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Opinioni

IDENTITÀ DA AGGIORNARE

GIORGIO MARAN - 15/01/2021

??????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????In un suo recente intervento apparso su RMFonline, il consigliere comunale Enzo Laforgia sottolinea la mancanza di un pensiero capace di immaginare per Varese

un sano e corretto equilibrio tra bellezza e funzionalità. Una città, insomma, in cui sia bello vivere, in cui sia bello risiedere, in cui la comunità umana possa incontrarsi e progredire nel comune incivilimento. Una città che non sia solo uno snodo da attraversare per andare altrove o un posto dove ritirarsi, nel recinto isolato e protetto delle proprie case, dopo aver svolto i propri negozi nella grande metropoli.

Non credo che questa mancanza sia da attribuire esclusivamente alla politica degli ultimi 30 anni, anche se questa ne porta sulle spalle il peso maggiore. Mi pare che tutta la classe dirigente che concorre a formare la percezione della città rispetto a sé stessa, abbia faticato a elaborare un ruolo e una vocazione moderna per Varese. Imprenditori, professionisti, giornalisti, intellettuali spesso sono mancati nell’analisi e nella proposta.

La mia impressione è che Varese abbia rinunciato ad aggiornare la propria visione e a fare un autoritratto di sé stessa più fedele alla realtà. Preferisce ricordare i fasti della città industriale, della grande squadra che negli anni ’60 dominò il basket italiano ed europeo, della città fatta di botteghe e borghesia. Eppure il presente ci dice che le grandi fabbriche meccaniche si sono spesso trasformate in aree dismesse –vedi il caso Aermacchi- e che oggi, nei confini comunali, la prima azienda per numero di dipendenti è l’Ospedale. La ricchezza è sempre meno prodotta sul territorio ma resiste grazie a flussi che vengono da altrove: da Milano o dalla Svizzera che offrono lavoro ai tanti pendolari e frontalieri.

Varese dovrebbe aggiornare la propria identità, per comprendere meglio quali sono le fonti del suo benessere e le questioni irrisolte, e, soprattutto, immaginare che tipo di città vorrà diventare.

Credo che Varese sia prima di tutto una terra di confine.
Rappresenta il confine geografico tra l’Italia e la Svizzera, è da sempre terra adatta ai passaggi di merci e persone, perché i passi a più bassa quota per attraversare le Alpi sono proprio quelli tra Viggiù, Cantello e Bizzarone.
È l’ultima terra di Lombardia prima del Piemonte sabaudo. Storicamente la sponda grassa del lago è quella occidentale, sotto la casata in ascesa dei Savoia, invece i lombardi rimangono dominati dagli Asburgo, ormai in declino. Sviluppo industriale e turistico mischiano le carte ma Lombardia e Piemonte rimangono ancora oggi due universi distinti, e ciò è certificato dal fallimento del referendum della provincia di Verbania per scorporare la provincia dal Piemonte e aggregarla alla Lombardia.
Ancora, la città di Varese divide la sua provincia in due parti. Quella nord ormai da anni vive dinamiche di deindustrializzazione e calo demografico, ha lo sguardo rivolto verso la Svizzera e non è in crisi economica profonda solamente grazie ai frontalieri o agli elvetici che vengono a cercare risparmio in terra italiana. La parte sud è ormai attratta nell’area vasta di Milano, è diventata un polo logistico importantissimo e vede la popolazione crescere anche in virtù di fenomeni migratori intensi.

A partire da questa consapevolezza la città deve essere capace di riprogettarsi. Il confine non è solamente ciò che separa due parti ma può trasformarsi in soglia, luogo di connessione capace di fare sintesi tra modelli diversi dando vita a un’esperienza peculiare e innovativa. Varese è stretta tra due poli economici e culturali dinamici -Milano e Lugano- e deve capire come affrontare queste sfide. Sarà solamente il dormitorio di lusso della grande Milano? Oppure il parco dello shopping dei vicini svizzeri? Riuscirà a fermare, almeno in parte, la migrazione verso Milano dei giovani più dinamici e istruiti, dandogli dei motivi per rimanere e spendere le proprie competenze nella città dove sono nati?

Queste sfide affrontano la linea di frattura, sempre più importante nelle società moderne, tra centro e periferia e interrogano la capacità di produrre valore che rimanga sul territorio e di offrire una proposta culturale e comunitaria che non si ponga come unico obiettivo l’aumento e l’intensità del consumo. Perché, riprendendo ancora le parole di Laforgia, Varese non continui a essere solamente

attraente per ciò che è appena al di là dei suoi confini: i laghi, le montagne…

 

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