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Il punto blu

REGINA

DINO AZZALIN - 08/01/2021

zoomAbbiamo davanti a noi 365 buone occasioni per rendere questo 2021 davvero speciale un tempo diverso da quello che ci ha preceduto, in grado di sovvertire le abitudini così come ha fatto la mala sorte dell’innominabile anno che (fortunatamente) ci ha appena lasciato. Abbiamo lottato contro un nuovo nemico, invisibile e tremendo. Un anno di grandi preoccupazioni, di dolore per molti e di fatica per tutti. Del resto abbiamo le parole, i gesti, le intenzioni, per scrivere ogni giorno sul foglio bianco quel che più necessita all’inchiostro della nostra storia. Le avversità del resto sono le migliori occasioni per ritemprare le nostre paciose comodità, le pigre tranquillità borghesi che ci consumano sul divano. A volte è bello ringraziare chi in questo tempo ci è stato più vicino, chi ha camminato con noi dentro un’amicizia ritrovata, in un progetto di solidarietà umana per scrivere un libro virtuale che si è rivelato una scoperta, o semplicemente nell’ottimismo del fare, nella carezza a un infermo o a un anziano. Ecco oggi dobbiamo cercare quel che ci unisce usando gli occhiali giusti per leggere questa realtà complessa che ci ha costretto a vivere l’inavvertito e l’imprevisto cambio di rotta della società umana. Tutti i sogni anche quelli liberi e proibiti quest’anno hanno il diritto di essere fecondati dalle nostre azioni quotidiane perché stare insieme è come pregare, e noi dobbiamo stare uniti in quella comunità “fisica” alla quale non siamo (quasi) più abituati. Vero, il Capodanno coincide con il mio compleanno. Peggio dell’anno appena trascorso non credo di averne mai vissuti, sia per questioni e lutti familiari sia per le vicende del mondo intero. Ma pur facendo parte del gioco, per la prima volta in fondo al precipizio ho scorto un inedito presepio: anziché il bambino ho pregato un vaccino, anziché i pastori ho trovato i medici e tutto il comparto sanitario, comprese le donne delle pulizie degli Ospedali e delle Rsa. E i re magi, che vengono da ogni parte del mondo, in questi giorni non portano oro, incenso e mirra, ma ricerca scientifica, pietas umana, recovery fund, con l’autorevolezza di milioni di studiosi e addetti al settore farmaceutico e ai governi della salute di tutto il mondo. Alla faccia dei no-vax o dei negazionisti (so che urleranno alla ulteriore ricchezza delle multinazionali) ma i veri doni, mai attesi tanto come quest’anno e confezionati è vero in tempo record, sono un prodotto miracoloso o quasi. Del resto Dio è diventato troppo vecchio, sordo, e poi ci vede poco, e soprattutto da più di duemila anni si dimentica di fare miracoli, forse perché l’uomo è diventato troppo cattivo e non è più fatto “a sua immagine e somiglianza”. Come negare che proprio grazie ai maghi della scienza qualcuno è o sarà più sano e felice? E questo vale per tutti, per chi crede e per chi non crede che la vita valga la pena di essere vissuta fino all’ultimo giorno. A loro va tutta la riconoscenza del globo. Solo Giuseppe e Maria sono rimasti fedeli alla loro amorevolezza genitoriale, visto che il figlio se lo sono goduti “in presenza”. Quindi faccio una cosa insolita: parlo dei gesti che tra ieri e oggi mi hanno scaldato il cuore e la vita. Grazie ai DPCM abbiamo vissuto tutti un Natale e un happy new year veramente insoliti e diversi. Amo la parola “diversità”, perciò ho organizzato un “aperitivo diversamente rinforzato” con quattro amici, per la verità quattro donne (viva le donne!), tanto per fare una dichiarazione pubblica, e poi alle 21,30 tutti a casa. Più tardi, alle 22.00, con quella forza dello Zoom, un collegamento in tutta Italia con gli amici lontani. A mezzanotte brindo e bacio mia moglie, salgo da mio figlio che con la sua ragazza e qualche amico sta festeggiando l’arrivo del 2021 e poi tutti fuori per i fuochi d’artificio e i botti che si vedono e si sentono oltre il lago. I suoi amici sono anche i miei. Scendo e finisco di guardare la versione integrale di “La grande Bellezza”, che si conclude con il riferimento alla morte. “Prima, però, c’è stata la vita, nascosta sotto il bla bla bla bla bla. È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore. Il silenzio e il sentimento. L’emozione e la paura. Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile. Tutto sepolto dalla coperta dell’imbarazzo dello stare al mondo. Bla. Bla. Bla. Bla. Altrove, c’è l’altrove. Io non mi occupo dell’altrove. Dunque, che questo romanzo abbia inizio. In fondo, è solo un trucco. Sì, è solo un trucco. E poi il film “Eyes wide shut” di Kubrick, tratto dallo splendido libro del collega, il medico otoiatra, Arthur Schnitzler, “Doppio sogno”, sulla necessità di spalancare gli occhi sull’ambivalenza della realtà che circonda, la quale, come uno specchio, non rappresenta altro che la nostra stessa ambiguità. Una delle rare volte in cui Morfeo non può nulla nei miei confronti, e mi dico “è la mia festa e vado a dormire quando voglio”. A mattina inoltrata mi faccio una lunga doccia e mi rado sempre senza specchio con i soliti settantasette colpi di rasoio sotto l’acqua calda che fluisce, mi metto il mio consueto profumo Mont Blanc, la crema antirughe che uso da quasi cinquant’anni (senza grandi risultati), vado in cucina, dove la colazione è pronta, abbraccio di nuovo mia moglie e le recito questi versi di Pablo Neruda: Io ti ho nominato regina./Ve n’è di più alte di te, di più alte./Ve n’è di più pure di te, di più pure./Ve n’è di più belle di te, di più belle/. Ma tu sei la regina./Quando vai per le strade/nessuno ti riconosce./Nessuno vede la tua corona di cristallo, nessuno guarda/il tappeto d’oro rosso/che calpesti dove passi,/il tappeto che non esiste… E questo è il nuovo anno, partito bene, nel segno della vicinanza e della condivisione, perché non c’è nessuna alternativa all’amore, che ci lega gli uni agli altri come in una preghiera, soprattutto quando le stagioni si fanno più dure e dolorose, e la di là del mio proverbiale ottimismo sento che dovrà essere anche fortunato. “Più fortunato di così”, siamo vivi, dico a mia moglie, “buon anno Alessandra!”.

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