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Cultura

MUSICA NEL ‘900

LIVIO GHIRINGHELLI - 04/12/2020

Arnold Schönberg

Arnold Schönberg

Igor Stravinskij, sensibile prima alle seduzioni canore del plein air, ha poi affermato che l’espressione non è mai stata la proprietà immanente della musica. Canti d’uccelli colorano passaggi importanti del balletto L’uccello di fuoco (1910), pur non potendosi parlare di vero mimetismo, bensì di un condensato delle caratteristiche essenziali dei canti. È agli strumenti a fiato più agili, i flauti e ottavini, che Stravinskij affida la rappresentazione sonora. L’inizio del balletto Le Sacre du printemps (1913) è tipico del potenziale sonoro, con cui l’autore ricorre a modelli sonori naturali. La realtà acustica riprende i propri diritti contro le regole collaudate. I valori irrazionali abbondano e il registro acuto è saturato rapidamente. L’ideale di bellezza sonora cede il posto a una vera cacofonia animale. Il breve schiamazzo mattutino è interrotto bruscamente da un totale silenzio. La seconda parte del balletto, La notte, evoca nuovamente un’atmosfera naturale, statica e ovattata; il resto della partitura si allontana dalle seduzioni impressioniste. Prevarranno giochi costruttivi più astratti e un’esplorazione degli stili del passato in chiave di restaurazione.

In Béla Bartok si colgono canti d’uccelli nell’episodio centrale dell’Adagio religioso del terzo concerto per pianoforte (1945). Il mondo notturno seduce l’autore, nutrito del folklore nazionale e influenzato dall’impressionismo francese d’inizio carriera. Nel quarto pezzo della Suite per pianoforte En plein air (1926) si propone di restituire i mille brusii, ronzii, scricchiolii e richiami furtivi di insetti e animali all’epoca della bella stagione. Nel Journal d’une mouche per pianoforte (VI volume del Mikrokosmos) ricompaiono delicati intervalli di seconda, gruppi furtivi di note ornamentali, la sovrapposizione di più strati sonori e il bitonalismo.

Arnold Schönberg (1874-1961), prima di mettere a punto la tecnica dodecafonica, imprime il proprio marchio sulla tradizione postromantica. La pagina orchestrale, che introduce i monumentali Gurrelieder (1900, 1911) evoca “la sera che estingue ogni rumore su terra e mare”. Strati melodici molteplici si sovrappongono in un complesso intrico poliritmico.

Alban Berg, suo allievo, adotta questo procedimento (della tradizione giavanese) per evocare una tempesta di neve all’inizio del primo degli Altenberg lieder op.4. Un effetto di bruma sonora caratterizza la mattina d’estate su un lago.

Tipico dell’espressionismo tedesco, frutto di un’epoca legata ai lavori di Freud sull’inconscio, l’appropriarsi degli aspetti più morbosi e minacciosi della natura. I colori di Schönberg sono quelli di un mondo di spettri, allucinazioni, acque stagnanti e vegetazione autunnale, la luce livida l’ambito. L’atmosfera del Pierrot lunaire è soffocante, ma tale è la descrizione nelle scene numerose del Wozzeck di Alban Berg. L’antieroe di quest’opera nel secondo quadro del primo atto è tormentato da torbide allucinazioni. Osserva atterrito un sole color fuoco e sangue che tramonta. Nell’ultimo atto la luna pallida, mentre i due protagonisti si avviano al tragico epilogo, annuncia col suo occhio testimone di perversioni innumerevoli l’esito fatale. Così dicasi dell’inizio della Salome di Richard Strauss.

La serialità condivide col neoclassicismo una concezione oggettiva per quanto riguarda il materiale. Nessun interesse a priori per l’universo extramusicale, per il substrato interiore. All’indomani del primo conflitto mondiale, giudicando superato il sistema tonale, ci si volge alla tecnica dodecafonica di Schönberg e ancor più alle concezioni di Anton Webern (1883-1945). Brevi e originali i Cinque pezzi per pianoforte del 1913: il materiale sonoro si libera d’ogni struttura ripetitiva e della retorica postromantica. Poi Webern trarrà dalla serie di dodici suoni un’organizzazione razionale in merito ad ogni aspetto della sintassi. Istanza di controllo aliena da qualsiasi ambizione descrittiva, onde la partitura astratta sul finire degli anni Venti. Profondo è il rispetto di Webern per il silenzio, come per il suono (vedi l’assidua frequentazione delle alte cime austriache).

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