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Attualità

PRESEPE MEDIATICO

ROBERTO CECCHI - 24/12/2020

vaccinoL’altro giorno mi è tornato in mente un episodio di tanti anni fa, quando ero ad Albenga, al BAR (Battaglione Addestramento Reclute), in una caserma di bersaglieri, per adempiere a quello che allora si chiamava obbligo di leva. Dopo pochi giorni che ero lì, mi avevano fatto un’iniezione al petto, ma non so bene di che cosa. Mi dissero che si trattava di una vaccinazione polivalente e pensavo che me l’avessero fatta lì, invece che su un gluteo, perché un componente d’un corpo scelto d’assaltatori non avrebbe dovuto abbassarsi mai a mostrare le auguste terga. Neanche al medico. Sì, pensavo proprio che la scelta di fare l’iniezione sul petto fosse una scelta un po’ machista. E invece, poi, scoprii che il motivo era un altro. Nella notte, a me e agli altri commilitoni, il pettorale si gonfiò come un materassino, tanto che non avrei sfigurato neanche troppo accanto ad un culturista. Quindi, se mi avessero fatto quella puntura da quell’altra parte, non avrei potuto riposare. Questo era il motivo. Dopo un paio di giorni e dopo un bel febbrone, passò tutto e per una decina d’anni non ho più preso neanche un raffreddore. Se sia stato o meno merito di quel vaccino non lo so, ma conservo quest’impressione positiva. E siccome, per la tanto attesa vaccinazione da Covid, si dice che avremo qualche disturbo, un po’ di febbre e un po’ di mal di testa, quel ricordo mi ha tranquillizzato. Davo per certo che non potrà andarmi peggio di quel che avevo sperimentato oltre quarant’anni prima.

E invece no. Leggendo un articolo de “il Giornale”, che riprende un’intervista di un accademico dei Lincei, Guido Forni, apparsa su “La Stampa”, dello stesso giorno, tutte le mie certezze son state rimesse in discussione all’istante e in maniera radicale. Il titolo dell’articolo non dà ad intendere gran che, perché parla genericamente di Reazione nel 50% dei vaccinati: ecco cosa succede dopo l’iniezione (“il Giornale”, 18.12.2020). Ma poi parte un crescendo rossiniano. Il professore parla di disturbi leggeri e passeggeri, ma l’articolista si domanda “saranno pure passeggeri [i disturbi], ma cosa accadrebbe se la forte reazione allergica capitasse in un soggetto anziano piuttosto che in uno giovane?”. Eppoi, prosegue dando una notizia davvero allarmante “le prime notizie [sulla campagna vaccinale Pfizer-Bion Tech] non sono certamente come speravamo: il NYTimes riferisce che un’operatrice sanitaria vaccinata negli Stati Uniti ha sviluppato reazioni allergiche quali rash cutanie [?], tachicardia e crisi respiratoria ed è stata ricoverata in terapia intensiva”. Ma quel che è peggio, è il sottotitolo “[…] arrivano le prime notizie di forti reazioni allergiche e addirittura il 50% dei pazienti potrebbe essere a rischio”. A rischio? A rischio di che? Vado subito a rileggermi su “La Stampa” l’articolo che in mattinata avevo guardato di sfuggita perché non mi era apparso così preoccupante. L’intervistato parla di “disturbi leggeri e passeggeri, che indicano che il vaccino induce una reazione particolare”. Anche per la reazione allergica è piuttosto rassicurante, quando precisa che ci potranno essere anche dei disturbi, ma si tratta di fenomeni controllabili perché i vaccini verranno somministrati “nelle sedi adatte con alcuni farmaci” (“La Stampa”, 18.12.2020, p. 4, Francesco Rigatelli).

Lo sconcerto a questo punto non è più per il vaccino, ma per la possibilità che un’informazione pacata, semplice e rassicurante si trasformi in poche ore in una notizia destabilizzante. Com’è possibile che accada? E, soprattutto, perché? Francamente non lo so. Si può solo azzardare che tutto questo succeda perché stiamo vivendo un brutto momento, non solo per la pandemia, ma anche perché la politica riesce sempre a dare il peggio di sé, nonostante le difficoltà enormi che stiamo vivendo. Non trova mai il modo di far quadrato per dare una risposta univoca ai cittadini, che proprio in questo momento si aspettano solo di essere rassicurati. Mentre riesce a cogliere qualsiasi opportunità per creare sconcerto e insicurezza, come se avere una popolazione impaurita potesse giovare a qualcuno. Di sicuro, non serve a nessuno, né alla maggioranza né all’opposizione. E quindi verrebbe da pensare che si tratti solo di sciatteria. Ma forse non è vero neanche questo. Forse, è una forma patologica più subdola, che è stata diagnosticata come la “mediatizzazione della politica [che] produce una nuova politicizzazione dei media. Non più quella tradizionale della subalternità delle testate a un preciso disegno politico; quanto piuttosto la creazione di un legame a filo doppio in cui i rappresentanti dei due ambienti si reggono il gioco reciprocamente, fino ad apparire agli occhi dell’opinione pubblica indistinguibili […] Un chiaro indicatore di questa tendenza è il successo delle testate maggiormente schierate, che realizzano un giornalismo fortemente valutativo, in cui il punto di vista prevale nettamente sulla completezza informativa. Tuttavia, per questa via cresce la perdita di fiducia in tutti gli attori protagonisti di questo racconto. […] l’effetto complessivo è una spirale rumorosa e inconcludente, che conduce ad una progressiva comune perdita di reputazione. Entrambi – media e politica – centrali ma poco credibili” (Carlo Sorrentino, La spirale del rumore. Il discredito della politica e la sfiducia nei media, il Mulino 2/2018).

Hai voglia a studiare! Per questo virus, per adesso, il vaccino non c’è.

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