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Politica

IN MANI MIGLIORI

GIUSEPPE ADAMOLI - 12/02/2021

Le consultazioni con le Regioni di Draghi

Le consultazioni con le Regioni di Draghi

Poco utile discutere se è un governo tecnico o politico, almeno nel senso che tutti i governi producono esiti politici. Questo poi, indipendentemente da chi sarà composto (tecnici o politici professionali), è destinato a produrre effetti sul sistema dei partiti che andranno ben oltre la sua durata auspicabilmente fino al 2023.

Più corretto chiamarlo governo del Presidente che fa seguito al fallimento politico della peggior legislatura che abbiamo mai avuto. Il pensiero corre subito al risultato elettorale 2018 ma sarebbe sbagliato ignorare le ragioni di quel risultato che chiama in causa errori e limiti delle forze politiche tradizionali e soprattutto dell’allora maggioranza.

Chi lascia intendere di aver suggerito al Presidente Mattarella il nome di Draghi è ridicolo. Il suo nome era scolpito nella pietra: era la prima vera riserva della Repubblica che dovrà ora stare attento a tenere a bada il pericoloso culto della personalità.

Chi ama la politica deve ammettere, prima degli altri, che il governo Draghi colma il vuoto da essa lasciato. Non bisogna sbagliare analisi: il vasto sollievo che lo ha accolto non proviene solo da chi era all’opposizione fino a pochi giorni fa e oggi si rimangia tutto o quasi tutto per tornare nella stanza dei bottoni in compagnia dei miliardi europei che il disprezzato precedente governo ha ottenuto. È il sollievo di moltissime persone che sentono ora di essere in mani migliori.

In questo quadro, è consigliabile star lontano sia dalle celebrazioni, quasi generali, che dallo scetticismo sempre dietro l’angolo. Le difficoltà sono enormi e non le ha spianate il nuovo governo. Il problema principale non è dato dal piano vaccinale e nemmeno dalle misure dell’emergenza sanitaria che tale rimane ma che ha come guida un alveo scientifico largamente seguito anche nel recente passato.

Il problema è anzitutto, ma non solo, l’emergenza economica il cui esito dipenderà molto da come si spenderanno i fondi del Recovery Plan. Da questo punto di vista Draghi è una garanzia anche per l’Europa. Però attenti: tutti dicono che il “tesoro” non dovrà essere disperso in mille rivoli. Eppure le categorie economiche che rivendicavano questo metodo portavano nel loro fagotto a Palazzo Chigi le loro peculiari richieste di ristori, di bonus e di molti altri ben più consistenti aiuti. Questa la realtà.

Se la prima garanzia è Draghi la seconda è il controllo, auspicabilmente stretto ed efficace, dell’Unione Europea. Sarà interessante vedere come questa garanzia, non eliminabile, sarà accettata e interpretata da chi ha sempre considerato l’Europa matrigna e ostile agli italiani.

Ancora più ardua sarà la sintesi operativa delle riforme richieste dall’Europa. Fisco, Pubblica Amministrazione, Lavoro, Ambiente e transizione ecologica, Rilancio industriale, sono argomenti sui quali le differenze fra centrosinistra e Lega restano profonde, pur lasciando stare, per il momento, le politiche dell’immigrazione. Saranno necessari molti (benedetti) compromessi con l’augurio che non nascondano un sostanziale nulla di fatto.

Al momento in cui scrivo è difficile dire molto di più. Fondamentale sarà la scelta dei ministri per merito, competenza e capacità di amministrare realtà estremamente complesse. Su questo fronte Draghi torna a rianimare la fiducia.

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