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Attualità

JORGE E JOE

SERGIO REDAELLI - 20/11/2020

L'incontro di Francesco con Joe Biden, allora vice di Obama, nell'aprile 2016

L’incontro di Francesco con Joe Biden, allora vice di Obama, nell’aprile 2016

La telefonata di congratulazioni è finalmente arrivata e ha chiuso la bocca a quanti ipotizzavano, malevolmente, che la Santa Sede non approvasse del tutto la scelta dei quasi 78 milioni di americani che hanno portato Joe Biden alla Casa Bianca (la cerimonia ufficiale a gennaio 2021, bizze di Trump permettendo). I motivi della presunta esitazione? Il fatto che il neo presidente difenda la legalità dell’aborto (egli è personalmente contrario all’interruzione della gravidanza, ma non vuole imporre il proprio punto di vista alle donne). Per questo il vescovo della cittadina della Pennsylvania dove Biden è cresciuto si rifiutò di dargli la comunione nel 2008 perché “sostenitore dell’aborto”.

Da qui nasce il timore che i rapporti interni all’episcopato Usa possano inasprirsi tra favorevoli e contrari al vincitore. La cautela della Santa Sede andrebbe letta, insomma, come il tentativo di non esasperare i vescovi che approvano l’avversione di Trump verso l’aborto e le unioni omosessuali. Ma proprio il voto cattolico, 60 milioni di fedeli che rappresentano un quarto dell’elettorato Usa, ha premiato Biden. Secondo un sondaggio del Wall Street Journal eseguito poco prima delle elezioni, il 49% dei cattolici è con lui. Nel 2016 invece il 52% votò per Trump. Spostarsi a destra per un cattolico americano è come prendere le distanze dal papa.

A grandi linee, chi è contro l’aborto e i matrimoni gay sta con Trump anche se la vita privata dell’ex presidente, gli scoop sulle pornostar e le denunce per molestie gli giocano contro. Biden può invece contare su chi è contro la pena di morte, su chi approva la dottrina sociale della Chiesa e l’apertura verso gli immigrati, in particolare verso gli ispanici e i messicani contro i quali Trump alza muri divisori. La spaccatura attraversa non solo culturalmente i cattolici e il Paese, diviso tra conservatori e progressisti, ma come si diceva la stessa gerarchia ecclesiastica. Gli attriti potrebbero accentuarsi se Biden cedesse all’ala democratica radicale.

I vescovi tradizionalisti Usa sono in allarme per le posizioni estreme di sinistra della deputata di NY Alexandra Ocasio-Cortez (Green New Deal, sistema sanitario pubblico, lotta alle disuguaglianze sociale, tassazione alta per i “paperoni”). Ma non mancano i segnali di buona volontà. Le berrette viola hanno accolto l’elezione di Biden con un lungo e accorato messaggio, evidenziato dalla Santa Sede, che invita allo spirito dell’unità nazionale, messa a dura prova dal rifiuto di Trump di accettare la vittoria del concorrente. L’appello alla distensione è stato ribadito dal gesuita padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica. Secondo il vaticanista statunitense John Allen jr. potrebbe ora aprirsi un’era di feeling come ai tempi di Reagan e Wojtyla, uniti nella condanna del sistema sovietico.

Biden è il secondo presidente cattolico nella storia degli Stati Uniti dopo John F. Kennedy, eletto giusto sessant’anni fa. Le cronache ricordano che Kennedy, in visita da Paolo VI nel 1963, non s’inchinò davanti al pontefice ma gli strinse la mano. Come a sottolineare che tra loro ci fosse un rapporto alla pari, fra capi di Stato, senza alcuna soggezione. Kennedy a parte, prima del successo di Biden soltanto un altro cattolico aveva partecipato alle elezioni presidenziali da candidato principale, John Kerry, poi segretario di Stato con Obama, che sfidò il presidente George W. Bush nel 2004 e fu sconfitto. Joe Biden ha parlato della sua fede nel discorso d’investitura alla convention democratica di Milwaukee.

Un messaggio su twitter del suo staff ha riferito che Francesco si è congratulato per telefono con il presidente eletto e Biden lo ha ringraziato, ha espresso apprezzamento per la leadership del papa nel promuovere la pace e i legami comuni dell’umanità. Nel corso della telefonata, Biden ha manifestato il desiderio di lavorare insieme per la dignità e l’uguaglianza degli uomini, per la cura degli emarginati e dei poveri, per la gestione della crisi climatica, l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati e dei rifugiati. Dunque piena consonanza di vedute, anche se la Santa Sede non ha emesso comunicati ufficiali. Il protocollo prevede l’invio di un telegramma di congratulazioni solo nel giorno dell’investitura, il 20 gennaio.

Che il rapporto tra Biden e Francesco possa essere più amichevole di quello che c’è tra il papa e il reticente presidente dimissionario è più che una speranza. È trascorso solo qualche giorno da quando Mike Pompeo, inviato da Trump, si presentò in Vaticano accusando d’immoralità Francesco per gli accordi diplomatici siglati con la Cina (in materia religiosa!). Forse il neoeletto presidente non riuscirà a ricomporre la spaccatura sociale, politica e teologica tra la componente più ortodossa del clero cattolico statunitense e le aperture innovative di Francesco. Ma – si fa notare – la sua elezione alla Casa Bianca dà forza ai vescovi nominati da Bergoglio che cercano di scalfire il muro ultraconservatore d’oltreoceano.

Biden è un cattolico praticante. Va a messa tutte le domeniche con la moglie Jill e prega con il rosario senza esibirlo. Ha incontrato più volte Francesco. Nel marzo 2013 rappresentò il governo di Washington all’insediamento di Bergoglio in Vaticano. Nell’aprile 2016, quando era vice di Obama, nuovo incontro in udienza con stretta di mano insieme ai partecipanti ad un congresso di medicina rigenerativa. E in campagna elettorale, il suo staff ha mostrato un video con l’immagine dell’incontro, una sorta di benedizione della sua candidatura. I rapporti sono buoni e possono mettere la parola fine alle tensioni che hanno caratterizzato le relazioni Usa-Vaticano nell’ultimo decennio, prima con il complicato dialogo tra Obama e Ratzinger e poi con quello fra Trump e Bergoglio.

Tra i nemici di entrambi c’è l’ex nunzio in America Carlo Maria Viganò, varesino di nascita, che prima delle elezioni inviò una mistica lettera di sostegno a Trump denunciando lo scellerato patto di “forze demoniache annidate nel profondo della Chiesa” contro il candidato repubblicano, organizzò preghiere per la sua rielezione e ne ottenne il pubblico appoggio. E c’è la questione cinese da risolvere. Gli Stati Uniti considerano la Cina un avversario commerciale e politico e il papa ha invece da poco concluso la proroga biennale dell’accordo sulla nomina dei vescovi cinesi. Biden riuscirà a convincere Francesco a rivedere alcune scelte di politica estera religiosa?

Pochi pensano che la Casa Bianca in mano ai democratici cambierà atteggiamento nei confronti di Pechino, considerata la capitale nemica della nuova guerra fredda. E la Cina non è l’unico avversario da battere considerando i sovranisti e i populisti sparsi per il mondo. Non si sono ancora complimentati con Biden il leader russo Putin e il brasiliano Bolsonaro. La populista francese Marine Le Pen ha dichiarato di non riconoscere assolutamente la vittoria di Biden e sappiamo che in Italia il leader della Lega Matteo Salvini gira con la maglietta “il mio papa è Benedetto” e, durante le elezioni, indossava la mascherina pro-Trump.

Politicamente Biden crede nel multilateralismo economico- commerciale, nella collaborazione con l’Europa e nella difesa dell’ambiente (mentre Trump, a urne già chiuse, disdettò l’accordo di Parigi sul contenimento dei gas serra). Quasi parlasse al nuovo presidente, il papa in ottobre ha preso tre iniziative rilevanti: l’enciclica Fratres Omnes sulla fratellanza e l’amicizia sociale, l’accordo con Pechino rivendicando l’autonomia vaticana in tema religioso, la nomina a cardinale dell’arcivescovo di Washington Wilton Gregory che ha duramente criticato l’uso strumentale del pontificato di Giovanni Paolo II e della Bibbia da parte di Trump. Jorge e Joe, insieme, indicheranno una nuova rotta?

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