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L'antennato

GERONTOFILIA

STER - 15/01/2021

postaQuante cose sono cambiate dall’inizio dell’anno 2000? Molte. Del resto, sono passati oltre vent’anni: all’epoca cominciavano a vedersi per strada i primi telefonini di dimensioni ragionevoli (ma con quei ‘cornettoni’ ci si poteva “solo” telefonare), internet era per molti ancora solo un “sentito dire”, mentre i pochi che già navigavano lo facevano al suono sferragliante di lentissime connessioni a 56k, le televisioni avevano ancora il tubo catodico, le macchine fotografiche la pellicola, nei portafogli strizzava l’occhio Alessandro Volta sulle diecimila lire blu, i più ricchi solidarizzavano con Bernini sulle 50mila e davano del ‘tu’ a Caravaggio sulle 100mila, quasi tutti eravamo reduci dall’incubo – solo paventato – del “millennium bug”… insomma, un altro mondo per molti, ma non per la televisione.

Sabato 9 gennaio 2021, ventun’anni dopo la sua prima puntata (era il 14 gennaio 2000), è andata in onda su Canale 5 la puntata d’esordio della nuova edizione di “C’è posta per te”, il format ideato da Maria De Filippi e Alberto Silvestri (autore storico di Costanzo e padre del noto cantautore Daniele). Si è trattato di un ennesimo debutto bagnato – ma sarebbe meglio dire annegato – nello champagne: 28% di share e sei milioni e mezzo di telespettatori incollati allo schermo a seguire singhiozzi e singulti, borborigmi dialettali, ricongiungimenti famigliari, sorprese tra parenti degeneri che si perdono di vista per decenni, incontri tra vip magnanimi e relativi fan che paiono ‘miracoli a Milano’, mentre sono solo prestazioni a cachet.

“C’è posta per te” è un programma vecchio nella forma e nella sostanza, preistorico nella scenografica – che pesca ancora nell’immaginario degli anni ’90, quello di “Stranamore” e “Carràmba che sorpresa!” – ma che pure catalizza l’attenzione di una platea sterminata (specie di questi tempi, in cui la frammentazione del bacino d’ascolto tra mille canali satellitari e l’irruzione dello streaming e dell’on-demand, ha sminuito la “fissità” dei palinsesti delle reti generaliste).

Il principale concorrente, RaiUno, propone in contro-programmazione al sabato un suo cavallo di battaglia, il quiz show “Affari tuoi (speciale sposi)”, condotto da uno dei volti di punta della rete, Carlo Conti. La rete ammiraglia è uscita dal primo scontro con le ossa rotte: neanche il 16% di ascolto (era la terza puntata, le prime due avevano raggiunto il 20% e sono state riempite pagine di giornali al riguardo, gridando al miracolo del buon tempo antico che ritorna).

La vera considerazione da fare è che a scontrarsi sulle reti più importanti, nella prima serata più ‘accesa’ della settimana dell’Anno di Grazia 2021, contendendosi un gruzzolo di ben dieci milioni di telespettatori, sono due programmi vecchi come il cucco (“Affari tuoi” nasce nel 2003, “C’è posta per te”, come detto, tre anni prima). Possibile che in vent’anni nulla si sia riuscito ideare nulla d’altro?

Si dirà: ma se programmi così datati continuano a fare buoni ascolti, vuol dire che sono ancora validi e graditi. Certo, così come è legittimo affermare che il telespettatore medio, quello che una volta si sarebbe detto “nazional-popolare”, poco avvezzo a abbonamenti premium e altri prodigi della tecnica, prende quel che passa il convento.

Sarebbe forse utile – in questo come in mille altri ambiti della “scena pubblica” italiana – un maggiore sforzo pedagogico, l’avvedutezza di seminare oggi per cogliere domani. Per il circo televisivo, sarebbe sufficiente aprire le finestre, far entrare qualche volto nuovo, credere in qualche idea fresca dando fiducia a qualche autore giovane. E ce ne sono, non si creda: come nel calcio, ai campioni assoluti si deve affiancare gioco-forza qualche verde speranza, magari inizialmente non all’altezza della situazione, ma il “ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette”, come cantava il Principe. La differenza è che se nello sport il tempo che passa è un giudice inesorabile della carriera degli atleti, in televisione sembra che per spegnere il microfono si debba sempre aspettare quel momento fatale in cui alla star scivola via la dentiera: solo in quel preciso istante – tra spietati, immemori sghignazzi – si chiude il sipario.

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