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Attualità

PIÙ LUCE

EDOARDO ZIN - 27/11/2020

nataleL’autunno ci sta regalando giornate asciutte e serene, con un clima quasi primaverile. I crepuscoli sono rischiarati da nuvole rosse e, calata la sera, la placida luna del plenilunio veleggia dall’alto. Scende la notte ed è in autunno che la luce si fa più debole essa finisce per farsi sempre più presente; l’arco percorso in cielo dal sole si fa di giorno in giorno più corto e grigio. Allora il buio si fa opprimente, umido, talvolta denso di nebbia.

L’autunno sembra la metafora dei fatti successi nella settimana. A motivi di letizia e di speranza, solari, si alternano eventi tristi, talvolta drammatici, bui.

I motivi di sconforto sono più nutriti di quelli che sprizzano un barlume di speranza. È ancora la terribile pandemia a turbarci: le corsie degli ospedali sono piene, pazienti muoiono in attesa di ricovero, i letti sono ammassati nelle cappelle o in tendoni improvvisati, i medici da eroi diventano motivo di discriminazione, continuano le diatribe tra governo e regioni e la bugia diventa elemento stabile per dirimere le dispute; si scopre che ai padroni dell’asfalto non interessava la sicurezza dei viaggiatori, ma guadagnare il più possibile, risparmiando sul materiale da usare; coloro che dovevano aprire il Parlamento come una scatola di tonno si accodano nottetempo ai loro rivali per salvare un’impresa di proprietà del loro acerrimo nemico di un tempo; in Calabria si recita un copione tra farsa e dramma; nelle piazze, il mondo della notte urla la sua rabbia; in Europa, due paesi dalle antichissime radici cristiane dimostrano che esse si sono avvizzite e producono i frutti dell’egoismo più bieco, contrario al messaggio della solidarietà evangelica.

Gli uomini sono separati tra coloro che non sprecano energie a favore dei malati, che si svenano per espandere il loro amore verso i bisognosi di una carezza e tra coloro che sono in preda al fanatismo, all’arbitrio e alla forza dei negazionisti e, da parte opposta, dei rigoristi.

Mischiato a questo buio, c’è la luce del bene di coloro che celebrano l’impegno, che non domandano favori, che non si attendono miracoli, ma giorno e notte sono chini su un microscopio per studiare, per osservare, per esperimentare e per cercare di dare soluzioni convenienti a sconfiggere con un vaccino questo male endemico. Il mondo degli affari si è subito destato, pronto a diffamare con la sua bramosia di danaro la gratuità di tanti uomini di scienza. E brilla il fulgore di pochi politici e di molti uomini amati da Dio che implorano di non guardare all’utile e invitano a essere concordi nello sconfiggere l’ignoranza, la sfiducia nella scienza e la cultura dell’egoismo. Queste tenebre potrebbero essere squarciate dal raggio di una nuova economia fondata sulla comunione dei beni, sulla crescita economica, sulla sicurezza, su una sanità più efficiente, sulla lotta contro la crescente povertà, sulla protezione del creato. Termineremo così di “credere di possedere, ma di essere posseduti, di non essere padroni del danaro, ma di essere venduti ad esso” – come ha detto Luigino Bruni alle giornate di Assisi dedicate all’economia secondo Francesco.

A confortarci in queste pene nella settimana che inizia è l’evangelista Giovanni che, parlando del suo omonimo, il Battezzatore, viene definito da Gesù un “testimone della Verità”, non di sé stesso, nemmeno di qualcuno. La testimonianza è coerenza, è un fatto, non solo una parola al punto tale che “testimone” è sinonimo di “martire” come ha dimostrato Giovanni Battista la cui testa posta sul vassoio di Salomè ed Erodiade è più eloquente di quella che lui aveva sul collo quando annunciava la venuta di Cristo. La testimonianza è l’opposto di certe esistenze – anche di credenti – insipide, ingrigite, flaccide, insignificanti, al contrario di quelle di coloro che non si adeguano alle circostanze pur di non avere grane, che ricercano sistematicamente la scusante. I testimoni si fanno guidare da un pensiero, che diventa principio di vita. Sono tali – parafrasando Cartesio – perché pensano con la propria testa, hanno un pensiero libero e ben saldato nel loro animo, non si lasciano sedurre dalle adunate oceaniche ritmate da slogan che mettono i brividi.

La Verità che testimonia il Battezzatore non è quella oggettiva della metafisica, bensì quella soggettiva, che si fa “persona”. Anche nella sua vita, il figlio dell’Uomo non si è adeguato all’onda dei giudei e dei farisei. Chi segue Cristo, trova la Verità, “ma anche chi rinuncerà a Cristo per fedeltà alla Verità che ha scoperto, percorrerà un tratto di strada a prima vista lontano da lui ma, giunto alla fine, lo troverà ad attenderlo per un abbraccio perché è lui la Verità”. (Simone Weil). Sembra che oggi si abbia paura della Verità perché essa costringerebbe a mutare mentalità. “Chi fa la Verità viene alla luce” – si legge nel Vangelo.

“Egli [Giovanni Battista] era la lampada che arde e risplende” – sentiremo proclamare nel Vangelo di questa domenica d’Avvento. Il testimone avanza nel mondo non in forza di chi pretende di possedere la verità perché se la porta in tasca: la fede non è un vessillo, ma un lume di candela da reggere in mezzo al buio di questi giorni che si trasforma in sale, in lievito, in granello di senape e che illumina la città posta sul monte. Allora diventa fiducia, speranza, certezza, espressione di vita per molti: basta avere occhi aperti capaci di vedere il bene e di goderne nel cuore. Ha lasciato scritto Albert Camus, un ateo che cercava di dare un senso alla sua vita: “È necessario camminare avanti nelle tenebre, un po’ alla cieca e tentare di fare il bene”.

Wolfang Goethe, alla soglia della morte, invocava: “Mehr Licht” (=Più luce). Gli astanti corsero subito ad aprire le finestre. Ma probabilmente Goethe cercava maggiore luce per illuminare il suo cammino verso Dio. È la stessa luce che deve illuminare i nostri passi verso il Natale che quest’anno sarà più sobrio: basteranno la luce dell’albero di Natale, la preghiera attorno al Presepio, la dolcezza dei sorrisi di pochi intimi a far risplendere i semplici doni che riceveremo.

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