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In Confidenza

UN FIGLIO E L’ALTRO

Don ERMINIO VILLA - 19/02/2021

due-figli«Un uomo aveva due figli», come dire: aveva due cuori. Nei suoi figli è rappresentato ognuno di noi, con in sé un cuore diviso, uno che dice «sì» e uno che dice «no», ma poi cambia parere. Il primo figlio (dice «no») è un ribelle; il secondo (dice «sì» e non fa) è un servile. Gesù conosce bene come siamo fatti: sa che non esiste un terzo figlio che vive la perfetta coerenza tra il dire e il fare. C’è in noi una tendenza ad apparire e a fingere per gli altri, ed una tensione ad essere veri anche se nessuno vede e sa. I due figli, pur diversi, hanno qualcosa in comune: la stessa idea del padre come di un estraneo che impartisce ordini; l’idea comune della vigna come di una cosa che non li riguarda.

Primo attore della parabola è il padre, che va verso i figli, si fa vicino, li cerca, chiede loro di lavorare nella vigna (non specifica che è «mia», ma sottintende che è «nostra»). Quando si sente come rifiutato, non si scandalizza né si deprime. C’è poi un figlio reattivo, impulsivo, che prima di aderire al padre sente il bisogno di misurarsi con lui, di contraddirlo. Non ha nulla di servile, è libero da sudditanze e da paure. L’altro figlio, che dice e non fa, è un immaturo, cui importa solo apparire; non bada alla coerenza, ma al giudizio degli altri.

Qualcosa poi accade nell’intimo del cuore. È detto in una parola: ‘si pentì’, cioè ‘cambiò il modo di vedere’ il padre e il lavoro. Pentirsi significa cambiare mentalità, il modo di considerare il padre e la vigna. Lui non è più un padrone da obbedire o a cui ribellarsi, ma il capo famiglia che progetta il bene della casa, che non ha bisogno di lavoratori, ma di figli, che mi chiama in una vigna che è anche mia, dove si lavora per una vendemmia abbondante. La fatica, allora, diventa una profezia di gioia per tutti! La differenza decisiva tra i due ragazzi è che uno diventa figlio e viene coinvolto, l’altro rimane un servo esecutore di ordini.

Chi dei due ha fatto la volontà del padre? La volontà del padre – da capire bene – è più di essere obbedito: è avere figli che collaborino, come parte viva, alla gioia della casa, alla fecondità della terra. La morale evangelica non chiede anzitutto l’obbedienza, ma dei frutti buoni di bontà, libertà, gioia, limpido cuore, perdono. L’alternativa di fondo è tra un’esistenza sterile e una che, invece, trasforma una porzione di deserto in vigna.

Dio ha fiducia, in ogni uomo; crede in noi, sempre! Allora posso cominciare la mia conversione. Dio non è un dovere: è amore e libertà. E il vangelo si diffonderà a partire da tutte le piccole vigne nascoste, dove ciascuno si impegna a rendere meno arida la terra, meno soli gli uomini, meno contraddittorio il cuore.

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