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Zic & Zac

SALE DELLA VITA

MARCO ZACCHERA - 05/02/2021

leggere“La Cura è di casa” è una organizzazione di volontari (sono ormai più di 180) che segue gli anziani della zona di Verbania e della sua provincia con l’obiettivo di mantenerli il più possibile nelle proprie abitazioni ritardandone il più possibile in Case per Anziani o strutture sanitarie. Sono oggi oltre 500 gli anziani seguiti dai volontari e tutti insieme hanno pubblicato un libretto “LEGGERE TRA LE RUGHE” dedicato al tema della solidarietà.

Vi propongo il mio contributo dedicato alla storia della solidarietà locale sulle rive del Verbano.

Chi volesse copia del libretto mi contatti via mail: marco.zacchera@libero.it

Quando le comunità della nostra zona erano più piccole di oggi e chiuse in un microcosmo dove spesso le singole persone trascorrevano tutta la vita, il senso di appartenenza era profondo e la solidarietà – soprattutto tra poveri – il sale della vita.

Insieme si lottava contro le avversità, insieme si pregava, insieme si passavano i giorni della gioia e del dolore e spesso quell’ unione era davvero il fulcro che serviva a dare forza a tutta la comunità.

Un aspetto fondamentale anche per la vita quotidiana sulle rive del lago e sulle isole dove “i fuochi” – alludendo ai focolari e quindi alle famiglie – traevano dall’acqua sostentamento e lavoro, ma anche contro cui dovevano lottare insieme nei momenti degli uragani e delle tempeste, delle “buzze” e nel pericolo.

Già nel Medioevo i documenti ci parlano della lunga lotta che per secoli hanno visto interessi contrapposti tra i proprietari dei diritti di pesca e chi doveva utilizzarli, con la lenta conquista delle “rive del popolo” là dove la pesca era consentita a tutti per sostentamento e necessità, ma anche come erano gestiti gli accordi per mettere in comune barche, attrezzi e manualità.

Proprio da questa necessità di previdenza comune sono nate e cresciute nel XIX secolo le Mutue e le Cooperative di consumo, poi le organizzazioni di categoria e sindacali.

Una fra tutte, interessante ed unica, la storia della “Unione dei pescatori del Lago Maggiore”, ufficialmente nata il 5 febbraio 1906 per volontà di Defendente Lamberti specializzando sulle tematiche della pesca quella che era l’attività della SOMS già esistente da decenni sull’ Isola Pescatori, “cugina” di quella dei Picasass e degli scalpellini di Feriolo e di Baveno come di altre Mutue cooperative nate nei paesi della costa. A lungo se ne parla in un libro ormai quasi introvabile (“Nelle reti del tempo” di Pisoni, Spadoni e Zacchera) che è una precisa e documentata analisi storica della pesca sul Verbano attraverso i secoli.

Serviva allora una ferma difesa degli interessi dei pescatori del Lago nei confronti di Casa Borromeo e dei suoi diritti di pesca, ma anche nei confronti delle autorità pubbliche e dei regolamenti che spesso si volevano imporre “dall’alto”. Una difesa – però – anche dei pescatori di mestiere rispetto ai “dilettanti”, spesso portatori di interessi antitetici. La lettura di atti, liti, documenti, cause civili interminabili è un interessante spaccato su come si viveva sul Verbano nei secoli scorsi, dei rapporti spesso non idilliaci al di qua e al di là del confine svizzero, dell’importanza ben maggiore di oggi che aveva la pesca anche dal punto di vista economico locale.

Emerge tra l’altro – da sempre – una forte responsabilizzazione ecologica ed ambientale nella consapevolezza di dover difendere un patrimonio non inesauribile e che soltanto con una precisa regolamentazione di diritti e doveri poteva avere una sua continuità nel tempo, dando ogni anno i propri frutti economici.

Da qui, per esempio, i divieti di pesca e le immissioni di avannotti – già oltre 150 anni fa – per sostenere le specie più pregiate, come per le trote, che davano occasione per vere e proprie “feste del ripopolamento” ma anche procedure precise e verificate per effettuare le pesche selettive destinate alla riproduzione controllata durante i periodi di divieto.

La pesca professionale era gestita con barche più grandi di quelle di oggi perché manovravano soloa remi e a vela, così i figli venivano presto messi ai remi ed abituati alla fatica. I diversi membri dell’equipaggio (di norma si pescava in 3-4 persone insieme) avevano diversi diritti e doveri calcolando con precisione la “quota” del pescato a seconda di chi avesse la proprietà del diritto di pesca, delle reti, dell’imbarcazione o prestasse solo manodopera.

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