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Attualità

IL MONDO ALLA ROVESCIA

GIANFRANCO FABI - 08/01/2021

rodariC’era una volta / un povero lupacchiotto,/ che portava alla nonna / la cena in un fagotto./ E in mezzo al bosco / dov’è più fosco / incappò nel terribile / Cappuccetto Rosso,/ armato di trombone /come il brigante Gasparone…,/ Quel che successe poi,/ indovinatelo voi”.

Così inizia una delle favole di Gianni Rodari, letterato e favolista di cui l’anno scorso si sono ricordati i quarant’anni dalla morte. E Rodari continuava: “Qualche volta le favole / succedono all’incontrario / e allora è un disastro:/ Biancaneve bastona sulla testa / i nani della foresta,/la Bella Addormentata non si addormenta,/ il Principe sposa / una brutta sorellastra, / la matrigna tutta contenta, / e la povera Cenerentola / resta zitella e fa /la guardia alla pentola”.

Il titolo di questa storiella era “le favole a rovescio” quasi ricordando quel “mondo alla roversa” la commedia di Carlo Goldoni messa in scena a fine Settecento con la musica di Baldassarre Galuppi.

E il mondo alla rovescia sembra quasi tornare d’attualità in questa drammatico periodo dell’umanità alle prese con un nemico invisibile, un virus microscopico che ha sconvolto il mondo, un frammento infinitamente piccolo (verrebbe da dire, se non fosse un ossimoro, enormemente piccolo) che ha provocato la più grave crisi sanitaria dell’epoca moderna.

E’ un mondo, per cominciare, che ha praticamente invertito il significato dell’aggettivo “positivo”: ora significa malattia, contagio, isolamento, quanto di più “negativo” ci si possa aspettare. Ma allo stesso modo avere le notizia di essere “negativo” vuol dire essere liberi, almeno momentaneamente immuni.

Anche un altro simbolo di questo periodo di pandemia, un periodo peraltro iniziato in Europa al tempo del carnevale, ha cambiato significato. Le maschere, di carnevale appunto, erano un gioco, un divertimento, la voglia di dissimulare senza essere riconosciuti. Ora le mascherine sono un modo di proteggere sè stessi e gli altri, un obbligo e un dovere, un’esigenza sanitaria per ostacola la diffusione del virus.

E anche la parola virus ha cambiato forma. Era diventata, in parallelo con la diffusione dei social network, l’indicazione di una diffusione positiva, di una condivisione costruttiva o anche solo divertente, di immagini, filmati e informazioni. Che un post su Facebook diventasse “virale” voleva dire che quel messaggio era stato condiviso e rilanciato in pochissimo tempo nella vastità della rete. Quello che pria era un’opportunità ora che il virus ha ripreso il contenuto originario è diventato un incubo.

Ma non basta perché il virus è stato anche incoronato e si è fin da subito iniziato a parlare di “coronavirus” riferendosi alla forma di quel microscopico elemento. Una semplice parola che nasce da tre lingue diverse: corona è indubbiamente italiano anche se preso tuttavia pari pari dal latino, virus è un termine tutto latino, ma la costruzione è tipica dell’inglese perché in italiano si dovrebbe dire “viruscorona”. Resta il fatto che la corona è di solito simbolo di prestigio, di vittoria, di celebrazione. Ma nella corona della pandemia c’è ben poco da festeggiare.

E che dire di “smart working”, il lavoro simpatico, agile, fatto nella tranquillità della casa, magari tra i ritagli di tempo tra una spesa e una passeggiata. Ma per molti lo smart working è stato e rimane tutt’altro che smart. Se l’appartamento in cui si vive è piccolo, se magari i figli sono a casa da scuola, se la connessione è lenta o scadente, se il computer non è di ultima generazione, lavorare “da remoto” (come sarebbe più giusto dire) è tutt’altro che facile e accattivante.

Il mondo alla rovescia prosegue poi nella politica. In un periodo di emergenza sarebbe non solo utile, ma indispensabile, una sana unità di intenti per vincere una guerra quanto mai difficile. E invece non si trova nemmeno l’unanimità nel fare una doverosa opera di promozione del vaccino anti-covid, l’unica speranza a cui possiamo e dobbiamo aggrapparci.

È un mondo alla rovescia quello della politica, che purtroppo non è nuovo e che sta mostrando in questa occasione le sue manifestazioni più disarmanti come si è realizzato nell’ultima legge di bilancio: miliardi di nuovi debiti sulle spalle delle generazioni future per dare mance, bonus e agevolazioni senza alcun progetto per un rilancio serio dell’economia e per un percorso concreto di inclusione sociale.

È in fondo lo stesso mondo alla rovescia quello che continua a dire di no ai finanziamenti europei alla sanità, finanziamenti di cui ci sarebbe un grande bisogno anche per rendere efficiente, rapido ed efficace il piano di vaccinazioni. Un no condiviso assurdamente dai Cinque stelle, da Salvini e da Meloni nel solco di un antieuropeismo illogico e antistorico.

La politica dovrebbe dare un esempio di coraggio, di visione, di logiche solidali, di grande progettualità soprattutto per i giovani e per quel bene indispensabile che è la salute. Ma, ahimè, ci troviamo nel mondo alla rovescia.

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