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Editoriale

SIMUL

MASSIMO LODI - 08/01/2021

conte

Conte cambia idea sul Recovery Plan. Accantonata la prima ipotesi d’utilizzo dei fondi europei, ne valuta una seconda. Anche il think tank incaricato di realizzarla muterà. Ripensamenti pure in merito alla squadra di governo: necessario correggerla. Infine disponibilità -come han sempre fatto i predecessori- ad alienare la delega ai servizi segreti. Sono cenni di realismo, ma per ottenerli c’è voluta una polemica rude. Al premier toccava prevenirla. L’arte della mediazione è in cima al carnet di chi presiede a un Paese, e se bene esercitata evita spettacoli mediocri.

Un presidente del Consiglio forte indebolisce le critiche accettandone i contenuti utili. Se per esempio gli si chiede di fruire del prestito di Bruxelles subito disponibile per le spese sanitarie (Mes, una roba da 37 -trentasette- miliardi), la risposta non può tener conto dell’aprioristico rifiuto d’un partito della maggioranza (i Cinquestelle), ma della convenienza generale. Questo e basta. Idem, e tanto più, a proposito d’avvicendamenti nell’esecutivo. Un presidente del Consiglio forte previene e non subisce la verifica di governo, insiste per nominare ministri i segretari dei partiti della coalizione, non ha paura di circondarsi dei più autorevoli esperti, dovrebbe anzi promuoverne l’associarsi a una causa nazionale drammatica. Né ha da temere l’ostracismo della parte politica cui deve il ruolo: di fronte a una tragedia che fa ogni giorno centinaia di vittime, se l’inquilino di Palazzo Chigi mette in campo i migliori non c’è peggior modo di tirarsi la zappa sui piedi che contestarlo.

Conte ha tutto da guadagnare e nulla da perdere rendendosi più autonomo, conscio fra l’altro che il gradimento di cui gode presso gl’italiani rimane superiore sia a quello del suo partito di riferimento sia a quello di altri leader. Mattarella l’ha detto con severità: è il tempo dei costruttori. Monito a chi vuole distruggere per convenienza di bottega politica, e sollecitazione a chi esita nel porre fondamenta solide al rinascimento del Paese. Non è epoca di poltrone a rotelle, ma di rotelle che sappiano far funzionare le poltrone.

Se a Roma regna la delusione, nelle periferie circola lo sconforto. In Lombardia l’avvio dell’operazione vaccino è risultato disastroso al punto che la Lega ha scaricato l’assessore al Welfare. Scelta obbligata dopo le imbarazzanti giustificazioni sul ritardo (“Medici e infermieri avevano diritto alla ferie natalizie”), ma che implica il coinvolgimento del governatore. Cioè: se deve andarsene Gallera, deve uscire dalla porta accompagnato da Fontana, perché le responsabilità nella gestione della pandemia sono state condivise dai due, e il sacrificio dell’uno non comporta la salvezza dell’altro. Va così? Non è andata così. L’assessore saluta, il governatore resta, pur se commissariato da una vice prestigiosa/ingombrante come la Moratti. In sintesi: a Milano Lega e Forza Italia resistono alla logica e all’evidenza, abbracciati nella fedeltà allo storico motto Simul stabunt simul cadent. A Roma Cinquestelle, Pd, Italia Viva e Leu si adeguano in fotocopia. Non tutto si tiene, ma tutti si tengono. Fino a quando, boh.

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