Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Opinioni

LEADERISMO

ANTONIO MARTINA - 29/01/2021

leaderhipIl 3 maggio 2019 è stato pubblicato, su RMFonline, uno scritto dal titolo: La leadership situazionale. Riguardava l’aggancio a una dichiarazione fornito dal neo segretario del Pd, Nicola Zingaretti il quale, in occasione del suo insediamento aveva dichiarato: “Non sarò un capo ma il leader di una comunità”. Quell’articolo voleva fornire un contribuito alla comprensione di alcuni sostantivi spesso utilizzati impropriamente. Il pretesto partiva dalle diverse tipologie di ‘capo’ che conosciamo: lassista, autoritario, paternalista; con l’aggiunta di una sottile linea che unisce queste tre ad una quarta: il ‘capo autorevole’. Inoltre, Zingaretti aveva risposto su La Repubblica alla sollecitazione rivoltagli da Eugenio Scalfari sul tema delle inchieste giudiziarie. In quella circostanza e in prima pagina erano state riportate due frasi che qui indico ancora: “La selezione della classe dirigente è ormai un obbligo per il Pd” e “La svolta tocca a noi. Potere vuol dire servire le persone”. Considerazioni corrette e molto condivisibili.

La speranza era rivolta alla possibilità di andare oltre le dichiarazioni d’intenti e attivare, con determinazione e chiarezza, la selezione della classe dirigente. Infatti è la classe dirigente che può garantire un corretto presidio del territorio e rilevare le diverse quanto numerose istanze dei cittadini. Questo esercizio non è ancora sviluppato ma, in molti, continuiamo a pensare che la democrazia diretta non sia quella in cui ci si possa esprimere solo attraverso i social o utilizzando una piattaforma digitale. A queste considerazioni dobbiamo aggiungere ‘due piccoli particolari’: la pandemia in atto e le discussioni parlamentari organizzate per cercare di destabilizzare l’attuale governo. Tornando al tipo di leadership, quella situazionale e oggettivamente la più utile, ricordiamo che si tratta di un processo d’influenza per riuscire a “garantire il raggiungimento di risultati di rilievo attraverso l’ascolto e la valorizzazione delle persone”. Potremmo quindi sostenere che, per governare, bisognerebbe possedere alcune competenze e poi saper coinvolgere gli altri! Ma se così fosse, come dovrebbe agire il leader per ottenere un consenso ampio e duraturo? Intanto potrebbe evitare di abbracciare la leadership carismatica, molto pericolosa perché è rivolta a manovrare le persone al fine di ottenere ciò che lui desidera e guadagnarsi così molti successi personali, pensati e agiti per soddisfare il suo ego e le sue tasche. Per leggere e interiorizzare le modalità operative da sviluppare nei diversi momenti della sua azione rimando all’articolo citato nella prima riga.

Le due leve indispensabili all’esercizio di questo tipo di leadership sono: la flessibilità e l’efficacia. Attraverso l’incrocio delle leve possibili per il corretto coinvolgimento delle persone, si ottengono quattro stili che sono le caratteristiche dei capi i quali vengono definiti come: direttivo, preparatore/addestratore, sostenitore, delegante. Inoltre, essere flessibili ed efficaci non è facile perché molte persone si accontentano di leggere in un post la notizia scritta da un individuo che, molto facilmente, sta pensando e agendo in maniera manipolatrice. Invece chi tendesse al successo dovrebbe saper utilizzare lo stile più appropriato alle esigenze delle differenti situazioni (questo può essere confermato, almeno nelle situazioni di mercato, dagli imprenditori). Ma “chi fa politica aspira al potere, o come mezzo al servizio di altri fini (ideali o egoistici), o per il potere in se stesso e godere del senso di prestigio che ne deriva”.

Ci fosse qualche dubbio potremmo rileggere la ‘busta paga’ di qualsiasi parlamentare con l’aggiunta degli altri benefici, cominciando da quelli previdenziali. Il popolo o i 60 milioni di italiani, come alcuni parlamentari usano dire oggi, sono stanchi di parole e di slogan, servono più banalmente dati concreti, programmi e azioni. Siamo alla ricerca disperata di professionisti. Alcuni giorni fa ho salutato un amico con questa considerazione: ma se non fosse sufficiente la leadership situazionale quale altra situazione dovremmo considerare?

Una sintetica risposta l’ho trovata nel libro di Chris Lewis e Pippa Malmgren titolato ‘The infinite leader’. Per chi volesse sviluppare l’argomento potrebbe trovare, come me, qualche indicazione sulla leadership moderna e i suoi sviluppi futuri rivolti: alla collaborazione, al lavoro di squadra, all’educazione e all’uguaglianza. L’autore in un’intervista a Gianni Rusconi, per il Sole 24 Ore, ha dichiarato: “La pandemia sta influenzando la leadership in diversi modi. In primo luogo, le persone hanno più tempo e avere a disposizione più tempo è un’arma a doppio taglio: può essere una cosa positiva e negativa allo stesso tempo. Si può avere, per esempio, più tempo per riflettere o più tempo per preoccuparsi. Covid-19 ha accelerato il cambiamento: i leader devono quindi captare i segnali delle persone in difficoltà e assicurarsi che stiano risolvendo i problemi, rimanendo sempre in contatto con loro. …. La ‘servant-leadership’ (questa la nuova tipologia), parte dal concetto del leader servitore il quale deve sapere gestire anche gli aspetti di una crisi e mettersi al servizio della propria comunità. Oggi viviamo una situazione che rappresenta il momento migliore in assoluto per i leader, perché è in momenti come questi che si può far vedere ciò che la leadership è in grado di fare. I leader potrebbero non avere più un’altra possibilità come questa di mostrare il contributo che possono offrire”. Come già detto servono professionisti per il futuro. Fare i dilettanti è facile, basta il tempo libero.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login