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Attualità

IN VOLO

LUISA NEGRI - 27/11/2020

colombaIl Covid è entrato nei miei sogni. Il che è una consolazione, pensando a quanti se lo ritrovano addosso nella realtà cruda della malattia. Ma è soprattutto la conferma che è entrato indelebilmente anche nella mia storia e nel mio inconscio. Come il documento di word, nel quale sto scrivendo, resterà memorizzato nel mio computer per un tempo indefinito.

Ho realizzato tutto questo qualche giorno fa, al risveglio. Era una mattina di sole sfolgorante e cielo pervinca. Quel contrasto mi ha fatto subito pensare a quanto avevo appena sognato. A colori. Mi capita spesso, nelle ore del primo mattino, di intravedere il racconto delle mie fantasie oniriche proiettate in una girandola cromatica.

Ma ecco il sogno.

Il posto è un luogo dell’anima, mio e dei miei familiari, dove ci ritroviamo appena possiamo cercando di lasciarci alle spalle pensieri o malinconie. Per via del Covid, quest’ anno abbiamo potuto starci poco.

La casa, che del luogo dell’anima è il cuore palpitante, ha perso nel sogno la sua intimità di piccola e antica abitazione. Assume l’aspetto di un vasto spazio aperto, a pianterreno, illuminato da un bianco abbacinante in cui si incrociano uomini e attività, quasi fosse un grande mercato all’aperto. C’è un frenetico andirivieni di persone e animali domestici, di camerieri con vassoi di piatti pronti e pizze, organizzato per dar ricovero e assistenza a chi ne avesse bisogno. Perché certamente il sogno racconta una situazione di emergenza, come fosse capitato un terribile flagello: un’alluvione, un terremoto, o una devastante inondazione.

Nel trambusto ho la sensazione di aver smarrito la borsa coi documenti, mi guardo attorno per capire. A colpirmi è la sagoma di un uomo anziano girato di spalle. Indossa una giacca di un blu chiaro ed è seduto a un tavolino, chinato sospettosamente su sé stesso. Mi avvicino, tocco senza autorizzazione la sua giacca, in cerca della eventuale refurtiva. Lui si muove come per celare qualcosa, Io forzo la sua resistenza. E allora emerge dall’abbraccio dell’anziano un cane dal pelo morbido e fulvo. L’uomo lo stringe a sé, senza parlare, ha paura di perdere il suo unico compagno. Io mi scosto, confusa e vergognosa per averlo sospettato ingiustamente.

E infatti ritrovo la mia borsa abbandonata in un angolo, tra i tavoli.

Poi mi scopro a parlare con la proprietaria di una bancarella, vende mascherine colorate dai motivi floreali: sono legate tra loro in un’allegra fila che svolazza come bucato al vento e va ad agganciarsi alla mia mascherina nella borsa. Mi accorgo di non indossarla e mi scuso con la donna, a sua volta a viso nudo. Ma lei se ne infischia.

Mentre le parlo un’altra mascherina si scosta e s’alza in volo. È bianca, sembra una colomba, e si allontana salendo sempre più su nel cielo, fino a scomparire.

È allora che mi sveglio e scopro il cielo color pervinca del giorno che avanza. Non so se l’ultima immagine del sogno possa essere di buon auspicio. Come lo era la colomba di Noè uscita dall’ Arca dopo il diluvio e rientrata con l’ulivo della Pace nel becco. Forse è un ottimismo esagerato il mio. Forse semplicemente un sogno. Destinato a spegnersi all’alba come in un film del dopoguerra.

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