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Politica

OLTRE L’EMERGENZA

GIUSEPPE ADAMOLI - 26/02/2021

++ Governo: Conte, Draghi interlocutore serio ++Un governo anche nelle emergenze sanitarie, sociali ed economiche più acute, anzi soprattutto in queste enormi difficoltà, dovrebbe possedere una bussola che guarda al futuro. Del resto, il Recovery Plan europeo ha una durata di sei anni e l’ultima erogazione dei fondi avverrà proprio in quella data.

Draghi ha davanti a sé due anni fino alle elezioni del 2023. Per questo le illazioni giornalistiche sulla sua elezione alla presidenza della Repubblica l’anno prossimo non sono nemmeno da prendere in considerazione. Lo vieta la stima nei suoi confronti. Se avesse avuto questa ambizione non avrebbe mai accettato l’incarico di formare il governo.

Il suo difficilissimo compito si può suddividere in due grandi parti strettamente interconnesse. La prima è la guerra alla pandemia con un piano vaccinale ben scadenzato e rigoroso. La seconda parte è la crisi economica e sociale da affrontare non soltanto con Next Generation EU.

Per quanto riguarda la pandemia il governo Conte, pur fra mille tribolazioni e con una maggioranza purtroppo scricchiolante, stava già operando abbastanza bene. Draghi ha confermato la linea del rigore e annunciato l’accelerazione operativa e qualche cambiamento nei metodi, ad esempio basta con le “primule” di Arcuri.

E’ sulla quota italiana del Recovery Plan (ottenuta da Conte, Gualtieri e Gentiloni) che si concentrerà soprattutto Draghi. La sua linea appare chiara: “Le Missioni del Programma (maiuscolo) potranno essere rimodulate e riaccorpate ma resteranno quelle enunciate nei precedenti documenti del governo uscente”. Un’ammissione sincera ma anche un modo per non enfatizzare la discontinuità che non potrà non esserci.

La pandemia ha colpito un’economia che non aveva recuperato pienamente dalle crisi finanziarie del 2008/09 e del 2011/13. L’Economist, non certo malevole verso l’Italia, sintetizza così il modo in cui si vede il nostro Paese dall’estero: “E’ uno dei posti nei quali è più difficile investire: per un sistema giudiziario lento e inaffidabile; per i guai della burocrazia; per il sistema fiscale che scoraggia la creazione di posti di lavoro”.

Investire sulla transizione ecologica, sulla digitalizzazione, sul divario troppo ampio fra lavoro femminile e maschile, sulla pubblica amministrazione, sul capitale umano, sono alcune delle riforme che opportunamente ci chiede l’Europa. “Cedere sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa”, ha dichiarato Draghi.

Alcuni punti del programma chiariscono bene la sua visione ideale: azioni concrete per combattere la povertà, fisco semplificato ma progressivo, salto di qualità per l’istruzione tecnica, aiuti alle imprese che non siano già irrimediabilmente decotte, pubblica amministrazione che allontani l’immagine di un’esausta e/o rapace burocrazia.

Lasciando stare la polemica sulle responsabilità della crisi di governo e guardando avanti, ora il vero problema è fare in modo che l’eterogeneità dell’amplissima maggioranza non sia una palla di piombo al piede ma, al contrario, una temporanea sospensione della conflittualità che favorisca l’attuazione di profonde riforme di struttura. Bello se le parole di Draghi fossero da tutti ascoltate: “Il tempo del potere può essere sprecato anche nella sola preoccupazione di conservarlo”.

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