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Cultura

CORRIERE DELLA FILOSOFIA

RENATA BALLERIO - 22/01/2021

severino

Emanuele Severino

Ofelè fa el to mesté, il detto milanese che invita il pasticcere a fare il suo mestiere potrebbe suonare una ramanzina verso chi, non filosofo, volesse parlare di uno dei grandi filosofi del Novecento. Rendere omaggio, a un anno dalla sua morte, a Emanuele Severino non è, infatti, facile: filosofo importante e singolare, filosofo europeo a tutti gli effetti.

Il suo pensiero, profondo, talvolta ostico perfino a chi avvezzo al linguaggio e al ragionamento filosofico, non può (o meglio non deve) essere ridotto a pillole. Ma, parafrasando, con il dovuto rispetto, l’invito di dare A Cesare quel che è di Cesare, potremmo dire di dare ai filosofi quello che è loro e a chi pensa, cioè a tutti, un pensiero pensante.

Il che vuol dire riconoscere il valore più autentico della filosofia e pensare con fiducia, nonostante tutto, agli uomini. E guarda caso ‘A Cesare e a Dio’ è il titolo di un saggio del filosofo bresciano.

 In fondo la ricerca filosofica che, secondo un altro suo importante saggio ‘Discussione intorno al senso della verità’, è la grande eredità di Emanuele Severino. È stato capace di parlare di filosofia dalle pagine del Corriere della Sera, scrivendo circa cinquecento articoli. E lo fece non solo perché convinto che la divulgazione fosse una cosa seria ma anche perché cercò sempre, infaticabilmente, un nuovo senso dell’esistente, al di là di quello che appare. Insomma il dono di “riflessioni fuori dagli schemi per capire il presente”, come giustamente è stato scritto sul quotidiano milanese il 15 gennaio.

Quello di Severino è stato un pensiero filosofico dentro la vita, come ci ricordano alcuni suoi testi. Già i titoli ci aiutano a ricordare temi dei nostri giorni, sui quali non ci interroghiamo mai abbastanza: Capitalismo senza futuro, oppure Il destino della tecnica, nonché Il tramonto della politica. Proprio per questo è quanto mai opportuno citare alcune sue parole riguardo la tecnica che sempre più da strumento sembra essere il fine. Nella storia del pensiero occidentale Severino scrisse: “la tecnica sta all’inizio della nostra civiltà ma il suo dominio è andato sempre più crescendo ed oggi noi viviamo nel dominio della tecnica e ogni aspetto della nostra vita dipende dal modo in cui la tecnica ha organizzato l’esistenza dell’uomo sulla terra”.

Parole drammaticamente attuali.

Come attuale è il costante invito di Emanuele Severino a educare il pensiero, perché fare filosofia significa – parole riportate dal Corriere della Sera – essere in sintonia con il tempo. Magari il tempo della scienza, anche se viene criticata.

Può sembrare contraddittorio parlare di sintonia e di critica assieme, eppure il coraggio di accettare questa cifra dei nostri tempi è importante. Certamente difficile, come testimonia la stessa avventura umana di Emanuele Severino.

Le sue riflessioni furono oggetto di critiche e di ostilità, anche da parte di alcuni pensatori del mondo cattolico. Lui rispose con coerenza. Quando lasciò l’insegnamento all’Università Cattolica non accusò la gerarchia ecclesiastica ma affermò (e lo ripeté sempre) che il suo pensiero non era in linea. Non cercò alibi ma testimoniò il coraggio delle idee. Non sarà, dunque, un caso che la casa editrice Morcelliana, fondata nel 1925 da un gruppo di giovani cattolici, tra cui Giovanni Battista Montini, ad un anno dalla sua scomparsa gli rende omaggio pubblicando la nuova edizione di un classico, Il pensiero di non contraddizione di Aristotele. Il testo ha la traduzione, il commento e l’introduzione proprio di Emanuele Severino.

Maestro di pensiero da non dimenticare, che ha interpretato con profondità il nichilismo della cultura occidentale. Da ricordare sono anche i momenti di confronto con Giovanni Reale: veri, profondi e affascinanti dialoghi. E poco importa se, così facendo, apparentemente smentiamo un suo pensiero, cioè che ricordare è errare. Importante, invece, è non dimenticare di pensare.

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