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Cultura

ARMONIA DEGLI OPPOSTI

RENATA BALLERIO - 18/12/2020

santa-luciaFrancesco De Gregori cantava: “Santa Lucia, per tutti/quelli che hanno gli occhi/ e gli occhi e un cuore che non basta agli occhi”… Il cantautore continuava, quasi provocandoci, ricordando che era “Per le persone che non hanno dubbi mai…”

Per noi che, invece, in questo periodo doloroso e buio abbiamo più dubbi che certezze, la santa, a cui Dante era fedele perché – si dice – la invocò durante una sua malattia agli occhi, pare assurgere a edificante bussola. Anzi sembra quasi prenderci per mano, come fece con il sommo poeta.

Dante fu, infatti, sollevato da Lucia, nel sonno, e depositato nel Purgatorio.

In fondo, anche noi comuni mortali, smarriti nella selva oscura del 2020, stiamo percorrendo un cammino e aspettiamo che qualcuno ci sollevi, perché speriamo di “riveder le stelle”. Non c’è dubbio che Lucia rappresenta, non soltanto per Dante, la speranza. Una luminosa speranza perché riveder le stelle vuol dire avere uno sguardo diverso, consapevoli che le stelle brillano, anche quando noi non le vediamo o non le possiamo vedere.

Insomma mai come ora abbiamo tutti, proprio tutti, bisogno di speranza.

Fin qui, quasi sicuramente, nulla da eccepire. Ma forse Lucia può darci e dirci qualcosa di più. Per questo motivo potremmo, addirittura, fare un esercizio non scontato, quasi un piccolo gioco, facendo tesoro dell’invito emerso dalla sessione dicembrina del Salone del Libro di Torino. La manifestazione, rigorosamente online, dal titolo Vita Nova (evidente omaggio a Dante e auspicio per una vita rinnovata) è stata caratterizzata da un fil rouge: conciliare gli opposti per ritrovare in questo mondo una nuova armonia: Nord e Sud, fantasia e realtà, libertà e responsabilità e così di seguito. Se sia questa la via possibile e giusta per avere uno sguardo diverso sul mondo è per ora soltanto una grande ipotesi.

Ma che c’entra la santa siracusana in tutto questo? Di primo acchito nulla, ma -a pensarci bene- molto perché a conoscerla bene in lei e per lei troviamo la possibile conciliazione di tanti opposti.

È ben noto che al detto “santa Lucia è il giorno più corto che ci sia” corrisponde il proverbio “a santa Lucia la notte più lunga che ci sia: notte e giorno, opposti necessari, naturali che tendiamo a dare per scontati. E qui poco conta pensare che culturalmente da circa cinque secoli l’affermazione non avrebbe più valore, visto che a seguito della riforma del calendario del 1582 il solstizio di inverno non corrisponde più con il 13 dicembre.

Ma la martire siciliana ci fa scoprire tanti altri opposti che trovano in lei una sintesi esemplificativa.

Pensiamo a Nord e a Sud. Celebrata a Venezia dove si trovano le sue spoglie (sul suo volto fu fatta depositare una maschera d’argento dal patriarca Roncalli) e a Bergamo, città influenzata dalla dominazione veneziana, con le sue grandi processioni festanti e a Catania e Siracusa, con liturgie religiose e allegria civile con tante golosità dolciari. Insomma un meridione e un settentrione accomunati. E che dire della festa della luce nella Svezia luterana con l’esaltazione di lei come “lux lucens”, grazia divina per la Chiesa Cattolica?

Gli esempi potrebbero continuare. Però è necessario porci una domanda.

Se è stimolante e vitale capire l’armonia sottesa a tanti opposti, è ancora più importante capire se stiamo, anche nel nostro quotidiano, scegliendo gli opposti giusti da conciliare. Sembra immediato associare la vista, di cui santa Lucia è la protettrice, alla cecità.

Ma se ci interroghiamo a quale cecità stiamo facendo riferimento, capiamo che dobbiamo sempre andare oltre lo scontato. All’angosciante cecità, come ottusità, raccontata nel duro romanzo di Saramago o alla capacità di guardare oltre le apparenze ?

Sarà un caso che santa Lucia è la protettrice dei poeti? Il poeta-presbitero John Donne, che ci ha anche insegnato che nessun uomo è un’isola, in un lontano dicembre, per la precisione nel 1611, scrisse un bellissimo notturno dedicato al giorno di Lucia, in cui per sole sette ore il sole solleva la sua maschera.

Forse noi dobbiamo non solo sperare di essere sollevati ma sollevare tante altre maschere.

 

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