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Cultura

SINESTESIE SONORE

LIVIO GHIRINGHELLI - 27/11/2020

mahler-strauss

Gustav Mahler e Richard Strauss

Nell’ultimo decennio dell’Ottocento Gustav Mahler e Richard Strauss accolgono nella loro musica le molteplici voci della natura. La prima Sinfonia di Gustav Mahler (1888) presenta l’insistente richiamo del cucù con una quarta discendente. Cattura l’attenzione già nell’introduzione e diventa il punto di partenza del primo tema, tratto dal Lied ging heut’ Morgen über’s Feld, composto anni prima ad esprimere la gioiosa comunione del protagonista con la natura rigogliosa di un bel mattino di primavera. Mahler, per sua stessa dichiarazione, ha frequentato assiduamente da giovane con amore la campagna austriaca più ancora che le lezioni del conservatorio. Si avverte che la trama orchestrale del primo movimento di questa Sinfonia presenta somiglianze con quella della Pastorale beethoveniana Ricorrono la disinvolta ripetizione di cellule melodiche, il diatonismo luminoso del modo maggiore, il cinguettio pressoché costante dei flauti, i contorni popolari dei principali motivi.

Qui il paesaggio non è uno scenario su cui risaltano personaggi e avvenimenti, bensì costituisce una realtà al di fuori di qualsiasi paesaggio umano. La natura rappresenta in Mahler la chiave di una visione metafisica del mondo. L’uomo non è che una manifestazione della natura rigeneratrice, nell’ottava Sinfonia (1906) presenta una musica di calma religiosa a significare la maestà della foresta oscura e delle rocce. Il quieto respiro della terra e il ciclo immutabile delle stagioni alla fine di Der Abschied (Das Lied von der Erde, Il canto della terra, 1908) dissolvono qualsiasi traccia di conflitto dell’individuo in una lenta meditazione. Nel suo insieme la musica di Mahler, nonostante i titoli dati nella terza Sinfonia, non è descrittiva né aneddotica.

Al contrario la produzione di Richard Strauss da Così parlò Zarathustra (1896) fino ai Vier letzte Lieder (1948) è caratterizzata da sorprendenti passaggi descrittivi. Salienti risultano nel poema sinfonico Don Chisciotte (1897) la modernità delle armonie e il trattamento rumoristico degli ottoni a caratterizzare l’episodio del gregge di pecore. Non adeguati nel rappresentare concetti o fenomeni non sonori sono i ventitré punti di riferimento del programma della Sinfonia alpestre (1911) numerosi episodi di questa escursione in montagna tradiscono l’artificio e lo sforzo.

Il modernismo di Debussy riposa sull’osservazione attenta e senza preconcetti della natura. “Assistere alla nascita del giorno è più utile che ascoltare la Sinfonia pastorale”. Non limita l’esperienza del plein air all’ascolto degli uccelli e del fremito del vento, bensì l’estende ai “mille sussurri anonimi delle foglie accarezzate dai raggi della luna “. Sono sollecitati udito, visione, olfatto, gusto e tatto. “La musica è superiore alla pittura in questo: può riunire le variazioni di colore e di luce di uno stesso aspetto”. Debussy ritiene di avere liberato la musica da regole sintattiche e procedimenti di sviluppo prestabiliti. Il primo dei Tre schizzi sinfonici, che costituiscono La mer (1903-1905) si dimostra come un cinema sonoro, senza riprese, né ripetizioni, un’alba sul mare girata in ripresa accelerata sin dalle prime luci incerte, finché il sole ascende trionfalmente allo zenith. Numerose partiture orchestrali lasciano all’ascoltatore il compito di costellare il percorso di immagini finemente suggerite, ma di rado imposte. In presenza di un testo l’arte di Debussy si rivela “un teatro immaginario dello spirito”. Nulla di più lontano dalla concezione narrativa di Richard Strauss. Se per l’uno la figurazione si presenta in uno stato di simpatia con l’universo, nel realista procede da un’analisi razionale del soggetto. Per Olivier Messiaen Debussy è il musicista dell’inesattezza. La raffinata orchestra debussyana attesta una radicale emancipazione del timbro. Debussy capta l’aspetto mutevole della natura, il perpetuo ondeggiamento.

Maurice Ravel (1875-1937) con i raffinati Jeux d’eau (1901) inaugura una serie di composizioni ispirate dall’elemento acquatico. Si rivolge all’inconscio collettivo dell’uditorio concertistico e ricerca un delicato equilibrio tra ritmica inesorabile e un atteggiamento fluido. La sua, rispetto a Debussy, è una nitidezza più incisiva. In Daphnis et Chloé (1912) palesa un senso ineguagliabile del particolare e al contempo uno humor caustico.

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