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Attualità

MONTAGNA DI CHIACCHIERE

CESARE CHIERICATI - 27/11/2020

funicolareNell’annuale censimento dei “luoghi del cuore”, promosso dal FAI, il Campo dei Fiori, con la sua funicolare e l’adiacente complesso liberty del Grand Hotel, figura al 59° posto, un piazzamento più che onorevole considerando che i siti in classifica sono centinaia distribuiti lungo tutto lo stivale e sono numerosi anche quelli collocati in area insubrica, a corredo, se ancora ce ne fosse bisogno, di un patrimonio monumentale nazionale che non ha eguali al mondo. Le preferenze a favore della “montagna di Varese” sono state 3871 (si può votare fino al 15 dicembre) segno che l’attenzione verso un suo possibile e auspicato rilancio non si è affievolita nonostante i decenni di abbandono e la tempesta che di recente ha cancellato interi boschi all’interno del Parco Regionale. Una sciagura ecologica che non deve tuttavia far dimenticare il sonno profondo che avvolge da ormai sessantasette anni la funicolare e da cinquantadue l’albergo. Un abbandono e un’inerzia che fanno del complesso la quinta “piaga d’Egitto” della città dopo le stazioni, piazza Repubblica con la caserma Garibaldi, Largo Flaiano e l’ex area Macchi. Tutte “piaghe”, a diversi livelli, in fase di cicatrizzazione.

Non è il caso del Campo dei Fiori. Dagli anni sessanta di chiacchiere ne sono state fatte tante ma nulla di concreto è mai uscito dal cilindro né della politica né dell’imprenditoria. Il passaggio dai milanesi Moneta ai varesini Castiglioni alimentò speranze rimaste lettera morta mentre il gioiello del Sommaruga si trasformava in una lucrosa quanto desolata piattaforma di antenne per radio, televisioni e telefonia mobile. Fino a un ulteriore passaggio di proprietà a beneficio della società Finalba seconda spa, a valenza varesina, che oggi controlla il confratello Palace del Colle Campigli.

Neanche l’elezione del Sacro Monte a sito Unesco ha indotto a un ripensamento per rianimare nel suo complesso la montagna della città giardino, arricchita tra l’altro da un Centro astronomico e meteo di eccellenza tenacemente voluto dall’indimenticabile Salvatore Furia. Contestuale al ripristino del ramo funicolare Vellone – Campo dei Fiori, dovrebbe esserci la creazione di un parcheggio sotterraneo alla base dei due rami di risalita ferrata, ovvero alla fine della strada un tempo percorsa dai tram e risistemata negli anni 2000 per piccoli bus di collegamento con Piazzale Montanari. Ovviamente con tutte le mitigazioni ambientali oggi possibili. È un consolidato tabù col quale bisognerà tornare a misurarsi dopo l’opportuna cancellazione del parcheggio alla Prima Cappella (2016) e il non luogo a procedere, causa incompatibilità idrogeologica, per l’ipotizzato multipiano in piazzale Montanari la cui realizzazione avrebbe comunque implicato un trasbordo dalle auto private su un altro mezzo pubblico diretto al Vellone. “E si sa – scriveva Ambrogio Vaghi su RMFonline – quanto i trasbordi, soprattutto se ripetuti, disincentivino l’utilizzo dei mezzi collettivi”. In merito giova ricordare che dopo il ripristino del ramo del Sacro Monte, i fondamentalisti ambientali addirittura proposero la seguente ricetta: auto private fino allo stadio, bus dallo stadio al citato piazzale Montanari, mini bus fino al Vellone e quindi funicolare per 3 minuti di ascesa. Non una gita, ma un percorso penitenziale.

Risolvere i problemi di accessibilità al Campo dei Fiori e di riflesso anche al Sacro Monte è dunque un passaggio prioritario rispetto a qualsiasi investimento da compiere in vetta. Perché l’albergo va trasformato, adattato agli standard di oggi facendo i conti con i vincoli monumentali presenti, per rispondere a quattro possibili vocazioni: residenziale, salutista, sportiva, congressuale. Chi investirà avrà bisogno di interlocutori pubblici disposti a ricercare con serietà un equilibrio accettabile tra le esigenze di chi mette i soldi e quelle di salvaguardia della montagna. Che resta un balcone impagabile, aperto a centottanta gradi su un paesaggio infinito punteggiato dall’azzurro di sette laghi tutti visibili nelle non infrequenti giornate di vento. Per riscoprire e rilanciare la “grande bellezza” prealpina.

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