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Cultura

TRADIZIONE E MODERNITÀ

LIVIO GHIRINGHELLI - 05/02/2021

Il teatro di Bayreuth

Il teatro di Bayreuth

Il teatro d’opera di Bayreuth non sarà distrutto dopo la prima serie dei Cicli nibelungici, né i posti saranno gratuiti. Gli spettatori convergono verso l’azione, partecipano all’illusione assoluta, ascoltano “l’orchestra-Verbo”. Qui l’occhio ascolta (Claudel). L’Anello viene ripreso solo nel 1896, dopo che Wagner ha curato anche la prima rappresentazione del Parsifal nel 1882. Dal 1886 al 1906 Cosima assume la direzione del festival, passando poi la fiaccola al figlio Siegfried, responsabile dal 1908 al 1930. La moglie Winifred prende le redini per tutto il periodo nazista (1931-1944). L’orchestra è formata da strumentisti tedeschi e dell’Europa centrale. Come direttori si distinguono a Bayreuth Hans Richter, Wilhelm Furtwängler, Arturo Toscanini, che si ritira dopo l’ascesa di Hitler. Il dopoguerra è inaugurato da Herbert von Karajan e vedrà ininterrottamente all’opera Hans Knappertsbusch (1951-1964). Vi si valorizzano alcune delle grandi voci del secolo. A partire dal 1876 i veri melomani vivono a Bayreuth in comunione grazie al Gesamtkunstwerk, l’opera d’arte totale. Le produzioni si suddividono in tre grandi periodi: il primo, della mimesi realistica; il secondo vede il nipote Wieland scuotere profondamente il conservatorismo del pubblico fedele (anni cinquanta-sessanta): svuota il teatro della sua teatralità e lo riempie di musica; nel terzo il regista Patrice Chéreau è complice perfetto di Pierre Boulez nella ripulitura radicale dell’opera.

A partire dal 1920 e per tutto il XX secolo Salisburgo non perpetua soltanto il ricordo di alcuni capolavori del passato, ma riflette nella loro evoluzione un riflesso della nostra civiltà. Al centro del repertorio sta naturalmente Mozart. Se i primi vent’anni sono fondamentalmente centrati sulla cultura austro-tedesca, la fede nell’Europa diviene il cemento delle esistenze. Ma già fin dal giugno del 1933 il governo nazista ha imposto una tassa speciale ad ogni cittadino tedesco che si recasse in Austria, tentando di strangolare il festival di Salisburgo. L’Anschluss del marzo 1938 segna l’assassinio dell’utopia: via i Walter, i Reinhardt, i Toscanini; Stefan Zweig si trasferisce prima a Londra e poi in Brasile e il festival continua in forma ridotta. Nel 1948 è Karajan a dirigervi la sua prima opera, l’Orfeo ed Euridice di Gluck, per esservi nominato direttore artistico nel 1956 e dal 1957 sin quasi alla morte (1989). In questo periodo, dominato da Karajan, la Filarmonica di Berlino esige la sua parte di presenza regolare, come pure Verdi, Rossini, Musorgskij. Alla scomparsa di Karajan Gérard Mortier mette in cartellone Monteverdi, Messiaen e Janaček e nomina Pierre Boulez direttore stabile; invita Pollini, che mette in programma i Klavierstücke di Stockhausen; affida inoltre l’opera lirica a registi iconoclasti. Per il bicentenario della morte di Mozart sono al centro del festival sette sue opere nel 1991, ma nel 1994 è Stravinskij che fa da motivo conduttore. Una nuova serie di concerti è dedicata alla musica contemporanea. Il cortile della Residenz apre all’opera lirica. Il ruolo dominante della Filarmonica di Vienna è battuto in breccia. Gli stereotipi sono messi al bando. Oggi le rappresentazioni di Salisburgo e la programmazione acuiscono la sensibilità e tengono desta l’attenzione. Si interrogano sulla società, si mettono in discussione.

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