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Attualità

SCANDALI DI CARTA

SERGIO REDAELLI - 04/12/2020

L'ingresso del Tribunale vaticano

L’ingresso del Tribunale vaticano

Volano gli stracci tra giornali sul caso che scuote il Vaticano, le dimissioni del cardinale Angelo Becciu imposte da papa Francesco. Il quotidiano Libero contro il settimanale L’Espresso, il direttore Vittorio Feltri contro l’omologo Marco Damilano. Si litiga a colpi di scoop, di clamorose rivelazioni e d’infuocati editoriali con reciproco scambio di accuse. Quale dei due giornali scrive la verità? Quale dice il falso? Sarebbe, forse, una normale polemica giornalistica se al centro non ci fosse la figura del pontefice e se non volassero critiche che potrebbero condurre alla sua interdizione. Come si augurano i tanti nemici che, in Italia e all’estero, lo considerano un cattivo papa.

Con un fondo in prima pagina, il 23 novembre, il direttore Vittorio Feltri addebita al pontefice di avere preso una colossale svista e di avere “praticamente preso a calci nel sedere il cardinale Becciu accusandolo di reati infami, tra l’altro di aver distratto somme ingenti girandole ad amici e parenti”, degradandolo e cacciandolo “come un ladro incallito”. E massacrando, sono parole del direttore, “un uomo integerrimo e prete dalla testa ai piedi”. Tutto questo sulla base di una gigantesca montatura nella quale, afferma Feltri, “ha avuto una parte fondamentale il settimanale L’Espresso che si è adoperato, forse in buona fede, affinché il povero Becciu fosse lapidato”.

Parole gravi soprattutto verso Francesco. Corredate da 12 domande che il direttore di Libero rivolge al collega dell’Espresso invitandolo a chiarire il succedersi dei fatti e la scelta di pubblicare il primo articolo e altri successivi. È vero o non è vero che alle ore 10.12 del 24 settembre, con 7 ore e 50 minuti di anticipo sull’udienza in cui Francesco fece dimettere il cardinale Angelo Becciu, sul sito dell’Espresso fu creata una pagina con il titolo “Si è dimesso”? E come faceva il settimanale a conoscere ciò che il papa non aveva ancora comunicato al diretto interessato? Qualcuno lo aveva informato di ciò che sarebbe accaduto? Chi?”. I sospetti di Libero hanno ovviamente un nome e un cognome.

Si tratta dell’autore dell’articolo che, “da molti anni”, eserciterebbe abusivamente la professione giornalistica e che sarebbe incappato, in passato, in una serie di esposti giudiziari. Insomma, secondo il quotidiano diretto da Feltri, L’Espresso avrebbe affidato la delicata inchiesta che accusa Becciu a una persona inaffidabile, un individuo che non si è neppure “preoccupato di interpellare il diretto interessato sulle gravissime accuse che gli muoveva nei propri articoli”, come sarebbe stato invece suo dovere fare. La presa di posizione di Libero è una mano tesa al cardinale destituito che ha fatto causa all’Espresso chiedendo 10 milioni di euro di risarcimento danni. L’inchiesta del settimanale, sostiene, ha distrutto le sue chances di diventare papa nel prossimo conclave.

La risposta del periodico del gruppo Agnelli non si è fatta attendere. “Becciu – scrive Damilano – dovrebbe rispondere a una semplice domanda: per quale motivo il papa ha chiesto e ottenuto la sera del 24 settembre, in soli 23 minuti, le sue dimissioni? A questo quesito, in realtà, l’ex sostituto della Segreteria di Stato ha già risposto il 25 settembre, il giorno dopo, quando convocò i giornalisti in un istituto a due passi dal Vaticano e spiegò: “Il papa mi ha detto di avere avuto la segnalazione dei magistrati che avrei commesso peculato. Dalle indagini della Guardia di finanza emerge che io abbia commesso il reato di peculato”. Nessuna menzione dell’Espresso, commenta acido Damilano, altre sono le ragioni del provvedimento papale, il giornale viene coinvolto solo come manovra diversiva.

“Io stesso ho fatto il titolo alle 22.27 – precisa – quando la notizia era sulle agenzie di stampa da più di due ore. Così come il tentativo di spostare l’attenzione dall’inchiesta al suo autore è una manovra fin troppo banale”. La partita è in pieno svolgimento. Sul piatto una montagna di fiches che costeranno la reputazione, se non il posto, a uno dei due giocatori. Tacciono, per ora, i grandi giornali. Nessun commento in attesa di capire come si evolva la faccenda. E tace anche l’autorità giudiziaria vaticana, da poco rinnovata da Francesco e affidata al dottor Giuseppe Pignatone, già procuratore capo di Roma e ora presidente del Tribunale dello Stato pontificio.

Resta il fatto che una dolorosa vicenda interna al Vaticano, il caso Becciu, è diventata una sanguinosa battaglia tra giornali e sullo sfondo si agita un inquietante scenario internazionale, la lotta senza quartiere tra differenti visioni della politica e della Chiesa. Destra contro sinistra, tradizione contro rinnovamento, clericalismo contro apostolato di servizio. Uno scontro in corso da anni, con accuse pesanti e perfino richieste di dimissioni. Da una parte chi giudica Francesco uomo di parte, eretico dottrinale, pauperista e anticapitalista, dall’altro chi difende la sua visione di una Chiesa povera e soccorritrice. Quanto basta, di qua e di là dell’oceano, per farsi la guerra. A prescindere dal contenzioso tra i due giornali.

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