 specie e varietà di piante, decine di sentieri si immergono nella natura del Piemonte. Infine una funivia che porta al Monte Mucrone a quota 2330 metri.

Certo tutto il complesso soffre delle restrizioni in corso e delle incognite del futuro. “Per noi i mercatini di Natale erano una certezza” racconta per esempio una esercente “oggi non sappiamo nemmeno cosa ci aspetta”. Per consolarsi non resta che sedersi e mangiare in uno dei locali del Santuario uno squisito piatto di polenta concia, ricetta tipica del posto: “Deus qui fecit totum, benedicat cibum et potum”.

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