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Società

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FLAVIO VANETTI - 26/02/2021

L’asteroide “alieno” Oumuamua

L’asteroide “alieno” Oumuamua

C’è un ricercatore di Harvard che tiene duro e che continua a portare avanti la sua tesi: stiamo ricevendo messaggi dagli Alieni. O meglio, loro stanno provando a contattarci. Il luminare è Avi Loeb, direttore del dipartimento di astronomia della prestigiosa università americana. Ha scritto un libro (“Extraterrestrial: The First Sign of Intelligent Life Beyond Earth”) che è stato appena recensito dal New York Times. Per la cronaca le convinzioni di Loeb si incastrano con quelle di un altro ebreo, Haim Eshed, ex capo della sicurezza spaziale di Israele: lui a fine 2020 ha rilasciato un’intervista nella quale ha addirittura parlato di una collaborazione con gli Alieni che dura da tempo, al punto che esisterebbe già una base comune su Marte.

Ma tornando a Loeb, per comprendere il suo libro bisogna agganciarsi alla vicenda di Oumuamua, il misterioso oggetto che si era si era avvicinato alla Terra il 19 ottobre 2017 e che era stato classificato come il primo asteroide proveniente dall’esterno del nostro sistema solare. Una mattina, mentre era sotto la doccia, il professore di Harvard arrivò alla conclusione che non poteva essere solo quello. E nemmeno un iceberg di idrogeno, tesi spuntata successivamente. Secondo Loeb, infatti, Oumuamua aveva una forma estremamente allungata per essere un corpo celeste di quel tipo. Mentre il mondo della scienza impazziva per cercare una spiegazione (aggiungo: una spiegazione che rientrasse nei suoi canoni classici e rassicuranti), l’uomo di Harvard percorse un’altra strada: era qualcosa di diverso perché si era mosso in maniera insolita, a una velocità molto più lenta rispetto alle stelle avvistate negli anni. Era forse qualcosa inviato da una mente superiore, da un’intelligenza aliena?

Il prof nei mesi successivi portò avanti questa teoria assieme a un ricercatore di Harvard, Shmuel Bialy. Entrambi presentarono le conclusioni alla rivista scientifica The Astrophysical Journal Letters: ebbero il consenso anche di Stephen Hawking, ma nemmeno questo bastò a evitare lazzi e sberleffi. Ebbene, Loeb tiene duro: ha scritto il libro e continua le ricerche. Oltre a intervenire sui giornali. Il Boston Globe afferma ad esempio che il luminare ha liquidato le critiche nei suoi confronti come “stupidi pregiudizi” dettati da alcune forme di gelosia.

“Quell’oggetto non si muoveva come avrebbe dovuto fare un asteroide o una cometa quando si avvicina al Sole”, ha spiegato. C’è sempre un’accelerazione, invece rallentò in modo incredibile”. Secondo il professore, poi, un’altra anomalia era la conformazione all’estremità e la mancanza della coda formata da gas e polvere. Loeb avrebbe quindi deciso di tenere duro: “Nell’esercito c’è un detto: se sei un bravo soldato, sdraiati sul filo spinato e fai passare i tuoi compagni. Io voglio mettere il mio corpo su quel filo per aiutare gli altri scienziati”. E al New Yorker ha dichiarato: “Al prossimo avvistamento, non facciamoci trovare impreparati”.

Rassegnacorriere.it

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